Cronache dai Palazzi

Debito pubblico elevato. Anche secondo l’agenzia di rating Fitch il 110% fuori controllo ha spinto il debito italiano troppo in alto, tanto che potrebbe addirittura raggiungere il 142,3% nel 2027 (nonostante un Pil in rialzo fin dal 2023) mentre Palazzo Chigi ipotizza il 139,6%. A causa del Superbonus il deficit 2023 ha registrato un aumento di circa 4,5 miliardi di euro salendo al 7,4% e risultando il più alto dell’Ue.

È quindi necessario un intervento “per ridurre il rapporto debito/Pil già nel breve periodo”, ha affermato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ipotizzando un allungamento da 4 a 10 anni del periodo di recupero dei crediti di imposta legati al 110%. Un intervento che secondo via XX Settembre risulta essere per l’appunto necessario per poter riuscire a contenere lo squilibrio. Dei 355 emendamenti al decreto Superbonus approdati a Palazzo Madama dovrebbe quindi rimanere ben poco, molti non verranno nemmeno esaminati non essendoci copertura finanziaria. Ne dovrebbero rimanere una trentina per i quali andrà comunque verificata la portata in termini economici date le risorse scarse. Rimandato anche il bonus sulle tredicesime per mancanza di coperture.

“Bello il 110% che fa slittare il Pil, ma poi a me mancano i soldi per la sanità, la scuola, la cultura, il sostegno alla natalità, ai redditi bassi, all’occupazione”, ha ammonito Giorgetti intervenendo a Montecitorio. Nel contempo, il ministro dell’Economia non ha di certo spezzato una lancia a favore dell’assetto delle nuove regole Ue: “Non è coerente con gli investimenti necessari per ambiente, digitale e difesa, anche se è meglio che tornare alle vecchie regole”. In definitiva gli obiettivi di finanza pubblica potranno comunque essere definiti solo dopo aver recepito le linee guida dell’Ue a giugno. “L’attesa è meglio dell’incertezza”, afferma Giorgetti vedendo il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto, con la consapevolezza però che il percorso dei prossimi anni non sarà facile. Il Superbonus viene definito “un mostro che ha distrutto le condizioni della finanza pubblica” un “Lsd” per i conti dello Stato, ha ammonito Giorgetti nell’Aula della Camera in cui ha dato via libera a Def.

Palazzo Chigi ha inoltre deciso di non indicare i propri obiettivi di debito e di deficit nel Documento di economia e finanza e di omettere ogni dettaglio che riguardi il profilo annuale di spesa del Piano nazionale di ripresa e resilienza da qui al 2026. Omesse anche eventuali indicazioni relative ad eventuali misure per finanziare dal 2025 gli attuali sgravi in scadenza.

Presso l’europarlamento sia i partiti di maggioranza sia i partiti di opposizione si sono a loro volta astenuti dal condividere le nuove regole di bilancio nonostante nei giorni scorsi il governo italiano avesse dato prova di aver accettato. La premier Meloni ha aggiustato il tiro affermando che l’obiettivo dei conservatori in Europa è “difendere le nostre nazioni dai tentativi di privarle di poteri”.

A ridosso della stagione estiva la Commissione Ue indicherà al governo la traiettoria di spesa “consigliata” per poter rispettare le nuove regole. Ovviamente essendo il nostro Paese in procedura per deficit eccessivo, in base al nuovo Patto di Stabilità i saldi sono da correggere “almeno” dello 0,5% del Pil all’anno: in sostanza circa dieci miliardi con uno sconto potenziale di due tale da compensare l’aumento del costo da interessi sul debito.

Ammonimento riguardo al Superbonus anche da parte del capo del dipartimento Europa del Fondo monetario, Alfred Kammer che afferma: “Secondo noi, al Superbonus andrebbe messa fine il prima possibile”. Come se non bastasse, inoltre per il 2024 il governo italiano ha messo nero su bianco altri 19,9 miliardi per tagli di tasse e contributi che scadono a dicembre, un ulteriore aggravante per i conti italiani in quanto l’impegno politico è rinnovarli mentre il deficit deve necessariamente diminuire in maniera “strutturale” e non rispettare le linee guida dell’Ue non è di certo auspicabile. In definitiva le risorse che mancano, almeno quelle necessarie, ammonterebbero a circa venti miliardi e in autunno, dopo le ultime tornate elettorali, si dovrà vedere come ottenerle senza magari chiedere ulteriori sacrifici agli elettori.

