Cronache dai Palazzi

Palazzo Madama approva la legge delega sul contrasto alla povertà, circa 400 mila famiglie (1,7 milioni di persone) riceveranno un sussidio di almeno 400 euro, un’integrazione al reddito per cui il tetto Isee verrà probabilmente fissato a 3 mila euro. I nuclei con figli a carico, diversamente abili o figli in arrivo sono coloro che ne hanno diritto. In pratica si tratta del nuovo reddito di inclusione (Rei), che prende il posto del Sia (Sostegno per l’inclusione attiva) lo strumento messo in campo dal precedente governo di Matteo Renzi per aiutare le famiglie con difficoltà economiche. Del Sia hanno beneficiato circa 65 mila famiglie.

Il via libera del Rei da parte del Senato della Repubblica rende operativo il Piano nazionale contro la povertà, per cui sono stati stanziati 1,6 miliardi che diventeranno 1,8 dal 2018, rendendo la misura strutturale. Il Rei dovrebbe inoltre introdurre una misura definita “universale” che supporterà alcune categorie in gravi condizioni economiche come anziani, disoccupati, genitori soli. Affinché tutto ciò sia trasformato in legge occorrerà però approvare diversi decreti attuativi, ma il governo prevede per questi ultimi tempi brevi. Sarà comunque necessaria anche un’intesa all’unanimità con tutte le Regioni, oltre al parere delle commissioni parlamentari.

Il Rei, una prima misura anti povertà che si estenderà a tutto il territorio nazionale, rappresenta “un passo che dimostra l’impegno sociale priorità del governo”, ha affermato il premier Paolo Gentiloni. Le famiglie che beneficeranno del Rei saranno inoltre inglobate in un piano di reinserimento che prevede azioni formative e di collocamento lavorativo. Secondo l’Istat sono circa 4,6 milioni, i cittadini che non dispongono di un paniere di beni e servizi essenziali.

In commissione Lavoro alla Camera è stato inoltre varato un testo unificato di riforma della forma di pagamento “voucher”, per cui un singolo voucher corrispondere al valore di 15 euro ma solo per le imprese senza dipendenti perché per le altre è stato vietato. L’importo rimane di 10 euro quando si tratta di imprese familiari e, per di più, in questo caso i voucher potranno essere utilizzati solo per lavori occasionali e con massimali annui di impiego piuttosto esigui. Pur con le suddette limitazioni la Cgil – che aveva proposto il referendum abrogativo – ha bocciato il testo del decreto legge di riforma dei voucher, anche se la decisione finale spetta al governo che dovrà per l’appunto decidere se vararlo o meno.

Su un altro fronte, dopo che l’Unione europea ha bacchettato l’Italia giudicandola “lenta sui rimpatri”, il governo italiano lancia il piano Minniti per far fronte al problema immigrazione e accelerare le pratiche per il ritorno a casa dei clandestini. Il ministro dell’Interno sta lavorando per organizzare a Roma un summit tra partner europei (Italia, Germania, Francia insieme ai Paesi del Nord Africa) per gestire il continuo afflusso di migranti con centri di selezione e di controllo. L’operazione Minniti si fonda sugli accordi raggiunti con il governo libico di Fayez Sarraj ai primi di febbraio e il summit non è lontano. “Stiamo concludendo accordi per fermare i flussi dei migranti in Niger, si sta lavorando con l’Etiopia, ma la cosa va ampliata e deve essere europea, non solo italiana”, ha sottolineato il ministro Marco Minniti. “Isis sta perdendo terreno a Mosul e Raqqa. Non è escluso che i suoi militanti in fuga  non possano unirsi alle rotte dei migranti”, ha aggiunto il ministro dell’Interno. Ma il vero problema è un altro: “La mia preoccupazione è di salvare l’unità europea e la stabilità delle nostre democrazie così come sviluppate dal Dopoguerra ad oggi. I migranti sono la chiave di volta”, ha dichiarato Minniti al Corriere della Sera.

Secondo il ministro i migranti rappresentano “un problema di importanza vitale, la prima grande sfida dell’Europa unita” e se l’Europa tutta insieme non sarà in grado di far fronte a questa critica emergenza “perderemo gran parte delle nostre conquiste politiche, sociali, democratiche, economiche”. Potremmo andare incontro ad un “collasso” e potrebbe aprirsi “un’era buia fatta di razzismi, nazionalismi, piccoli egoismi xenofobi e auto-distruttivi”.

