Un Parlamento fermo e improduttivo

La legge 18 aprile 1984, numero 80, convertì il decreto legge del precedente 28 febbraio n. 19. La materia, per quanto possa a qualcuno importare oggi, era  relativa alla Legge 219 del 14 maggio 1981, un provvedimento conseguente al sisma del 1980. Il 23 marzo 1981, con la Legge 91, vennero emanate norma in materia di attività sportive e, all’arti 1, si statuiva che “L’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero.”

Ricordiamoci questi numeri. Il 2 aprile 2020 è stata approvata la Legge numero 21 di questo corrente catastrofico anno: un testo di soli due articoli, con il quale il Parlamento ha convertito in legge il Decreto Legge numero 3 del 5 febbraio 2020, recante misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente.

Difficile sostenere che i numeri possano essere, specialmente in questo caso, soltanto un’opinione: sono viceversa chiari, difficilmente contestabili e significativi di come il Parlamento, semplicemente non stia lavorando. E ciò, viene da notare, da ben prima che l’intero Paese si fermasse per l’emergenza dovuta al Coronavirus.

Se i dati rinvenuti in internet e sui siti ufficiali, non mentono, a parte la menzionata Legge n. 21, dal 23 marzo sono stati emanati solo i vari decreti collegati all’emergenza sanitario-epidemiologica, vale a dire: quelli dell’8, 9 e 11 marzo 2020 oltre ai due del mese di aprile 2020. Per puro spirito nozionistico, una Legge è un provvedimento approvato dal Parlamento, vale a dire dalla Camera e dal Senato che lo devono votare nello stesso testo; un Decreto Legge è un atto che viene emesso dal Governo in casi di necessità e urgenza e che deve essere sottoposto alla successiva approvazione da parte del Parlamento.

In questi giorni abbiamo assistito ad alcuni interventi nelle aule del Senato e della Camera dei Deputati ma, da febbraio, non risulta essere stato emanato alcun provvedimento dai rami del Parlamento e, cliccando sulla Gazzetta Ufficiale, dobbiamo prendere atto in maniera decisamente sconsolata che i numeri nel passato, erano decisamente diversi; un sintomo di produttività di Legislature passate.

Facciamo doverosamente presente che l’ordine numerico cronologico dei provvedimenti dello Stato, comprende Leggi, Decreti Legge, decreti dei Presidenti della Repubblica e del Consiglio, oltre ai Decreti Legislativi. Nel 2019 l’ultimo provvedimento che risulterebbe emanato porta il numero 180. Apparentemente un bel numero, ma decisamente niente se pensiamo che la Legge 28 ottobre 1970 portava il numero 1505. Gli anni di riferimento sono stati presi senza una precisa logica, ma a titolo di esempio; e sono decisamente esemplificativi.

Comunque andava già peggio nel 1994, quando ad una Legge del 29 dicembre venne assegnato il numero 747. Diamo atto che i numeri sono abbassati costantemente e che, probabilmente, sono cambiati anche i criteri di numerazione, ed è verosimile che alcune categorie di provvedimenti siano oggi soggetti a una diversa tipologia di classificazione; come sembra dalla lettura delle Gazzette Ufficiali, quelli del presidente della Repubblica non hanno numero.

Ciò che comunque emerge con poche possibilità di smentita è il fermo del Paramento: la paralisi dell’organo Legislativo, vale a dire quel potere dello Stato che è chiamato al delicatissimo compito di decidere quali debbano essere le leggi con cui governare un Paese.

Purtroppo, nei pochi spazi che i telegiornali in questi giorni stanno dedicando ad argomenti che non siano connessi all’emergenza Covid 19, le immagini che vengono trasmesse dalle aule di Palazzo Chigi e Palazzo Madama tutto possono dire, tranne che Deputati e Senatori stiano compiendo il compito istituzionale che il voto li aveva chiamati a svolgere, ma anche nel corso del 2019 i numeri danno atto di un’assoluta mancanza di numeri e, quindi, di attività svolta rispetto alle passate legislazioni.

Lo scarso contributo del Parlamento alla vita politica è un dato di fatto, quando invece è proprio in momenti come questo che si sente più che mai la necessità di avere coloro che rappresentano il Popolo (lo dice la Costituzione), sul loro luogo di lavoro: in trincea e in prima linea, come lo sono il personale sanitario e le forze dell’ordine, ma anche le commesse dei supermercati. In quest’ultimo mese, ma già dall’inizio del loro mandato, deputati e senatori hanno prodotto più post sui social, interviste e polemiche che non i provvedimenti che sarebbero chiamati ad emettere.

In ogni caso, prescindendo dalla particolarità del momento, la quantità di provvedimenti emessi dal suo insediamento da parte di questo Parlamento, dovrebbe far riflettere non solo l’elettorato, ma anche il Presidente della Repubblica. Sarebbero infatti necessarie da parte di Mattarella tutte le più opportune valutazioni sull’utilità per la Nazione di un parlamento che, indipendentemente dai motivi, fin dalla sua nascita, non è riuscito a compiere il compito a cui era chiamato. E un Parlamento fermo, vuol dire fermare la democrazia. E questo non lo dicono solo i numeri.

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