Winehouse, il soul di nuova generazione

Proprio due anni fa, nel luglio del 2011, moriva la cantautrice britannica Amy Winehouse, una delle più celebri esponenti del soul bianco. Il termine “Soul Bianco” nasce circa negli anni settanta per distinguere coloro che, pur essendo bianchi, erano musicisti di musica soul: è noto come questo genere di musica nasca originariamente dalla comunità nera.

La vena soul di Amy Winehouse ed il suo riconosciuto talento canoro le hanno permesso di poter raggiungere traguardi importanti e di ottenere riconoscimenti che non tutte le cantanti della sua età sono riuscite ad avere. “Wino”, così chiamata da fan ed amici, esordisce sin da piccolissima come baby cantante, influenzata dalle passioni musicali del padre, un tassista londinese amante del Jazz e di Frank Sinatra, del quale Amy conosceva ogni canzone. La sua determinazione ed il suo carattere emergente la spingono a puntare in alto, molto in alto, dove infatti riesce ad arrivare.

Il suo primo album si intitola “Frank” ed esce nel 2003 (Amy ha 18 anni), pubblicato dalla Island Records, etichetta discografica di grande successo famosa per essere stata quella di riferimento della musica Reggae, grazie al celebre cantante giamaicano, Bob Marley.

Amy chiaramente – anzi “francamente” (che è la traduzione del suo primo album “Frank”, oltre ad un tributo a Sinatra) – parla della sua vita, delle sue passioni, delle problematiche, forse quelle di una banalissima ventenne londinese ma molto carismatica e unica nel suo genere. Amy Whinehouse è una cantante che da sola ha saputo riscoprire la musica Soul-jazz, dandole una veste diversa, ritmica, melodica, quasi più piacevole di quella originaria. Molti, anche non apprezzandola, la definiscono un’ottima “musica d’ambiente”.

Con “Frank” sale in vetta alle classifiche, ma mai quanto il secondo album “Back to Black” che nel 2007 scala le classifiche mondiali, con canzoni come “Rehab” e “Love is a losing game”. Il suo particolare timbro di voce le consente di poter reinterpretare canzoni di altissimo livello – come “A song for you” di Ray Charles – senza alcuna difficoltà. Solo come pochi cantanti di fama mondiale riesce ad esibirsi al Royal Albert Hall, la sala concerti di Londra, una tra le più celebri al mondo, che ha visto esibire artisti come Paul McCartney, Ella Fitzgerald e Frank Sinatra.

La giovane Amy non è destinata ad avere un’esistenza serena, date le liti con il marito e le sue scomode dipendenze da droghe forti ed alcool, che la porteranno a togliersi la vita nell’estate del 2011. Viene molto criticata per la sua vita “al limite”, tutti i giornali non facevano che parlare di lei, continuamente al centro delle attenzioni mediatiche, ritratta come il cattivo esempio per le nuove generazioni. Un peso, comunque, forse troppo grande per una ragazza di 27 anni. Il suo entrare ed uscire dalle cliniche di “Rehab” la fanno diventare l’emblema delle dipendenze, quasi da non accorgersi più delle sue straordinarie doti di musicista. Forte e commovente il rapporto con il padre, che alla sua morte fonderà la Amy Winheouse Foundation, attraverso la quale si impegna a procurare fondi per ragazzi con problemi di dipendenza e per le loro famiglie.

Winehouse rientra nella famosa cerchia dei musicisti maledetti, coloro che, secondo la leggenda del “Club 27”, per sete di fama e denaro finiscono per vendere l’anima al diavolo, che tornerà a riprendersela, appunto, al compimento del ventisettesimo anno di età. Amy appartiene a quel “club”, come Kurt Cobain, Jimmy Hendrix, Jim Morrison ed altri. Nonostante ciò, è piacevole pensare che il suo ricordo sia immortale, lasciando qualcosa che parla di lei: cosa meglio della sua voce.

Una ragazza che forse nessuno ha saputo scoprire davvero nel profondo, ma che attraverso la sua musica, ormai eterna, continuerà ad alimentare l’immaginazione dei suoi fan. E’ una donna che merita di essere ricordata non solo per il suo talento, ma per aver coniato un nuovo stile musicale, un insieme di musiche e di immagini sonore, per arrivare ad un suo “stile” musicale. L’apparenza non inganna, Wino con i suoi tatuaggi, forse estremi e la sua capigliatura quasi ottocentesca, crea un personaggio, crea un’icona, la sua. Una pin-up originale e moderna, con una voce carica di potenza ed energia, da poter liberamente paragonare ad una Aretha Franklin, bianca.

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