Minniti afferma chiaramente “la necessità di regolare i flussi”  e mette al primo posto la “sicurezza”. Nessun muro quindi, “non si possono respingere e trattare da criminali i minori non accompagnati” ma “non è assolutamente possibile continuare a ricevere chiunque sbarchi illegalmente sulle nostre coste senza imporre alcun criterio di accoglienza”, ammonisce il ministro del Viminale.

Per Minniti, paradossalmente “l’anarchia degli arrivi e il non coordinamento” degli arrivi in sede europea hanno generato la Brexit e tutte le relative forme di “malcontento populista” nei vari Paesi. “Il paradosso odierno dell’Europa – aggiunge Minniti – e che più sarà passiva, oppure più prevarranno le demagogie delle frontiere aperte a tutti, e più è destinata ad implodere”. In pratica il continente europeo fondato su valori quali la libertà, la democrazia e un relativo benessere – tanto da attrarre milioni di persone pronte a sacrificare la propria vita nel tentativo di raggiungere il continente europeo – rischia la perdita di tali valori se, in un certo qual modo, non verrà difesa la sua integrità. “Chi scappa dalla guerra e dalla fame ha diritto di asilo. Gli altri vanno rimpatriati”, ammonisce Minniti.

Secondo il Viminale nel 2016 sono approdati sulle coste italiane “181.283 migranti provenienti quasi tutti dalla Libia anche se quasi nessuno è libico”. Nei primi mesi dell’anno in corso si contano già 15.760 presenze e “secondo le prime stime, in maggioranza sono arrivati perché spinti a migliorare le loro condizioni economiche”. Per Marco Minniti come la Germania ha svolto un ruolo cruciale nell’accordo dell’Europa con la Turchia sui migranti così l’Italia può fare con la Libia per stabilizzarla, dimostrando in questo modo il proprio ruolo guida come “pedina dell’Europa” nel mar Mediterraneo.

Il governo Gentiloni si muove sulla stessa lunghezza d’onda del proprio ministro dell’Interno, tantoché Palazzo Chigi dichiara che l’Italia farà di tutto per rilanciare l’Unione europea nel corso delle celebrazioni del 25 Marzo a Roma, in occasione del 60° anniversario dei Trattati Ue. Lo ha assicurato il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni  di fronte al Parlamento, e lo ha espressamente chiesto al primo ministro anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per Paolo Gentiloni la dichiarazione di Roma dovrebbe fondarsi su alcuni indirizzi fondamentali: “un’Europa più coesa sul piano della sicurezza e della difesa, politiche economiche che devono essere orientate verso la crescita, investimenti e politiche sociali”, non trascurando “quel primato dell’Europa che crede in un sistema di welfare”. Ed infine “un’Europa capace di conservare uno dei risultati più belli che sono stati raggiunti: la libera circolazione delle persone”.

In una bozza discussa dai 27 capi di Stato e di governo, durante il Consiglio europeo di venerdì 10 marzo, viene chiaramente ribadita la necessità di essere uniti per non essere “messi da parte dalle dinamiche globali”. “Stare insieme è la nostra migliore chance per influenzare e difendere i nostri interessi e valori comuni”, è questo il messaggio di fondo che accompagnerà anche le celebrazioni di Roma durante l’anniversario dei Trattati Ue. I 27 sono “determinati a rendere la Ue più forte e più capace di reagire e di resistere agli choc: dobbiamo mostrare anche una maggiore unità e solidarietà tra gli Stati membri, l’unità è una necessità, non un’opzione” ma, nel contempo, emerge anche la volontà di portare avanti un’Europa a “velocità diverse”.

Dal Consiglio europeo emerge quindi che l’Unione europea è “un’unione indivisa e indivisibile che agisce insieme quando è possibile, a ritmi e a intensità diversi quando è necessario”. In pratica è l’affermazione di un’Europa a più velocità, come è emerso anche dall’incontro di Versailles tra Francia, Germania, Italia e Spagna e quindi tra François Hollande, Angela Merkel, Paolo Gentiloni e Mariano Rajoy.

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