Selma

Il 7 marzo gli USA hanno ricordato i 50 anni dalla marcia di Selma, in Alabama, che cambiò la storia dei neri d’America. Io direi, cambiò in parte. Molti furono i passi avanti, ci si avvicinò finalmente a sdoganare i neri dallo status di schiavo, bestia domestica e cosine così. Anche se adesso alla Casa Bianca c’è un discendente di quegli schiavi, le cose non sono ancora alla pari. E la colpa va ripartita tra tutte e due le parti.

I ghetti sono l’esempio di come l’umanità tenda a sottolineare l’appartenenza a un dio minore. Tutti insieme, brutti sporchi e cattivi, cafoni all’ennesima potenza, ignoranti e ladri. Si raggruppano insieme in posti dove bisogna dimostrare appartenenza alla specie per poter affittare una casa. E in quei posti che sono allo stesso modo occupati da scarti umani di varie etnie, i neri la fanno da padrone. Si sono smarcati così dalla loro marchiatura di schiavi, facendo del bullismo e della prepotenza la loro bandiera. Naturalmente il cattivo soffoca il buono e quindi anche le persone moderate, e ce ne sono molte, non riescono a emergere e soccombono all’antico odio.

Obama, riferendosi all’anniversario ha dichiarato: “Ferguson, non caso isolato. Selma è ora”. Ferguson non è un caso isolato e lo sappiamo tutti. Ci hanno fatto centinaia di film sulla violenza di certi poliziotti verso alcune minoranze. Purtroppo nel caso del ragazzo nero ucciso a Ferguson, anche i media hanno contribuito ad alimentare le fiamme.

L’anniversario di quello che viene ricordato anche come il “Bloody Sunday” che ebbe appunto luogo a Selma (con la polizia che caricò la folla che protestava per il diritto di voto agli afroamericani) cade in un momento in cui tanti episodi legati al razzismo, all’uso eccessivo della forza e ai metodi discriminatori della polizia dividono diverse comunità negli Usa. Le dividono ma non cambiano i loro toni accesi.

La schiavitù fu abolita nel 1863. Ma negli anni sessanta furono uccisi presidenti e predicatori per impedire che ci fosse un’uguaglianza tra le razze. Ancora adesso nonostante grandi metropoli come New York e Washington abbiano avuto sindaci di colore, nonostante la Virginia abbia avuto un governatore nero, nonostante l’uomo più potente del mondo sia nero, non è stata ancora sconfitta la piaga del colore della pelle. Credo che la colpa sia proprio da imputare in parte al voluto isolamento di certe comunità. E anche alla mania degli umani di voler catalogare tutto; e quindi razza caucasica, afroamericana, e via dicendo. Si stabilirono le differenze e il bianco prevalse. Su tutti gli altri colori. E si fecero leggi che proibivano la mescolanza razziale. In un crescendo di arroganza, gli Usa produssero la più grande campagna razzista della storia.

E allora quei ragazzi di Selma fanno tanta pena; pensare a quante vite sacrificate per nulla, come accade in tutte le guerre. Fatte apposta per uccidere i giovani, le loro speranze. E fa ancora più rabbia che si leggano ancora storie di violenza gratuita, accanimento verso i più deboli.

Ma la via del ghetto è sbarrata e di Martin Luther King non ce ne sono più.

©Futuro Europa®

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