Le comiche (Film, 1990-1994)

Le comiche del muto rivivono un momento di florido splendore tra le mani di Neri Parenti dal 1990 al 1994, con tre film che segnano un’epoca e almeno due meritano di essere ricordati tra i migliori prodotti comici del periodo. Soltanto un regista come Neri Parenti – su idea del grande produttore Mario Cecchi Gori – poteva rivitalizzare le comiche fondendole con la farsa (anche greve) all’italiana, dopo aver preso in mano il personaggio di Fantozzi, orfano di Salce e bisognoso di un autore votato al comico puro. Il Fantozzi di Parenti in Le comiche (1990) perde il lato tragico del personaggio e diventa macchietta pura, si trasforma in comicità senza problematiche intellettuali, contenitore di gag allo stato puro. In fondo quel che Parenti cerca in ogni suo lavoro è il modo di liberarsi dalla costrizione della trama, per questo motivo possiamo considerarlo un regista lontano mille miglia dalla commedia all’italiana.

L’omaggio al cinema muto americano lo troviamo in quasi tutti i film del regista fiorentino (si pensi a Scuola di ladri e a Superfantozzi), ma nel ciclo de Le comiche diventa vera e propria epopea, unica ragione di esistere, a base di gag demenziali, surreali, rumorose e catastrofiche. Tutto questo Parenti lo ripropone anche nel cinapanettone, con sceneggiature basate su volgarità gratuite e situazioni da comica pura, da farsa sboccata. Pure questo si chiama stile d’autore, con buona pace dei molti soloni cinematografici. Roberto Frini ha scritto nella bella monografia dedicata al regista e pubblicata da Gremese che “le comiche sono un punto di non ritorno nella cinematografia parentiana” ed è vero. Soprattutto il film del 1990 rappresenta un contenitore di geniali intuizioni e di citazionismo cinefilo senza pari. Paolo Villaggio e Renato Pozzetto indossano i panni di Stan Laurel e Oliver Hardy dando vita a una serie di episodi collegati dalla presenza di due sposini martoriati dalla loro dabbenaggine e da un apparato narrativo metacinematografico. L’incipit vede i due protagonisti uscire dallo schermo ed entrare in una vecchia comica, così come la fine li vede entrare in un cinema e uscirne a bordo di un locomotore che sfonda lo schermo. Ma che dire del ritorno indietro nel tempo filmico, rivedendo i cartelloni con le scritte primo e secondo tempo per completare situazioni lasciate in sospeso? Un film ricco di gag demenziali che cita il periodo del muto, vecchi lavori interpretati da Laurel e Hardy (i venditori di aspirapolvere sono i venditori di trappole per topi del passato), ma anche Superfantozzi (la vedova inconsolabile), Scuola di ladri e Fratelli d’Italia (il marito geloso interpretato da Gian).

Parenti elimina ogni traccia di realtà, riduce i personaggi a macchiette, a cartoni animati (il ditone che si gonfia a dismisura), esseri senza contatti con la vita, utilizzandoli come dispensatori di comicità pura. Un tocco di poesia nell’episodio girato al mare dove i due personaggi tentano di separarsi e alla fine si ritrovano sotto la pioggia, consapevoli di non poter fare a meno l’uno dell’altro. Un discorso sulle coppie cinematografiche che si perdono nel niente quando decidono di separarsi.

Le comiche 2 (1992) è inferiore al prodotto originale e mostra segni di stanchezza, anche se Parenti riesce di nuovo a mettere in ridicolo tutto il possibile, con crudeltà e persino con cattivo gusto, ricorrendo ai suoi due personaggi di cartone che vivono avventure ai limiti dell’assurdo. La sequenza migliore del film li vede assistere un ferito nei panni di due infermieri che devono correre in tutta fretta con l’ambulanza verso l’ospedale. Ottimo anche il viaggio surreale a bordo di un aereo scassato sul quale organizzano vacanze per turisti piuttosto sfortunati. Citazioni a non finire del cinema demenziale nordamericano (Una pallottola spuntata e mezzo), del proprio cinema (la saga di Fantozzi) e di tutto il periodo del muto.

Le nuove comiche (1994) è il terzo stanco episodio, davvero poco riuscito, prodotto solo per motivi economici e per sfruttare il successo travolgente dei primi due film. Non diverte e lascia un retrogusto amaro in bocca allo spettatore che aveva creduto di trovarsi ancora una volta di fronte a due perfetti emuli di Laurel e Hardy in salsa italiana. Ultimo film di un ciclo che resta un caposaldo del nostro cinema comico, un punto di non ritorno che la nostra critica – a parte Roberto Frini – non ha capito, bollandolo come “squinternato riciclaggio dei classici del muto”. Parenti, Benvenuti e De Bernardi avrebbero meritato osservatori migliori delle loro produzioni cinematografiche. Ma siamo in tempo a rimediare.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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