
Italia delle Regioni
Aree interne: una Lettera aperta dei Vescovi italiani al Governo e al Parlamento. “Riteniamo che si debba ribaltare la definizione delle aree interne, passando da un’esclusiva visione quantitativa a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi”, segnalano i firmatari del Documento, tra cui monsignor Felice Accrocca, arcivescovo di Benevento e primo firmatario e il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
Significa incoraggiare esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali, incentivare il controesodo con misure economiche e fiscali, sviluppare smart working e co-working, agricoltura innovativa, turismo sostenibile, valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico, trasporti dedicati, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità e telemedicina. Il cardinale Zuppi: “No all’eutanasia di questi territori”. Questa la sintesi dell’appello di 139 cardinali e vescovi che chiedono a Governo e Parlamento di risollevare i territori periferici, indicando possibili misure.
Flavia Belladonna sul sito dell’Asvis Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile, cita l’esempio di Collalto Sabino, un paese di 370 abitanti, in provincia di Rieti. C’è il giornalaio, il parrucchiere, una scuola. C’è vita. Poi l’inverno demografico: la scuola chiude, perché due-tre bambine e bambini non bastano a tenerla aperta. Gli adolescenti si ritrovano soli, senza compagnia. I negozi abbassano le saracinesche, manca ricambio generazionale. I giovani adulti se ne vanno, i turisti non arrivano.
È la storia reale di Collalto Sabino, piccolo Comune della provincia di Rieti, ma anche di tanti borghi delle aree interne. Paesi rimasti soli, senza sostegni adeguati per contrastare lo spopolamento. Eppure, Collalto è anche una storia di rinascita, una delle tante storie di luoghi del nostro Paese che provano a reagire grazie all’impegno dei sindaci, delle pro loco, delle reti locali di cittadine e cittadini. Sono paesi che non vogliono sparire e che si sentono cuore vivo dell’Italia, un pezzo del Paese che non accetta di essere oggetto di un “accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”, come recita il Piano strategico nazionale delle aree interne del Governo.
Hanno dato voce a questo sentimento 139 cardinali e vescovi che nei giorni scorsi hanno firmato una lettera aperta al Governo e al Parlamento per chiedere un cambio di passo. Una sintesi delle proposte dei Vescovi: “Chiediamo che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne. Sollecitiamo le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese. Chiediamo altresì di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico”.
“Riteniamo, inoltre, che si debba ribaltare – continua la lettera aperta – la definizione delle aree interne, passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo – in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità – a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e coworking, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina. In questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore”.
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