Turpiloquio e folclore

La manifestazione romana della Lega è stata una bella mostra di turpiloquio. Dal ripetuto “vaffa” di Salvini al classico – e al paragone quasi elegante – “menefrego” di Giorgia Meloni, al “gli faremo un c… così di Zaia”. Ma è stato il folclore a farla da padrone. È stato riesumato dalla tomba politica il vecchio Bossi, che non si vergogna delle ladrerie dei figli e impavido minaccia “guerra di popolo”, “spada contro spada”, dichiarando fieramente che lui “ce l’ha ancora duro”. Si è pavoneggiato un altro lume del genio italico, Mario Borghezio; sono riapparsi i valorosi manipoli di Casa Pound, tutti fieri di essere presi sul serio nella loro marcetta su Roma; sono riemersi polverosi rampolli dell’aristocrazia nera, da Lillo Ruspoli ad altri nomi risuonanti, non tutti per la verità oro di zecca. Insomma, una specie di raduno nostalgico, in cui è apparso un cartello con il Duce (bello ed elegante, almeno lui) che diceva “Salvini, ti aspettavo”.  Ma non si vergognano di utilizzare un personaggio di dimensioni storiche per le loro piccolezze? Di mescolare uno strenuo difensore dell’unità d’Italia con uno che ha in programma di spaccarla in due? Un tipaccio che fino a poco fa il tricolore lo bruciava?

Quell’indegno connubio di bandiere tricolori e verdi e simboli celtici sa di matrimonio contro natura (ma la Lega fino a poco fa non esecrava “i fascisti” e questi non dichiaravano che “con Bossi neppure un caffè”?); lo dimostrano le dichiarazioni delle due parti, intente a giustificare l’ingiustificabile.  Di Stefano, esponente di Casa Pound, e la Meloni, esponente di Fratelli d’Italia: “quello che dice oggi Salvini lo condividiamo parola per parola” (sui programmi anti-italiani di ieri e di sempre,  zitti e mosca). E qualcuno, nelle balde schiere casapoundine, “che siamo fascisti, per Salvini non è un problema“ (lo credo!). Maroni (uno dei leghisti più presentabili), visibilmente imbarazzato: “Non si può impedire a nessuno di partecipare a una manifestazione”. Mica vero! Quando ad una manifestazione certa gente è sgradita, glielo si fa sapere prima, chiaro e netto e quella gente non ci va, o ci va per “fare casino”, come hanno tentato di fare gli sprovveduti delle reti sociali.  La verità è che varie forze antisistema, anche se di matrice opposta, tendono a saldarsi in una destra intollerante e becera che ha come fondo di commercio un delirante programma: fuori  dall’Europa, pugno duro con gli immigrati, crociata contro l’Islam  (da soli? ).

Salvini, che spera così di raggranellare qualche voto al Sud, ha messo da parte l’abito di separatista e il disprezzo per i “terùn” e si avvolge nella bandiera di una sovranità nazionale che la Lega nega con i fatti, servendosene (tra gli applausi dei più gonzi tra i “terùn”) per vilipendere il nemico di turno, che per il momento non è il meridionale scansafatiche e parassitario, ma quel terribile mostro che va per il mondo con il nome di Europa (ma un tempo la Lega non sognava una grande regione che andasse dall’Italia del Nord alla Baviera?). Quell’Europa al di fuori della quale non ci sarebbe scampo per noi in un mondo complicato e pieno di sfide mortali, per cui chi vuole uscirne è il vero nemico dell’Italia e dei nostri figli. E questo nel momento in cui è la BCE a provocare la discesa vertiginosa del tasso d’interesse sul debito, cioè per noi risparmi di miliardi di euro (ma Salvini eroicamente ha dichiarato: “delle finanze e dello spread a noi non frega niente”; si vede che i debiti non li paga lui!); e quando – in buona parte grazie alle manovre di Draghi e al programma di Juncker – si avverte un inizio di ripresa dell’economia e dell’occupazione,  che con un po’ di fortuna e di serietà (il contrario della linea lego-poundiana) dovrebbe rafforzarsi nel corso di quest’anno e del prossimo. E quando la forza dei fatti spinge sempre di più, piaccia o no agli eurorofobi di varia caratura, verso un maggior coordinamento europeo in materia economica, finanziaria e fiscale (e, speriamo, in politica estera e di sicurezza), indispensabile se il nostro Continente vuole sopravvivere in un mondo di giganti.

