Il Reichskonkordat tra Hitler e il Vaticano

Compie oggi novant’anni, ed è ancora in vigore, il Reichskonkordat, l’accordo tra l’allora Germania di Hitler e il Vaticano. Firmato il 20 luglio entrò in vigore proprio il dieci settembre del 1933. Le firme sono quelle del vice Cancelliere tedesco Franz Von Papen e l’allora cardinale Eugenio Pacelli, futuro Pio XII, il prelato incaricato da Pio XI per condurre le Trattative.

Pacelli era stato pochi anni prima artefice della conclusione dei Patti Lateranensi tra il Regno d’Italia e la Santa Sede nei negoziati. Egli fu il principale negoziatore per il Vaticano con il governo di Mussolini durante le trattative. Questo ruolo di negoziatore gli conferì una profonda esperienza nei rapporti internazionali e nelle questioni diplomatiche. Forse anche per questo venne delegato alla conclusione di un accordo con la Germania del neocancelliere Hitler, da poco giunto al potere.

Dopo avere infatti normalizzato i rapporti tesi con l’Italia fin dalla presa di Porta Pia, era necessario stabilire un certo grado di rapporti formali tra la Chiesa Cattolica e il nuovo regime nazista, il quale cercava di consolidare il suo controllo sul Paese.

Tra i punti chiave del Reichskonkordat troviamo la garanzia di libertà religiosa. Un punto essenziale in quanto veniva garantita la libertà religiosa per i cattolici tedeschi e il diritto di praticare liberamente la loro fede, mantenendo le istituzioni cattoliche come le scuole cattoliche e le organizzazioni ecclesiastiche.

Era poi ribadita l’indipendenza della Chiesa Cattolica in Germania, evitando interferenze del governo nelle questioni ecclesiastiche. L’accordo esentava le istituzioni cattoliche tedesche, come le scuole e gli ospedali, dalle tasse statali

Infine, venivano riconoscimento i diritti dei vescovi, e la loro autorità su questioni di fede e morale nella Chiesa, nonché la giurisdizione dei tribunali ecclesiastici sulla Chiesa Cattolica in questioni di fede e morale e la protezione dei sacerdoti cattolici e vietava il loro arresto o detenzione arbitrari da parte delle autorità statali.

Questo trattato era indispensabile tanto quanto lo era stato quello con l’Italia fascista e, ad onor del vero, era perlomeno dagli anni Settanta del secolo precedente. La Germania del Nord e la Germania orientale erano infatti profondamente protestanti e i cattolici erano sottoposti ad alcune forme di discriminazione fin dalla fine del XIX secolo quando la politica di Otto von Bismarck aveva cercato di limitare i poteri e i privilegi delle istituzioni cattoliche. Una volta salito al potere Hitler che iniziò a promulgare leggi restrittive nei confronti delle istituzioni religiose, il bisogno di un concordato parve più urgente.

Il Reichskonkordat fu oggetto di critiche e controversie all’epoca e negli anni successivi. Alcuni critici sostennero che la Chiesa Cattolica avesse accettato compromessi con il regime nazista e avesse evitato di affrontare direttamente le violazioni dei diritti umani e le politiche antisemite.

Già, infatti, il primo aprile 1933 medici, negozianti ed avvocati di origine ebraica avevano subito il primo boicottaggio e sei giorni dopo venne promulgata la legge di “ripristino dell’impiego nel pubblico servizio” che, di fatto, escludeva gli ebrei dall’impiego in ruoli al servizio dello Stato. Queste leggi significarono l’esclusione diretta ed indiretta da posti dirigenziali, che furono riservati viceversa ai tedeschi “ariani”. Da allora gli ebrei dovettero lavorare in posizioni umili e sottoposte, comunque, a persone non ebree.

Considerazioni che non vennero trattate nell’ambito dell’accordo che anche dopo la guerra, è stato oggetto di critica dato che alcuni hanno sostenuto che la Chiesa avrebbe dovuto rivederlo a causa del coinvolgimento con un regime responsabile di crimini contro l’umanità e violazioni dei diritti umani. Tuttavia, la Santa Sede ha continuato a rispettare l’accordo, riconoscendo l’indipendenza della Chiesa Cattolica in Germania e mantenendo i suoi rapporti con le istituzioni tedesche.

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