Sullo sfondo il 25 aprile e la ricorrenza della Liberazione dell’Italia dalla morsa del nazifascismo in seguito alla Seconda guerra mondiale. “Una lunga scia di sangue ha accompagnato il cammino dell’Italia verso la Liberazione”, ha affermato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in visita a Civitella in Val di Chiana per celebrare il 25 aprile “a ottanta anni dalla terribile e disumana strage nazifascista perpetrata” nella cittadina toscana “sulla inerme popolazione”. Il Capo dello Stato ha sottolineato “il sangue dei martiri che hanno pagato con la loro vita le conseguenze terribili di una guerra ingiusta e sciagurata, combattuta a fianco di Hitler nella convinzione che la grandezza e l’influenza dell’Italia si sarebbero dispiegate su un nuovo ordine mondiale. Un ordine fondato sul dominio della razza, sulla sopraffazione o, addirittura, sullo sterminio di altri popoli. Un’aspirazione bruta, ignobile, ma anche vana”. Una triste pagina della nostra storia. “Si trattò di gravissimi crimini di guerra, contrari a qualunque regola internazionale, contrari all’onore militare e, ancor di più, ai principi di umanità”. Il presidente Mattarella ha messo in risalto il fatto che “una lunga scia di sangue ha accompagnato il cammino dell’Italia verso la Liberazione”.

In quel clima così cruento “nasceva la Resistenza, un movimento che, nella sua pluralità di persone, motivazioni, provenienze e spinte ideali, trovò la sua unità nella necessità di porre termine al dominio nazifascista sul nostro territorio, per instaurare una convivenza nuova, fondata sul diritto e sulla pace”.

Il Capo dello Stato in maniera lungimirante ha inoltre ricordato il credo laico e universale dei partigiani attraverso le parole di Padre Davide Maria Turoldo: “Tra i morti della Resistenza vi erano seguaci di tutte le fedi. Ognuno aveva il suo Dio, ognuno aveva il suo credo e parlavano lingue diverse e avevano pelle di colore diverso, eppure nella libertà e nella umana dignità si sentivano fratelli”.

Comunicando via Social la premier Meloni ha a sua volta rimarcato: “Nel giorno in cui l’Italia celebra la Liberazione, che con la fine del fascismo pose le basi per il ritorno alla democrazia, ribadiamo la nostra avversione a tutti i regimi totalitari e autoritari: Quelli di ieri, che hanno oppresso i popoli in Europa e nel mondo, e quelli di oggi, che siamo determinati a contrastare con impegno e coraggio. Continueremo a lavorare per difendere la democrazia e per un’Italia finalmente capace di unirsi sul valore della libertà”.

Una lunga strada verso la democrazia e la libertà è stata percorsa. “Il 25 aprile è, per l’Italia, una ricorrenza fondante: la festa della pace, della libertà ritrovata, e del ritorno nel novero delle nazioni democratiche – ha sottolineato il presidente Mattarella -. Quella pace e quella libertà, che – trovando radici nella resistenza di un popolo contro la barbarie nazifascista – hanno prodotto la Costituzione repubblicana, in cui tutti possono riconoscersi, e che rappresenta garanzia di democrazia e di giustizia, di saldo diniego di ogni forma o principio di autoritarismo o di totalitarismo”. In questa prospettiva e attraverso le parole di Aldo Moro nel 1975, il Capo dello Stato ha infine ribadito l’essenzialità atemporale dell’antifascismo su cui si fonda la nostra Repubblica: “Intorno all’antifascismo è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”.

Nel mondo in cui viviamo assediato da nuovi conflitti, anche alle porte dell’Europa, occorrerebbe ravvivare lo spirito dei “patrioti della Resistenza” che certamente “fecero uso delle armi” ma “perché un giorno queste tacessero e il mondo fosse finalmente contrassegnato dalla pace, dalla libertà, dalla giustizia”. In definitiva “senza memoria non c’è futuro”.

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