NO italiano al MES, inutile rischio

Sparito dai radar da un po’, è tornato di strettissima attualità il dibattito sul MES. Nei giorni scorsi, il presidente dell’Eurogruppo Donohoe ha chiesto lumi durante il colloquio con il Ministro dell’Economia Giorgetti.

Il MES è uno strumento ideato nel 2010 per salvare dal default Paesi in particolare crisi in grado di minacciare la stabilità finanziaria europea, si tratta di quel Fondo Salva Stato intervenuto – nel periodo 2010-14 – in soccorso di Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro. Ovviamente a fronte dell’intervento del Mes questi Paesi hanno dovuto adottare un rigido protocollo di austerità economico-finanziaria.

LA RIFORMA – Nel 2020 si è trovato un accordo politico su una riforma del MES i cui punti più dibattuti sono stati: le condizioni di accesso alle linee precauzionali del MES, quelle più soft per le situazioni meno gravi e il ruolo di eccessivo peso attribuito dalla riforma agli organi interni del MES nella concessione dei finanziamenti ai Paesi in difficoltà.

LA SITUAZIONE ITALIA – Su questa riforma, tutti i governi hanno già dato il loro consenso – compreso il Conte 2 nel 2020 – e tutti i parlamenti dell’ Eurozona hanno già ratificato questo accordo. Tutti i parlamenti meno quello italiano perché esiste da noi uno schieramento parlamentare – dentro e fuori la maggioranza – da sempre avverso al MES in quanto accusato di limitare la sovranità nazionale in caso di un suo intervento.

RISCHI CONNESSI A NO ITALIANO AL MES – Siamo proprio sicuri che possiamo concederci il lusso di sdraiarci sull’asfalto di fronte all’Europa come fanno gli ambientalisti per impedire la partenza di questo Fondo Salva Stati? Probabilmente la risposta è no, fosse solo per non apparire bipolari agli occhi dei partner europei. Un po’ bipolare, infatti, potrebbe sembrare l’atteggiamento di isolarci ed aprire un serio contenzioso proprio nel momento in cui abbiamo chiesto alla Commissione maggiore elasticità di bilancio sul fronte del deficit per sostenere il nostro tessuto produttivo, nel momento in cui stiamo chiedendo maggiore elasticità sulla messa a terra del PNRR a causa delle nostre inefficienze burocratiche. Inoltre, a breve chiederemo alla Commissione di approvare – nell’ambito del nuovo Patto di Stabilità – un piano di rientro dal debito particolarmente soft ed elastico.

Senza contare che a qualcuno poi potrebbe sembrare quantomeno piuttosto originale la nostra propensione a minare la credibilità dell’Italia facendo inversione a U sul MES proprio quando abbiamo un disperato bisogno della massima credibilità internazionale. E questo perché dal 2023 dovremo finanziare il nostro abnorme debito pubblico senza l’ombrello protettivo della BCE che da marzo ridurrà progressivamente l’acquisto di titoli pubblici europei, ed in particolare italiani.

[NdR – Fonte Teleborsa.it che si ringrazia per la collaborazione – Andrea Ferretti è docente al Master in Scienze economiche e bancarie europee LUISS Guido Carli]

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