Oltre le colline (Film, 2012)

E’ uscito nelle sale Un padre, una figlia, il nuovo film di Cristian Mungiu (Iasi, 1968), uno dei più ispirati registi della Romania post rivoluzionaria, collaboratore al fantastico Train de vie (1998), ed è buona l’occasione per rivedere – su My Movies streaming – Oltre le colline, il suo penultimo lavoro, premiato a Cannes 2012 come miglior sceneggiatura e miglior interpretazione femminile.

Mungiu parte da una vicenda reale del 2005, quando nel convento della Santa Trinità di Tanaco (Romania Orientale), la giovanissima suora Irina (23 anni) fu crocifissa e lasciata morire perché creduta indemoniata. Ma Oltre le colline non è né un horror stile L’esorcista, né un film contro la religione oscurantista e tradizionalista, preda di sciocche superstizioni. Oltre le colline è soprattutto una tenera quanto drammatica storia d’amore e povertà tra due orfanelle – Voichita e Alina – che  dopo essere cresciute insieme in un orfanatrofio vedono le loro strade dividersi. La prima è accolta in un monastero, la seconda è affidata a una famiglia adottiva ma fugge in Germania per lavorare. Il film comincia con l’arrivo di Alina alla stazione e racconta la decisione della ragazza di tornare a casa per portare via con sé l’amica, unico grande amore della sua vita. Non può sapere che le cose sono cambiate e che Voichita si è lasciata soggiogare dal forte carisma del prete e della madre superiora, al punto di non voler più abbandonare il monastero. Voichita ha preso i voti, si è fatta suora, vive per Dio e per la preghiera, ma vuole ancora bene ad Alina e cerca di aiutarla. Non lo fa nel modo giusto, purtroppo, non comprende che la follia di Alina è gelosia d’amore, depressione nervosa, incapacità di comunicare ad altri il suo sentimento. Il prete e la madre superiora scambiano Alina per un’indemoniata, la legano, la crocifiggono, pregano per lei, fino a quando il malsano aiuto composto di riti e superstizione non condurrà a un tragico finale.

Oltre le colline è una storia d’amore e morte che mette in primo piano il rapporto omosessuale ma anche una malintesa fede e la vita quotidiana che scorre senza che nessuno abbia il coraggio di prendersi le proprie responsabilità. L’amore tra le due ragazze viene soffocato e impedito da regole assurde e da una follia collettiva, sessuofobica e superstiziosa.

Cristian Mungiu è padrone assoluto della tecnica cinematografica, realizza un toccante racconto di formazione ambientato oltre le colline di una città rumena grigia e povera, intrisa di superstizione e misantropia. Fotografia nebbiosa, colori soffusi, dai toni dominanti giallo ocra, che si confondono al bianco della neve. Suggestivi piani sequenza e panoramiche della città vista dall’alto d’un convento isolato dal mondo. Molte soggettive frenetiche, quasi isteriche, sia del prete che della ragazza in preda a convulsioni, come delle monache inorridite, convinte della demoniaca presenza. Persino macchina a mano per sottolineare i momenti più inquietanti e concitati della storia.

Film molto teatrale, per la gran parte girato in interni, ma che gode di suggestive riprese esterne dove si apprezza il realismo del suono in presa diretta. Sceneggiatura senza sbavature, precisa come un congegno a orologeria, capace di evidenziare personaggi realistici dominati dai loro piccoli egoismi e da una totale assenza di empatia umana. Bravissime le due protagoniste (Stratan e Flutur), ma non sono da meno certi personaggi secondari, soprattutto Andriuta nei panni del prete e Bibili,  medico pilatesco che abbandona Alina al suo destino. Oltre le colline mette in competizione l’amore terreno con l’amore di Dio, dipinge i sentimenti a tinte forti e condanna una fede che conduce alla morte. “Non pregate per me. Preferisco andare all’inferno che avere le vostre preghiere”, dirà un’infermiera al pronto soccorso davanti al cadavere di Alina. L’indagine della polizia porta la triste realtà a percorrere di nuovo le strade della vita ed è emblematico il dialogo finale tra i due poliziotti che conducono in prigione il prete. Tutto è come prima, mentre la vita scorre e nuovi orrori si succedono a vecchie nefandezze. Il pessimismo cosmico nei confronti del genere umano di cui è intriso il film non ci abbandona.

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Regia: Cristian Mungiu. Soggetto e Sceneggiatura: Cristian Mungiu, Tatiana Nicolescu Bran. Fotografia: Oleg Mutu. Montaggio: Mircea Olteanu. Distribuzione: Bim. Durata: 155’. Produzione: Tudor Reu, Pascal Caucheteux, Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne, Vincent Marval, Bobby Paunescu,  Gregoire Sorlat. Paesi Produzione: Romania, Francia. Interpreti: Cosmina Stratan (Voichita), Cristina Flutur (alina), Valeriu Andriuta (prete), Dana Tapalaga (madre), Catalina Harabagiu (Antonia), Gina Tandura (Nun Iustina), Vica Agache (Nun Elisabeta), Nora Covali (Nun Pahomia), Ionut Ghinea (Ionut), Liliana Mocanu (Madre Elena), Doru Ana (Padre Nusu), Costache Babili (dr. Solovastru), Lumita Gherghiu (l’insegnante), Alina Berzunteanu (dr.ssa Radu). Titolo originale: Dupa dealuri. Genere: Drammatico.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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