L’inizio della fine del PCI

Sono passati quasi quarant’anni da un episodio della vita politica italiana che avrebbe avuto pesanti ripercussioni. Era il 12 giugno 1984 quando il decreto-legge elaborato dal primo Governo Craxi nel precedente febbraio, che aboliva quattro punti della scala mobile salariale, venne definitivamente convertito in legge.

La scala mobile era lo strumento che consiste nell’aumentare i salari all’aumentare dei prezzi per mantenere il potere d’acquisto dei lavoratori anche in caso di inflazione. Un taglio di quattro punti rappresentava quindi un colpo abbastanza sensibile sugli stipendi. In Italia la scala mobile è stata definitivamente soppressa mediante un protocollo all’epoca del primo Governo Amato nel 1992, ma negli anni Ottanta era uno strumento in uso e che generava un ampio dibattito politico.

Questa decisione del Pentapartito, il governo dell’epoca, provocò non poche conseguenze. La più grave è, sicuramente, l’assassinio di Ezio Tarantelli da parte delle Brigate Rosse. Il giuslavorista, che lavorò al provvedimento, venne considerato uno dei responsabili di quella decisione del Governo e, per questo motivo, venne ucciso dai terroristi il 27 marzo 1985.

Ma non fu l’unica ripercussione a livello nazionale. L’accordo per il taglio dei punti della scala mobile venne concordato dal Governo con l’appoggio di CISL e UIL ma non della CGIL che, insieme al Partito Comunista, con alla segreteria Enrico Berlinguer, avviò una campagna per un referendum abrogativo di quello che veniva definito l’accordo di San Valentino in riferimento alla data del decreto-legge poi convertito.

Il 24 marzo di quell’anno PCI e CGIL avevano fatto giungere a Roma centinaia di migliaia di persone per protestare contro il taglio in quella che è ricordata come la manifestazione che portò in piazza più di un milione di simpatizzanti. Le cifre probabilmente sono esagerate, ma le piazze erano piene e iniziò la campagna di raccolta firme per il referendum.

La campagna elettorale vide da una parte il pentapartito al governo, appoggiato da CISL e UIL, una minoranza della CGIL e Confindustria e, dall’altra parte uno strano schieramento che vedeva con il PCI, Democrazia Proletaria, il Partito di Unità Proletaria per il Comunismo e il Movimento Sociale Italiano di Almirante.

Nel mezzo di questa battaglia il PCI perse il suo leader. Berlinguer morì a Padova e chissà se l’esito del referendum potesse essere diverso. Forse il suo successore alla segreteria Alessandro Natta non aveva il suo carisma e le sue capacità aggregatrici. In ogni caso, il 9 e 10 giugno 1985 la maggioranza degli italiani rispose “no” alla domanda se volessero abrogare il taglio dei punti alla scala mobile.

Gli elettori premiarono Craxi che negli anni del rampantismo e dell’edonismo reaganiano, sembrava fosse in grado di risanare le finanze dello Stato e che si impegnò in prima persona nella campagna sostenendo che una vittoria del “sì” avrebbe avuto effetti traumatici sulla vita del Paese. Al suo fianco, oltre alla maggioranza, il segretario della CISL Pierre Carniti.

L’esito del voto ebbe effetti anche sulla sinistra italiana che, già orfana di Berlinguer, ma ancora euforica per il successo alle precedenti europee, si ritrovò a fare i conti con la bocciatura su un provvedimento importante e che rifletteva anche l’animo delle categorie di elettori a cui il PCI maggiormente si rivolgeva.

La decisione ostinata di intraprendere la via del referendum è stata, alla fine, un grave errore politico di Alessandro Natta e vide prevalere l’idea di Craxi, che riteneva i comunisti dei massimalisti ancora legati alle vecchie concezioni marxista-leniniste orma inattuabili e anacronistiche.

Sarebbe stato per il PCI un momento di fare una profonda riflessione in quanto il pensiero di Craxi era probabilmente corretto. Ma ciò che già non era avvenuto nel 1980, di fronte alla marcia dei quarantamila a Torino, anche nel 1984, il partito non si mosse dalle sue posizioni.

Forse all’epoca una attenta riforma e una presa di coscienza di un nuovo che era già avanzato, avrebbe avuto altri effetti sulla politica non solo italiana e permesso al vecchio PCI di trasformarsi realmente in una forza nuova e non di assistere allo sfascio attuale di ciò che ne è rimasto ma che, neppure sotto sotto, anela a vecchie glorie.

Il crollo del muro di Berlino vide la definitiva fine ad un’epoca che era probabilmente già terminata senza gloria.

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