Buon compleanno, Pino

Da Glenn Miller a tutti i componenti del Club 27, da Michael Jackson a George Michael, troppi musicisti e cantanti ci hanno lasciati quando erano ancora troppo giovani per morire e potevano dare ancora molto alla musica.

Oggi avrebbe compiuto sessantotto anni Pino Daniele. Ci ha lasciati solo otto anni fa, ma la sua musica è qualcosa che rimane. Parlare di cantanti amati come Daniele, può far correre il rischio di cadere nella retorica e nei luoghi comuni, specialmente se cadiamo nell’errore di limitare la narrazione alla Napoli dove è nato, si è formato ed è venerato come uno degli eroi di una tradizione popolare senza confini.

Leggendo le sue biografie e quello che troviamo in Rete, le origini della sua passione per la musica si perdono nella sua infanzia. Si ispirò davvero a Jimy Hendrix già in tenera età o furono il blues, George Benson e addirittura Luis Armstrong a influenzare il suo percorso musicale? Le cronache narrano di una sua prima esibizione con una stecca clamorosa all’età di dodici anni e lo studio da autodidatta della chitarra.

Sicuramente non può essere neppure paragonato ai cantanti napoletani melodici che nei primi anni settanta rilanciavano un genere melodico lontano anche dallo swing che Renato Carosone aveva portato nel mondo mescolando storie e tradizione napoletane con il jazz e lo swing.

Daniele già nei suoi primi anni collaborò con musicisti come Enzo Gragnaniello, suo compagno di scuola e Enzo Avitabile che ha lasciato il suo segno anche lavorando con Edoardo Bennato. Agli inizi suonò anche con cantanti allora popolari come Gianni Nazzaro e Bobby Solo, fino a quando, nel 1976, entra nel gruppo Napoli Popolare e iniziò a scrivere i suoi pezzi.

Nel 1977 il primo LP, Terra mia. Il titolo è già un omaggio al suo luogo di nascita e contiene uno dei suoi brani più celebri e che, forse, nel corso degli anni è stato dimenticato e riscoperto dopo il duemila: Napule è, il cui testo parla delle contraddizioni e della difficile realtà della città e della sensazione di indifferenza e di rassegnazione per questa situazione. Seguì nel 1978 l’album Pino Daniele e Je so’ pazzo diventa una hit anche per il messaggio chiaro che contiene. Tra i musicisti che lo accompagnano si segnalano Agostino Marangolo alla Batteria e James Senese al sax. Il livello della band era decisamente elevato. Gli anni Ottanta sono quelli della consacrazione. Gli album Nero a metà, che contiene Quanno Chiove e Bella ‘mbriana, con Yes I know, my way, rispettivamente del 1980 e 1981, salgono ai primi posti delle hit parade.

Latin blues, blues napoletano, Neapolitan power, sono tutti nomi, con forse diverse sfaccettature, di uno stile che vedeva tra i protagonisti, oltre a Daniele, Edoardo Bennato, Teresa De Sio e musicisti come Tullio De Piscopo e Tony Esposito. Una scuola di tutto rispetto che nulla ha da invidiare a quella genovese che negli anni Sessanta, con Tenco e De Andrè, dette probabilmente origine al fenomeno dei cantautori italiani.

Da quel momento in poi successi e collaborazioni sono andati di pari passo. Daniele oltre ad avere aperto concerti quali quelli di Bob Marley, Carlos Santana e Bob Dylan ha suonato con Gato Barbieri, Phil Manzanera e moltissimi altri.

Poi dagli anni Novanta un rallentamento per motivi di salute che non ha tolto niente al suo genio e alla sua creatività. Poche apparizioni televisive, tra cui una con Massimo Troisi a cui era legato da una profonda amicizia e, purtroppo, dai problemi di salute. I successi proseguono fino alla prematura scomparsa di un artista che ha creato un sound nato nei bassi di Napoli dove era nato ed è andata ben oltre i confini della sua terra.

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