Il massacro di Uvalde

Dovremmo esserci abituati, ma ogni volta un nuovo massacro di innocenti negli Stati Uniti suscita l’orrore. Questa volta, l’eccidio di Uvalde (Texas) era particolarmente agghiacciante, perché colpiva diciannove bambini tra i 10 e i 13 anni e due insegnanti che avevano cercato di difenderli e perché l’assassino, abbattuto dalla polizia, non sembra avesse nessuna, seppur remota, motivazione ideologica.

Siamo abituati ai “suprematisti bianchi” che sparano nei supermercati frequentati da negri, nelle sinagoghe e nelle moschee. Sono cervelli malati, guastati dalla teoria circolante in paesi anglosassoni, del “replacement”, secondo cui è in atto una cospirazione di banchieri, ebrei e politici di sinistra per sostituire alla razza bianca ancora maggioritaria negri, arabi ed ebrei. Queste teorie sono fondate su libri di autori presunti seri e hanno molto credito nell’estrema destra americana (Trump compreso). Quando sento o leggo di una teoria cospirativa, sento i brividi, perché porta infallibilmente a conseguenze disastrose (vedi quella che negava il Covid e combatteva i vaccini). Ma il massacratore di Uvalde non credo vi si ispirasse. È vero che le vittime erano in grandissima parte “latinos”, cioè di provenienza sudamericana, ma anche lui, il massacratore, di nome Ramos, lo era. E allora? Penso che alla fine si concluderà, come sempre, con la tesi del pazzo isolato, che salva la coscienza collettiva, o al massimo si colpevolizzerà “il clima di violenza” alimentato da film e TV (tutti responsabili, quindi nessuno responsabile).

Ma resta una domanda inquietante: come poteva, un giovane – appena compiuti i 18 anni prescritti – comprare tranquillamente in un negozio due fucili mitragliatori d’assalto? Questa volta, nelle decine di occasioni precedenti, si sono levate le voci che da anni chiedono leggi restrittive per l’acquisto di armi. Intendiamoci, sono leggi molto, ma molto modeste, perché neppure da lontano giungono al divieto di armi, almeno di quelle da guerra, ma solo stabiliscono alcuni controlli e ritardi nelle vendite. Obama e i democratici hanno provato a farle passare nel Congresso, ma sono sempre stati, sistematicamente, bloccati dai repubblicani, benché i sondaggi mostrino che l’opinione pubblica è all’80% favorevole. Perché? La risposta formale è naturalmente nella Costituzione, che con il Primo Emendamento riconosce a tutti il diritto di portare armi. Ma la realtà è che la potentissima lobby dei fabbricanti di armi (riuniti nella “National Rifle Association”) condiziona con i suoi finanziamenti e la sua capacità di propaganda un buon numero di parlamentari repubblicani e che quelli che hanno base nel sud (ove risiede almeno una forte parte di quegli americani che sono visceralmente attaccati al diritto di andare armati) temono di perdere le elezioni se appoggiano qualsiasi provvedimento limitativo, vedendolo come una indebita ingerenza dello Stato nella loro libertà.

La NRA e la destra giocano da sempre e con successo su questo sentimento. Anche dopo il massacro di Uvalde, dopo aver ipocritamente manifestato cordoglio per le vittime e le loro famiglie, sono subito venuti fuori gli argomenti standard: “people kill people, not weapons” (la gente, e non le armi, uccide gente), ridurre il porto di armi sarebbe solo un vantaggio per i delinquenti, che di armi possono sempre rifornirsi, etc. etc. E qualcuno ha tirato fuori la teoria che per proteggere le scuole, esse dovrebbero essere dotate di guardie armate e gli insegnanti dovrebbero essere muniti di armi e addestrati a usarle. Quindi, non meno, ma più armi in circolazione.

Tra poco si terrà a Houston, nel Texas, la convenzione annuale della NRA. Molti politici, tra cui il Governatore del Texas e il suo vice, per decenza hanno fatto sapere che non saranno presenti e i musicisti che dovevano esibirsi hanno dato forfait. Ma Trump non si è finora disdetto, né senatori oltranzisti come Ted Cruz (che aspira a succedergli come candidato repubblicano alla Presidenza). E si può star certi che si sentiranno ripetere gli stessi argomenti, le stesse scuse, le stesse ipocrisie.

L’Europa civilizzata guarda a questo dibattito con sconcerto, ma non ci si illuda: la forza della lobby, unita agli interessi elettorali della destra, continuerà a opporsi a qualsiasi limitazione a una circolazione di armi, anche da guerra, che nella maggior parte nel mondo è severamente controllata.

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