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Cronache dai Palazzi

Essenziale è “il senso di unità nel ribadire l’obiettivo comune”, dove l’obiettivo comune è “una pace giusta e duratura” che può essere raggiunta attraverso “il mantenimento della pressione collettiva sulla Russia, anche attraverso lo strumento delle sanzioni”, ed ancora garantendo “solide e credibili garanzie di sicurezza, da definire in uno spirito di condivisione tra le due sponde dell’Atlantico”, ribadisce Palazzo Chigi.

I Paesi europei non appaiono allineati, e la Casa Bianca preme su questo punto. Emergono “visioni divergenti” tra i leader europei su come affrontare il conflitto, una certa “mancanza di unità” che “rende più difficile” raggiungere il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina. Gli Stati Uniti, a loro volta, in verità “non vogliono essere trascinati in una guerra dall’altra parte dell’oceano” e Donald Trump specifica che il “conflitto non è solo responsabilità di Biden, ma anche di Zelensky e di Putin, ed entrambi dovranno fare concessioni” per poter realizzare la pace. Gli Stati Uniti non sono inoltre disposti a continuare a sostenere finanziariamente programmi militari alle porte dell’Europa e al confine con la Russia. Tale spesa militare farebbe parte della cosiddetta “sezione 333” che deve essere approvata dal Congresso, ma l’amministrazione di Washington non sembra voler rinnovare l’impegno finanziario e i fondi già approvati saranno disponibili solo fino alla fine di settembre 2026. Con tale scelta la Casa Bianca mira a “rivalutare e riallineare” gli aiuti all’estero, una decisione “coordinata con i Paesi europei” finalizzata anche ad “assicurarsi che l’Europa si assuma una maggior responsabilità per la sua difesa”.

Palazzo Chigi conferma a sua volta il “no” italiano all’invio dei nostri militari in Ucraina e il “sì” per quanto riguarda le garanzie simil-Nato per Kiev ribadendo l’obiettivo di una pace “giusta e duratura”. L’intervento della premier Meloni al vertice dei volenterosi ha inoltre aperto al supporto di un eventuale cessate il fuoco con iniziative di “monitoraggio e formazione”. Come analizzato dal Financial Times sarebbero tre i gruppi emersi dal vertice. Il primo gruppo dei “no ai nostri militari a Kiev” al quale appartengono Italia e Polonia. Il secondo gruppo è invece quello dei “pronti a partire” con in testa la Francia e il premier britannico Keir Starmer auspicando però la collaborazione degli Usa, il cosiddetto backstop ossia la rete di sicurezza offerta dagli Stati Uniti, dato che i volenterosi europei avrebbero bisogno di essere sostenuti dall’altra sponda dell’oceano qualora venissero attaccati dalla Russia nell’ambito delle operazioni del dopoguerra in Ucraina. Il terzo gruppo”, il più cospicuo, è infine il gruppo dei “forse sì, forse no”, al quale appartiene anche la Germania. Posizioni diverse che costringono a difficili operazioni di equilibrismo. Il governo italiano rimane comunque fermo per quanto riguarda “l’indisponibilità dell’Italia a inviare soldati in Ucraina”.

La fine dell’aggressione russa sembra ancora molto lontana e ci si continua a difendere a suon di sanzioni. Putin ha anche invitato Zelensky a Mosca ma il presidente ucraino sottolinea che “l’invito a Mosca serve solo a fare fallire i negoziati”, nonostante nel contempo ammetta che “un incontro con Putin è necessario” e lo invita a recarsi a Kiev. In definitiva “per adesso, non c’è alcuna volontà russa di mettere fine alla guerra”.

L’Unione europea dovrebbe recuperare lo spirito costruttivo dei suoi inizi, quando a ridosso del Secondo conflitto mondiale ha costruito le sue basi sulle ceneri del nazifascismo, “realizzando un percorso straordinario di pace e di affermazione dei diritti; mettendo in comune aspirazioni e risorse, a partire da quelle, fondamentali per la ricostruzione dopo il conflitto: il carbone e l’acciaio”, spiega il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso rivolto alla platea del cinquantunesimo Forum Ambrosetti di Cernobbio. Il Capo dello Stato sottolinea che allora “l’Unione ha saputo scegliere una strada completamente nuova, impensabile appena qualche anno prima”, tantoché “basterebbe l’animo di quei tempi difficili per affrontare i temi di fronte ai quali siamo oggi”.

Il presidente Mattarella solleva degli interrogativi semplici e fondamentali: “È preferibile la pace o la guerra?” Ed ancora: “È possibile costruire un mondo in cui gli Stati non vengano contrapposti in nome di artefatti, presunti, interessi nazionali e, al contrario, collaborino per il benessere congiunto dei loro popoli?”. Elementi come “dignità, rispetto, futuro delle persone”, dovrebbero di certo prevalere sugli “interessi nazionali” ne, tantomeno, dovrebbero “essere oggetto, strumento, delle ebbrezze di potere di classi dirigenti”.

Nel corso degli anni “l’Unione Europea si è affermata come un’area di pace e di cooperazione capace di proiettare i suoi valori oltre i suoi confini, determinando stabilità, benessere, crescita, fiducia”, rimarca Mattarella. “Non ha mai scatenato un conflitto, non ha mai avviato uno scontro commerciale. Al contrario, ha agevolato intese e dispiegato missioni di pace. Ha contribuito a elevare standard di vita, criteri di difesa del pianeta. Ha promosso incontri e dialoghi e ha alimentato libertà nei rapporti internazionali, eguaglianza di diritti tra popoli e Stati: condizioni e causa di progresso”. Come può quindi l’Europa accettare un clima di guerra tutt’oggi? Nello specifico: “Come è possibile, su queste basi, che l’Europa oggi venga considerata da alcuni un ostacolo, un avversario se non un nemico?”.