Non si capisce del resto a quale riferimento internazionale si voglia fare appello per trovare le necessarie amicizie e appoggi per un Paese che, da solo, non ha la forza di difendersi e meno che mai di imporsi nel mondo. Gli Stati Uniti di Obama, e con loro la NATO,  sono “gringos” da tenere lontani;  l’Europa è uno spaventapasseri; un tempo almeno c’era  la Germania hitleriana (“tenimmo n’alleato! ”, si diceva allora con compiacimento) e più recentemente la Baviera; ma  ora c’è la Merkel  che è l’arcinemica. E allora? Allora, a parte la Le Pen e gente di quel calibro, chi resta? Ma è chiaro! Resta la Russia di Putin, idolo odierno di leghisti e compagnia, perché ha i muscoli e li usa, e poco conta che si tratti di un regime che uccide. Però è tristemente ironico che chi invoca, profanandolo, il nome di Mussolini, guardi a un regime controllato dai peggiori elementi del KGB e del comunismo post-sovietico.

Tutto questo sarebbe per ora solo folclore, e la società civile in Italia ha anticorpi sufficienti per difendersi. E forse si fa bene a non dare a questi barbari l’aureola del martirio usando la forza della legge contro quelli che sono atti penalmente rilevanti. Ma quando alle orde leghiste e poundiane  si sommassero quelle grilline, anche in modo transitorio e strumentale di lotta alle istituzioni, il problema potrebbe divenire serio, specie se nel vasto mondo dei moderati permanessero le beghe interne: questione questa che tocca il PD, se continua l’assurda fronda di chi non ha ancora capito da dove viene il pericolo (che pena e che rabbia fa l’eterno Bersani!), ma riguarda soprattutto il centro-destra. Qualche voce sensata per la verità appare qua e là anche nella Lega (come quella di Tosi e forse di Maroni) ma poi prevale l’estremismo salviniano. Con quel tipo di Lega, né l’Area Popolare né parte di FI (non solo quella che fa capo a Raffaele Fitto) possono convivere, neppure in una combinazione puramente elettorale. Ed è chiaro che se il centro-destra assumesse i caratteri di destra estrema, larga parte dei moderati sarebbe indotta a rifugiarsi sotto le ali della sinistra renziana. Non per niente, Alfano e altri vengono avvertendo che, in una polarizzazione tra Salvini e Renzi, non ci sarebbe partita. Gira e gira, il problema resta Berlusconi, visto che ci sono ancora settori moderati che gli vanno appresso. Finora, le sparate di Salvini hanno provocato le reazioni di figure minori come Toti e Romani: nessuna condanna o presa di distanze (come potrebbero esserci, da chi in fondo continua a sperare in un’alleanza?) ma lamentela per azioni che “allontanano la possibilità di un’intesa”, e auspicio, un tantino  velleitario, che la Lega “cambi strada”. Salvini per ora risponde a schiaffoni. Cosa farà alla prossime regionali si vedrà. Ma Berlusconi tace, perché si accorge forse di essere al capolinea delle sue trovate.

Eppure, ai tanti amici e amiche che ho in FI, e di cui rispetto la buona fede, vorrei chiedere: ma non vi viene mai in mente di  domandarvi  da che parte sta veramente l’ex-Cavaliere?  Non capite che non si può stare un po’ con Salvini e gli squadristi e un po’ con il mondo liberale, democratico  e civile dei Popolari Europei, di Draghi e di Juncker? In politica, come nella vita, servono principi saldi e chiari. Mettere insieme il diavolo e l’acqua santa può servire per una campagna elettorale, ma si rivela poi sempre un disastro. E così, non l’avremo mai un grande partito moderato che non può che essere liberale, democratico ed europeo.

©Futuro Europa®

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