Venezia, il Futuro alla Biennale numero 56

Il 22 ottobre, presso Palazzo Ca’ Giustinian, si sono incontrati i rappresentanti di 53 Paesi partecipanti, per una Biennale d’Arte sempre più vicina. La 56° Biennale d’Arte, o meglio la 56° Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia (se la si chiama legittimamente, nessuno la riconosce), verrà inaugurata all’incirca un mese prima rispetto alla norma, con la vernice il 6, 7, 8 maggio e l’apertura al pubblico il 9 maggio. 81-82 padiglioni nazionali previsti, per una Biennale sempre più grande, e dunque nella ristrettezza crescente degli spazi; ma il numero degli artisti sarà ad ogni modo dimezzato, rispetto ai 300 della scorsa edizione. Il tema scelto dal Curatore Okwui Enwezor è All the World’s Futures (“Tutti i Futuri del Mondo”).

Il modello è sempre quello di 15 anni fa, adottato allora dal Direttore Paolo Baratta: ai 28 padiglioni dei Giardini ne sono stati aggunti ulteriori 28 con le Corderie dell’Arsenale e il Giardino delle Vergini (sempre all’Arsenale); ma il Tema ne permette una nuova lettura critica, una volta sedimentato il calcare della tradizione data da costruzioni permanenti in ambasceria dei soliti Paesi. Quest’anno la Biennale opera su se stessa l’autocritica, attraverso il Tema e 3 filtri ad esso relativi. Solo un’istituzione non commerciale, forse solo la Biennale d’Arte di Venezia, poteva mettersi in dubbio dal punto di vista economico e sociale.

Nel 1895, 120 fa, esordiva la prima edizione. Da allora l’Evento Lagunare ha da sempre offerto la più significativa vetrina artistica mondiale. A Venezia si può creare, mettersi in dubbio, mostrarsi, farsi ammirare e premiare. Questo aspetto è rimasto immutato, se non addirittura sempre più forte anno dopo anno. Lo scenario attuale vede in posizione di forza le case d’asta, a cui pure le gallerie commerciali si sono piegate; la Biennale, tronfia a ragione, ha resistito e non teme il rischio.

In questo solco si inserisce “All the World’s Futures”.  Lo stesso Enwezor spiega: “Le fratture che oggi ci circondano e che abbondano in ogni angolo del panorama mondiale, rievocano le macerie evanescenti di precedenti catastrofi accumulatesi ai piedi dell’angelo della storia nell’Angelus Novus. Come fare per afferrare appieno l’inquietudine del nostro tempo, renderla comprensibile, esaminarla e articolarla? I cambiamenti radicali verificatisi nel corso degli ultimi due secoli hanno prodotto nuovi e affascinanti spunti per artisti, scrittori, cineasti, performer, compositori e musicisti. Ed è riconoscendo tale condizione che la 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia propone All the World’s Futures, un progetto dedicato a una nuova valutazione della relazione tra l’arte e gli artisti nell’attuale stato delle cose”.

La lettura del filosofo e critico letterario Walter Benjamin (1892-1940) dell’opera di Paul Klee del 1920 offre la possibilità di riscattare nel presente la Storia passata, per quanto disastrosa. L’Angelo, volge il proprio sguardo sconvolto al passato, ma è sospinto dal vento della Storia verso il Futuro. Nella tempesta del tempo moderno, tra perpetua mercificazione e inautenticità, si presenta ancora la possibilità di congelare immagini dialettiche, “epifanie di senso”, che ci rivelano i processi generatori. L’immagine dialettica vive del suo perpetuo relazionarsi con l’altro da sé. Il filosofo, il pensatore, è il messia che deve essere capace di selezionare solo determinati oggetti, per redimerli, prelevandone il potenziale emancipativo, ossia la dimensione progressista della modernità, e arrivare alla tanto sospirata rivincita e affermazione.

Benjamin, ebreo tedesco suicidatosi in Francia per sfuggire alle grinfie dei nazisti, si associa alla strenua critica della società dei consumi marxiana. Difatti, Il Capitale di Karl Marx costituisce uno dei 3 filtri. I 4 libri verranno letti dal vivo in Inglese in versione integrale per l’intera durata dell’evento. Artisti, scrittori, filosofi e politici interverranno. Tra alienazione, plusvalore e rivoluzione sociale, nelle varie epoche, abbiamo vissuto sulla nostra pelle le letture del Capitale da parte di coloro che lo hanno letto per noi, quali Engles, Kautsky, Plekhanov, Lenin, Rosa Luxemburg, Trotsky, Stalin, Gramsci. Nel 2013 Massimiliano Gioni aveva preso come riferimento Il Libro Rosso di Carl Gustav Jung.

Sempre in relazione all’Angelus Novus, vediamo nel presente tutte le macerie geopolitiche nella conformazione-deformazione dei padiglioni nazionali, nella tutt’oggi anacronistica rappresentanza nazionale, che non rispecchia più la realtà presente. Ci aveva già pensato in un certo senso nel 2013 l’artista cileno Alfredo Jaar con la sua Venezia, Venezia all’Arsenale: in un’installazione meccanica il plastico dei Giardini, nella possibilità dell’annullamento, ciclicamente veniva sommersa dalle acque e riemergeva. Nel “giardino del disordine”, ulteriore filtro, spazio tanto metaforico quanto materiale, germoglieranno nuove sculture, nuove installazioni, proiezioni cinematografiche e soprattutto performance.

Non da ultimo, segue il filtro della vitalità sulla durata epica. L’esposizione come palcoscenico  permetterà l’esplorazione di progetti storici e antistorici, mediante gli interventi di artisti, cineasti, coreografi, performer, compositori e scrittori, invitati a esprimersi individualmente o in collaborazione. Sarà una drammatizzazione dello spazio espositivo come un evento dal vivo in continuo svolgimento.

Tutti questi filtri non offrono altro che l’opportunità di riflettere sull’attuale stato delle cose, il comunemente adottato status quo,  e sull’apparenza delle cose, oltre la quale sovente non si va ed è meglio non andare. Il presente e il passato non sono altro che due facce della stessa medaglia, la medaglia-Futuro.

©Futuro Europa®

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