In definitiva “c’è bisogno di istituzioni europee più forti, di volontà di governi capaci di non arrendersi a pericoli e regressioni che non sono ineluttabili”. Occorre inoltre essere consapevoli che “l’Europa, con i suoi traguardi di civiltà, è il testimone che possiamo, e dobbiamo, trasmettere alle nuove generazioni”, ammonisce il Capo dello Stato rimarcando che “la difesa della civiltà europea – tutt’uno con lo sviluppo della sua società e della sua economia – richiede il coraggio di un salto in avanti verso l’unità” e “tutti siamo chiamati a contribuire a questa impresa”, dato che “l’esperienza suggerisce che soltanto da uno stretto rapporto tra istituzioni e società civile, reciprocamente rispettoso, è possibile realizzare mete di progresso”.

“Tutti” sono “le forze imprenditoriali e quelle sociali, il mondo della cultura e la società civile europea”: tutti questi soggetti dovrebbero “avvertire la necessità e la responsabilità di sentirsi partecipi e costruttori” e non “spettatori inermi e intimoriti” da uno scenario di distruzione e di guerra diventato fin troppo scontato, purché devastante. In definitiva “il mondo ha bisogno dell’Europa”, ha sottolineato Mattarella, sia sul fronte militare “per ricostruire la centralità del diritto internazionale che è stata strappata” sia sul fronte economico “per rilanciare la prospettiva di un multilateralismo cooperativo” ed evitare, tra le altre cose, la guerra dei dazi che rappresenta un ulteriore conflitto.

“Siamo consapevoli che le ambizioni espansionistiche della Russia si estendono oltre l’Ucraina, ha sottolineato il commissario Ue Valdis Dombrovskis intervenendo al Forum Teha a Cernobbio. “Oggi l’Europa mantiene ogni vantaggio sulla Russia in termini di peso economico, tecnologia e popolazione. La priorità ora è far fruttare questi vantaggi ricostruendo le capacità difensive dell’Europa e sviluppando la nostra industria della difesa. Ciò – ha spiegato Dombrovskis – richiederà investimenti massicci e costanti e una forte cooperazione con i nostri alleati”.

Sul fronte interno via libera allo “scudo penale” per i medici, che diventano perseguibili solo in caso di “colpa grave”. “Circoscrivere, come stiamo facendo, la responsabilità penale dei sanitari non significa favorirne l’impunità”, affermano i due ministri della Giustizia e della Sanità titolari del ddl Nordio-Schillaci. Carlo Nordio e Orazio Schillaci spiegano: “Significa invece porli in condizione di operare con maggiore serenità, dedicandosi senza spreco di energie ai pazienti che necessitano di diagnosi e di cure urgenti ed efficaci”. Secondo i due ministri la norma permetterà in pratica di eliminare la cosiddetta “medicina difensiva”, ossia la pratica di richiedere esami in più per evitare di incorrere in cause molto spesso infondate.

Nel complesso la delega si incardina in una complessa riforma delle professioni sanitarie che mira alla sburocratizzazione del sistema e a contrastare le carenze di personale. “Sono previste misure di sostentamento alla carriera – ha affermato Schillaci – e la revisione di percorsi formativi con l’istituzione della Scuola di specializzazione per la medicina generale”. Sono previste inoltre “forme di lavoro flessibile per gli specializzandi nel Servizio sanitario e misure in favore del personale che opera in particolari condizioni di lavoro o in aree disagiate”.

Riordinate infine le professioni forensi e rinviate le novità per i commercialisti. “Il Consiglio dei ministri ha varato tre disegni di legge delega dedicati alle professioni sanitarie e alla professione forense”, ha sottolineato la presidente Meloni. Tre disegni di legge delega “legati da un minimo comun denominatore: restituire il giusto riconoscimento a una categoria di lavoratori per troppo tempo trascurata e considerata addirittura di serie B”.

Il Consiglio dei ministri ha inoltre dato il via libera alla riforma dell’Esame di Stato che dal 2026 si chiamerà di nuovo Esame di Maturità. Le novità riguardano soprattutto il colloquio orale, non si porteranno più tutte le materie ma ogni anno a gennaio il ministro annuncerà le quattro materie che saranno oggetto del colloquio, definite materie “caratterizzanti”. Italiano e matematica saranno materie presenti in tutti i percorsi; latino o greco per il liceo classico. Eliminata infine la prova iniziale (foto, articolo o testo) introdotta dalla riforma del 2017 con la quale il candidato iniziava l’esame e assumeranno una valenza maggiore i “percorsi di formazione scuola-lavoro”. Chi non sosterrà l’esame orale sarà sempre bocciato e le commissioni diventano più snelle dato che i componenti passano da sette a cinque. Il decreto prevede inoltre 15 milioni di euro per estendere l’assicurazione sanitaria integrativa anche ai docenti precari e 240 per il rinnovo del contratto; norme più rigide per quanto riguarda la sicurezza negli appalti delle gite e si prevede la stabilizzazione dei percorsi 4+2 negli Istituti tecnici.

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