Camera di Consiglio

CONSENSO INFORMATO E CONSEGUENZE SOCIALI – Argomento non sempre di semplice comprensione né di completa chiarezza, quello del consenso informato è un concetto giuridico che estendere la sua applicazione e portata anche in campi che non si fermano solo a quello medico, nonché ripercussioni che non si limitano solo all’ambito della responsabilità sanitaria. L’estensione del concetto di consenso informato è un dato di fatto acclarato; ne è prova, ad esempio, il dovere di un avvocato di inserire nel mandato che il cliente sottoscrive l’indicazione di essere stato edotto della complessità della causa. Estremizzando, e forse non troppo, possiamo considerare una sua forma anche il cartello che si trova nei negozi di frutta e verdura, con cui si avvisano i clienti che sono in vendita fave fresche, per evitare l’ingresso a chi presenti allergie. Chi entra è informato e lo fa a suo rischio. Negli Stati Uniti una catena di fast-food venne chiamata a risarcire una cliente rimasta scottata dal contatto con un bicchiere su cui non era indicata la temperatura del caffè e che il contatto poteva portare ustioni.

In ogni caso il concetto di consenso informato nasce e si sviluppa principalmente in campo medico laddove viene imposto agli operatori sanitari di portare a conoscenza il paziente di tutti gli elementi necessari a prendere una decisione sul trattamento cui vorrà essere sottoposto. Il tutto tenendo presente che questo consenso, oltre che libero e consapevole, è sempre revocabile e quindi detti elementi devono essere aggiornati anche in base agli sviluppi della scienza medica. Gravi conseguenze per il medico che, laddove non abbia fornito al paziente tutte le possibili informazioni, incorre in responsabilità civili e penali, nonché disciplinari laddove operi nell’organico di una struttura che verrebbe coinvolta in una causa per danni.

Su piano puramente linguistico verrebbe da discutere su che cosa si intenda veramente con la locuzione “Consenso informato” che, del resto, non ha una definizione giuridica esaustiva e determinata al punto che anche recenti sentenze della Corte di Cassazione ne hanno corretto e rivisto il profilo. La sentenza 2177 del 2016 parla di “piena conoscenza sia della natura, della portata e dell’estensione del trattamento, sia dei suoi rischi e delle possibili conseguenze negative sia, infine dei risultati negativi. Quindi, in linea con altre pronunzie della Corte di legittimità, l’obbligazione di fornire al paziente tutti gli elementi per permettergli di esprimere un consenso informato, va ad affiancarsi a quelle strettamente professionali per l’esecuzione di un intervento o una terapia. In caso di inadempimento all’obbligo di consentire la formazione di un consenso informato, ogni terapia o intervento, ancorché eseguito nell’interesse del paziente, assume carattere di intrinseca illiceità. Immaginabile il carico di responsabilità che grava su un sanitario chiamato talvolta a intervenire in condizioni di criticità estrema o di urgenza a fronte di una giurisprudenza che ravvisa ipotesi di danno la sola esecuzione dell’intervento in mancanza di tutti gli elementi necessari alla formazione del consenso. Il sanitario si trova esposto ad un duplice rischio: non solo quello dell’eventuale esito nefasto di un intervento, ma anche quello di essere chiamato a rispondere della lesione del diritto di un paziente alla propria autodeterminazione.

Le conseguenze non sono soltanto quelle sul piano strettamente giuridico, comprese le non semplici difficoltà sull’onere della prova in un giudizio, ma anche a livello economico e sociale. Le assicurazioni che non coprono determinate fattispecie di responsabilità sanitaria, ovvero i costi che specialmente i giovani medici devono sopportare, diventano esorbitanti. L’impatto si ha anche sulla giustizia. Il mancato perfezionamento della procedura per la formazione di un corretto consenso informato è di per sé ipotesi di responsabilità medica. Anche da qui il proliferare di associazioni, centri di assistenza, associazioni di categoria e altro ancora che garantiscono consulenza gratuita per responsabilità medica. Tutto ciò rende ancora più complessa la situazione e i medici ancora più vulnerabili a pressioni esterne che possono incidere negativamente sul loro operato. Gli utenti dovrebbero considerare il numero effettivo di casi con esito negativo per i sanitari, anche in percentuale, decisamente irrisorio a loro favore, con pochi esiti favorevoli per gli stessi ma con danni al sistema medico, giudiziario notevoli, e maggiori costi assicurativi.

Ergo, se da un lato il consenso informato è una garanzia per il cittadino, utente, consumatore, dall’altro configura un limite per gli operatori ed un costo sociale in incremento. Una revisione dei concetti e un intervento legislativo appaiono quantomeno auspicabili.

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