L’Italia riparte, da dove?

L’Italia sembra intravedere la luce in fondo al tunnel. Certo la prudenza è tanta, ma ormai diversi dati sembrano, per la prima volta dal 2008 , delineare una vera inversione di tendenza nell’economia del nostro Paese. L’analisi è fatta considerando diversi fattori e notevoli indici. Certo l’anno è appena cominciato e la fragilità del sistema economico politico italiano non rassicura gli scrutatori internazionali.

Bisogna dare atto al governo, pur nella tiepidità della propria presidenza del consiglio europeo, di essere riuscito a strappare alla UE una maggiore flessibilità sui conti. Il tutto coadiuvato dal piano junker e dal QE della Banca Centrale Europea che ha permesso di allentare tantissimo la pressione sui mercati internazionali dei titoli di stato italiani. Il quadro macroeconomico internazionale ha inoltre portato ottimi benefici al nostro Paese anche per il deprezzamento importante che l’Euro ha avuto sul Dollaro, garantendo al nostro export maggiore competitività soprattutto in quei mercati che hanno sofferto il tasso di cambio degli anni precedenti.

A differenza degli ultimi due anni, in cui la parola ripresa ha avuto accezione più di auspicio che reale concretezza, i dati degli ultimi due trimestri hanno mostrato una certa solidità e tenuta che fanno ben sperare sulla loro attendibilità. Nell’ultimo trimestre è tornato a salire il dato sulla fiducia dei consumatori e delle imprese ed insieme a loro si consolida quello sulla produzione industriale. Certo l’incertezza delle imprese la si percepisce sui risultati ancora deludenti della disoccupazione, ma gli ultimi provvedimenti sul lavoro sembrano far ben sperare.

Però, come spesso è accaduto, il motore della locomotiva sembra sempre correre al Nord. I migliori dati su produzione industriale, export e occupazione sembrano arrivare dalla Lombardia con a seguito Nord-Est e Nord-Ovest. Sicuramente la regione padana gode del fattore Expo, capace, pur tra le mille difficoltà, di produrre indotti economici di ottimo livello. Il divario con il Sud è ancora abissale e il delta che separa le due zone geografiche, sia sulla mortalità delle imprese, che sulla ripresa economica, lascia poco spazio alla possibilità di maggior omogeneizzazione dei due territori.

Altro dato importante lo offre la Borsa Valori Italiana: da inizio anno il listino italiano ha visto una progressione media di oltre il 25% staccando di molto i principali listini europei e internazionali, dove a farla da padrone sono le aziende del Made in Italy  e dell’industria.

Quindi il paese sembra ripartire dalla sua spina dorsale, dalla manifattura e dall’eccellenza artigianale italiana dove però un ruolo fondamentale lo giocheranno il Governo e le sue politiche. Il primo ostacolo da scongiurare è l’aumento dell’Iva, che significherebbe riportare il sistema economico in un abisso senza via d’uscita. Riforme e stabilità devono essere le parole d’ordine insieme a sburocratizzazione e riduzione delle tasse. Gli interventi sul mondo del lavoro sono il primo passo e la semplificazione dell’iter legislativo il carburante per rendere competitivo il Paese.

Sta di fatto che per sostenere una ripresa credibile soprattutto in quei settori strategici come l’edilizia e l’export il governo dovrà, attraverso il Def recentemente approvato, valorizzare imprese e sostenere i redditi attraverso una seria defiscalizzazione che possa far ripartire i consumi, benzina di un motore ancora troppo ingolfato.

©Futuro Europa®

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