Antitrust: App freemium sotto inchiesta

L’Antitrust ha aperto un’istruttoria nei confronti delle applicazioni mobili “freemium”, che sono concepite come gratuite ma prevedono successivi acquisti per sbloccare determinate caratteristiche. In particolare a finire nel mirino sono grandi nomi dell’industria come Google, Apple, Amazon e Gameloft, che periodicamente sfornano contenuti multimediali di questo tipo per smartphone e tablet.

Le società coinvolte nell’inchiesta fanno parte del gruppo Google, di iTunes (nello specifico si tratta della filiale di Apple che gestisce gli iTunes store in Europa), di Amazon e Gameloft. Benché operanti in settori diversi, queste aziende sono accomunate dal fatto di aver sviluppato applicazioni mobili “che appaiono gratuite ai consumatori e che invece richiedono acquisti successivi per poter continuare a giocare”. L’accusa mossa dall’Autorità garante della concorrenza sul mercato è di pratica commerciale scorretta.

Le motivazioni del procedimento sono così riassunte: “I consumatori potrebbero essere indotti a ritenere, contrariamente al vero, che il gioco sia del tutto gratuito e, comunque, non sarebbero messi in grado di conoscere preventivamente gli effettivi costi dello stesso. Sussisterebbero, inoltre, carenze informative circa gli strumenti per escludere o limitare la possibilità di acquisti all’interno dell’app e le relative modalità di attivazione”. Secondo il giudizio dell’Antitrust, le applicazioni di Google&Co. sarebbero insomma poco trasparenti in merito alle condizioni legate al loro utilizzo.

Il procedimento dovrà nello specifico verificare se i comportamenti contestati dall’Antitrust costituiscano pratiche commerciali scorrette e se quindi giustifichino una sanzione nei confronti delle società imputate. Per capire quali saranno gli sviluppi futuri della vicenda non resta che attendere il successivo pronunciamento dell’Authority.

Sul tema si era espressa con parole altrettanto poco lusinghiere anche la Commissione europea, definendo questi contenuti che ormai impazzano sui device mobili come “app a tradimento”. Il tradimento scatterebbe nel momento in cui per poter essere pienamente operative le app richiedono lo sblocco di features addizionali, non più gratis ma a pagamento. Avendole già scaricate sul proprio dispositivo, è però molto difficile che il consumatore si “disaffezioni” decidendo di non procedere con il download. Ciò che per il momento c’è di certo è che si tratta di un modello predominante nel business delle app. Basti pensare che, secondo uno studio realizzato dalla società d’analisi Canalys e riportato dalla testata online ITespresso.it, più della metà delle 300 top apps in USA utilizza il modello freemium. Di fronte a questi numeri è chiaro che un intervento regolatorio è auspicabile quanto necessario.

©Futuro Europa®

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