Mortacci (Film, 1989)

Sergio Citti (Roma, 1933-2005) è un regista-sceneggiatore allievo di Pier Paolo Pasolini che andrebbe riscoperto per approfondire una poetica a metà strada tra il popolare e il colto, disegnata nell’arco temporale di una dozzina di pellicole, tra le quali spiccano Ostia (1970),), Casotto (1977), Il minestrone (1980), I magi randagi (1996) e il poco visto Fratella e sorello (2005). La sua carriera comincia come consulente linguistico di Pasolini per i romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta e per i primi film di ambientazione borgatara (Accattone e Mamma Roma), dove recita il fratello Franco. Aiuto ne La ricotta e I racconti di Canterbury, sceneggiatore di Salò, segue le orme del maestro nei pasoliniani Ostia (1970) e Storie scellerate (1973).

Mortacci, come I magi randagi, è un film che proviene da un soggetto pensato da Pasolini, ideatore anche del titolo, ma mai realizzato. Citti rispolvera la vecchia idea e con l’aiuto di sceneggiatori come Jemma, Grieco e Cerami realizza un capolavoro di comicità macabro – grottesca ricco di elementi originali. Se in Casotto – il suo capolavoro – una spiaggia periferica di Ostia era lo scenario sul quale si muovevano personaggi di varia umanità, in Mortacci è un cimitero ricostruito a Cinecittà che fa da collante a una serie di storie  grottesche e paradossali. Un laido custode come Gassman soffre di un inguaribile mal di denti, guarda la televisione, cita capolavori del passato e ci presenta un singolare cimitero dove i morti vivono in un limbo e attendono di morire definitivamente. Gassman ruba indumenti, anelli, denaro, oggetti preziosi, fa affari con i superstiti, aiuta gli indecisi a morire.

Il film è quasi una pellicola a episodi, legati insieme dalla situazione comune, perché ogni morto racconta la sua storia. Uno straordinario Sergio Rubini è l’eroe del paese che torna a casa ma da vivo distruggerebbe l’economia del borgo, per questo viene convinto a morire. L’episodio si segnala per un grande Nino Frassica nei panni dello zio custode che lavora come a guida nella casa dell’eroe. Trovate superlative: la sindone dell’eroe, i giapponesi che fotografano la casa in rovina e un laido prete con il volto da borgataro che studia come liberarsi del nuovo venuto. Il diligente Galeazzo Benti è il decano dei morti che riceve i neofiti e spiega il triste destino dei defunti famosi, come uno scrittore studiato, disperato perché non morirà mai del tutto. “Dimenticatemi! Ho scritto solo stronzate!”, implora. Andy Luotto è Scopone, affascinato dai posteriori femminili, che muore dalla vergogna in un spiaggia affollata dopo essersela fatta nei pantaloni. Michela Miti è la sexy barista che mostra un lato b seducente persino cimitero e viene scacciata dal custode per offesa alla pubblica morale. Un segmento degno della miglior commedia sexy. I Gemelli Ruggeri (Turra e Manzalini) sono due mendicanti che si fingono ciechi e muoiono travolti da un treno per colpa di una ballerina truffaldina. Mariangela Melato è Jolanda, la donna pentita che piangerà i mendicanti fino alla morte. Alvaro Vitali è il figlio laido che per denaro accetta di seppellire un altro al posto del padre e cede al ricatto di un infido becchino (Giuffré). Carol Alt e Malcom McDowell sono due attori, la prima muore per errore durante un finto suicidio e il secondo per un comico sbaglio cadendo in una fossa del cimitero. McDowell (doppiato in veneto) interpreta l’attore cane, colui che recita sempre, fa morire gli altri e finge di piangerli, ma quando muore davvero si dispera. Farà suicidare per sbaglia anche Gassman che si chiederà: “E domani chi apre i cancelli?”. Il finale è il massimo del surreale, con i morti che danzano, suonano, cantano e lanciano fiori verso i vivi. Sono loro, in fondo, a essere ancora attaccati alle cose terrene.

Un film interamente girato a Cinecittà, in un cimitero ricostruito che ricorda quello di una vecchia farsa italiana di Nello Rossati (Io zombo, tu zombi, lei zomba, 1979), pellicola di ben altro spessore, ma che in alcuni frangenti sembra quasi citata. Ferzan Ozpeteck è uno sconosciuto aiuto regista ma la scuola di Citti non è certo inutile per la sua carriera. Marco Onorato è operatore alla macchina. Ottima la fotografia romana di Pogany, soprattutto albe e tramonti sul lungomare, tra le case popolari, ma anche la sceneggiatura è esente da pecche, assecondata da movimenti di macchina narrativi. Montaggio serrato, musica che compone un mix di struggente malinconia e di melodiche sonorità anni Cinquanta. Mortacci è commedia alta, di caratteri e situazioni, originale e grottesca, popolare e colta, pasoliniana persino nei volti dei protagonisti. Sergio Citti è stato il miglior allievo di cotanto maestro.

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Regia: Sergio Citti. Soggetto: Sergio Citti. Sceneggiatura: David Grieco, Vincenzo Cerami, Otavvio Jemma, Sergio Citti. Fotografia: Cristiano Pogany. Montaggio: Ugo De Rossi. Musiche: Francesco De Masi. Scenografie e Costumi: Mario Ambrosino. Aiuto Regista: Ferzan Ozpetek. Operatore alla Macchina: Marco Omorato. Produzione: Unione Cinematografica. Produttori: Gianfranco Piccioli, Giorgio Leopardi. Distribuzione: Warner Bros Italia. Durata: 108’. Genere: Commedia grottesca. Interpreti: Vittorio Gassman (Domenico, il custode), Carol Alt (Alma – doppiata da Angiola Baggi), Malcom McDowell (Edmond – doppiato da Sergio Tedesco), Galeazzo Benti (Tomaso Grillo, il decano), Mariangela Melato (Jolanda), Sergio Rubini (Lucillo Cardellini), Nino Frassica (La guida), Andy Luotto (Scopone), Aldo Giuffré (il becchino), Alvaro Vitali (Torquato), Eraldo Turra (Felice), Luciano Manzalini (Giggetto), Donald O’Brien (Archibald Williams), Michela Miti (la barista sexy), Gina Rovere (Ada).

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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