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Camera di Consiglio

L’AFFIDAMENTO SUPER ESCLUSIVO DEL FIGLIO MINORE – Il caso in esame trae origine dal ricorso presentato da una madre affinché il Tribunale, disposta la separazione personale dei coniugi, disponesse l’affidamento esclusivo dei figli minore alla stessa, con assegnazione della casa familiare e condanna al marito di corrispondere una somma mensile a titolo di contributo al mantenimento dei figli medesimi, oltre al 50% delle spese straordinarie.

Nonostante la ritualità della notifica, il padre non si costituiva in giudizio e veniva dichiarato contumace. In seno alla prima udienza, il Giudice disponeva apposite indagini sulla situazione patrimoniale del padre, al fine di determinare il quantum dell’assegno di mantenimento.

Attesa la contumacia del padre, il Tribunale rappresentava che, sin dalla prima normativa sulla bigenitorialità, a partire dal 2006, il legislatore aveva individuato quale modalità prioritaria quella dell’affido condiviso della prole di minore età ad entrambi i genitori. Tuttavia, l’attuale art.  337 quater c.c. consente al giudice di disporre l’affido esclusivo dei minori ad un genitore quando l’affido condiviso sia contrario al superiore interesse del minore che trova la propria copertura normativa a livello primario, in ossequio all’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo.

Rappresentava il Tribunale che, seguendo giurisprudenza costante, la regola dell’affido condiviso doveva ritenersi derogabile solo allorquando ritenuta gravemente pregiudizievole per il minore. Tra gli esempi riportati si ricorda il caso in cui il genitore non affidatario si sia reso totalmente inadempiente all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento a favore del figlio minore ed abbia parimenti esercitato in modo discontinuo il suo diritto di visita: tale contegno viene ritenuto sintomatico dell’inidoneità del genitore “ad affrontare quelle maggiori responsabilità che l’affidamento condiviso comporta anche a carico del genitore con il quale il figlio non coabiti stabilmente”.

Ne discendeva, dunque, che il disinteresse dimostrato dal padre nei confronti del figli atteso il mancato esercizio della responsabilità genitoriale (che si poteva desumere anche dal contegno processuale del medesimo, rimasto contumace nel procedimento), era indicativo “di una condizione di verosimile scarsa adeguatezza all’assunzione di un consapevole ruolo genitoriale”, compatibile con la necessità di concentrare la responsabilità genitoriale in capo all’altro genitore, ivi compresa la possibilità di scegliere circa la salute, l’educazione, l’istruzione e la residenza abituale del figlio (c.d. affido “super esclusivo” nei confronti di uno solo dei genitori) .

Ne conseguiva la condanna al padre di contribuire al mantenimento in modo congruo, alla luce del fatto che, in ragione del disposto affido esclusivo, la madre avrebbe sopportato un aumento dei costi per la gestione ed il mantenimento dei figli.

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