Camera di Consiglio

SULLA NECESSITA’ DI CONFRONTARE LE REALI CONDIZIONI ECONOMICHE DEI GENITORI PER DETRMINARE L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI – Il caso in esame trae origine da una separazione tra coniugi. In particolare, il Tribunale assegnava alla moglie la casa familiare affinché vi vivesse con i figli, ponendo a carico del padre la corresponsione di un contributo mensile per il mantenimento dei figli, non riconoscendo assegno alcuno per la moglie.

La Corte d’Appello, a seguito di impugnazione, osservava che se vi era stato uno squilibrio fra le posizioni economiche delle parti, questo era venuto meno da quando la moglie aveva ottenuto l’assegnazione della casa familiare come genitore collocatario della prole, mentre il padre aveva dovuto prendere in locazione un immobile ad uso abitativo. Alla luce di ciò, la Corte D’appello escludeva che la moglie avesse diritto ad un assegno di mantenimento per sé, tenuto conto che la stessa, alla luce dell’età dei figli, avrebbe potuto lavorare a tempo pieno ed incrementare il proprio reddito, essendo, peraltro, laureata. Ricordava, inoltre, la Corte che la richiesta di un assegno di mantenimento da parte della donna non poteva porre a carico dell’altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione dello stile di vita matrimoniale, poiché in potenza quest’ultima sarebbe stata in grado di reperire una nuova e più remunerativa occupazione. Veniva, dunque, confermato quanto sancito dal Tribunale.

La donna proponeva ricorso per Cassazione, sulla base di vari motivi di censura, tra cui si segnala, per il caso che ci occupa, il lamentato omesso esame delle risorse patrimoniali conseguite dal padre a seguito dell’eredità percepita dopo la morte dei genitori.

Secondo la Suprema Corte la doglienza era fondata, poiché entrambi i genitori devono adempiere all’obbligazione del mantenimento dei figli in base alle proprie sostanze e, nel caso di specie, la Corte d’Appello era tenuta ad accertare il variare delle sue condizioni patrimoniali e reddituali, conseguenti al decesso del genitore, al fine di parametrare il contributo di mantenimento riguardo a queste nuove condizioni, questione che non era stata affrontata. Secondo la Cassazione, infatti: “Nella determinazione di tale contributo, non è affatto indifferente il variare delle condizioni reddituali e patrimoniali dei genitori, poiché a queste va direttamente ragguagliata l’entità del mantenimento, così da assicurare ai figli, per quanto possibile, anche in regime di separazione, un tenore di vita proporzionato alle possibilità economiche della famiglia”.

Pertanto, il rigetto del motivo di appello presentato sul punto dalla madre risultava viziato poiché così non giustificato: invero, dalla lettura della sentenza da parte della Corte distrettuale non venivano spiegati i motivi per cui i giudici distrettuali avevano negato l’aumento sollecitato dalla madre.

Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione rappresentava come fosse necessario un nuovo processo d’Appello al fine di “accertare il variare delle condizioni patrimoniali (ed eventualmente reddituali) dell’uomo conseguenti al decesso del suo genitore al fine di parametrare il contributo al mantenimento dei figli riguardo a queste nuove condizioni”.

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