Social ergo sum?

Facebook forse più di Twitter ha cambiato le nostre vite. Adesso sappiamo in tempo reale se la nostra zia che vive in Australia, dove suo padre cugino di nostro padre emigrò negli anni Settanta in cerca di fortuna, è stata investita da un canguro mentre usciva da un supermercato di un paese dal nome impronunciabile. Ma la cosa più strabiliante è che possiamo seguire la sua agonia in diretta. E versare le nostre lacrime insieme agli amici virtuali. Poi però, magari in occasione di un nubifragio dove persone e cose vengono travolte dalla furia della natura, invece di aiutare ci scattiamo i selfie. Almeno fino a rasentare la morte.

Tutto è pubblicabile, tutto condivisibile. Le persone con poche idee ricalcano quelle di altri o postano fiori e frasi del grande bluff Coelho. Impazza Shakespeare che fa colto e qualche russo romantico che fa romantico. Gente che in vita sua ha letto al massimo il contatore dell’acqua, si ritrova a postare frasi celebri di scrittori poco noti e aspetta poi in silenzio di contare i like. Per molti altri è il modo di testimoniare una vita insipida e scontata cercando di essere amici virtuali di famosi e quasi famosi.

Insomma tutta fuffa che aiuta a fare da eco a notizie importanti o non importanti, ma comunque notizie. E quindi raccapricci con storie che non avreste mai letto, foto che non avreste mai fotografato, pensieri che non avreste mai pensato.

Poi ci sono le persone serene, quelle che al mattino dicono buongiorno con tazze di caffè e fiori anche se hanno appena preso a martellate la suocera o truffato un anziano; quelli che la sera ti dicono Buonanotte Mondo e non sono astronauti in giro nelle galassie, ma stanno su un comodo terrazzo vista nulla.

Ecco, con i social siamo ciò che vogliamo apparire, spesso niente. I migliori sono i commentatori seriali di politici o politicanti, quelli che hanno sempre ragione e quindi scrivono stampatello ribadendo opinioni non richieste, idee assolutamente insignificanti. Ma il top sono Io Sono Il Verbo, i detentori della verità vera, del “se vuoi te lo dico una volta che ci conosciamo” o di ” non posso dire non posso scrivere”.

Ma poi si spegne il Pc e si ritorna quello che si è: gente normale, un po’ disturbata un po’ sola un po’ depressa. Gente che dice “non sono schizofrenica, siamo guariti”. Insomma, noi.

©Futuro Europa®

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