No Green pass, il potere perverso della Rete

Poche decine o qualche centinaio di contestatori in piazza; nella manifestazione di Milano, quella che leggendo le cronache sembra sia stata la più affollata, quattromila persone. Ufficialmente contro il Green pass, erano presenti anche No vax e No mask. Insomma, una parte della galassia del NO che si muove intorno a tre categorie di pensiero che si sono sviluppate online e che trovano il loro ceppo di origine nel Covid. In alcune occasioni le foto mostrano due o tre persone che cercano di farsi notare; altre volte siamo giunti vicino allo scontro fisico. Minacce a giornalisti e anche a imprenditori che chiedevano il Green pass per l’ingresso dei dipendenti nella loro azienda. Green pass equiparato a sistema dittatoriale peggio del nazismo e Kabul, dove sembrerebbe non vengano effettuati i vaccini, come ideale di libertà. Meglio non commentare.

Che cosa hanno in comune questi gruppi? Che cosa li unisce? Quale è il filo logico? Il niente. Semplicemente una posizione, quasi sempre demagogica e mai scientifica, aggiunta a una banale rabbia e, leggendo chi si lancia in spiegazioni di natura psicologica, insoddisfazioni se non frustrazioni. Basta vedere i loro interventi, le risposte ai giornalisti (tutti parte del complotto e asserviti ai padroni), i commenti sulle cause farmaceutiche (big pharma che inietta G5 e grafene che uccidono e rendono sterili) e il pensiero sui governi (tutti membri della strategia che porta ad una dittatura peggio di quella nazista, troppo a sproposito evocata). Non parliamo poi dei commenti sui social nei quali ci garantiscono che i vaccinati moriranno tutti in tre, due, un anno anzi mesi, ma siete ancora vivi?

Il fenomeno, tuttavia, deve essere valutato sotto una diversa prospettiva. Ed ecco che diventa ancor più allarmante e deve essere analizzato anche nel lungo termine. E non si parla solo di questa occasione, ma del futuro. Questi gruppi non hanno leader, non hanno coordinamenti, non esiste un interlocutore con cui poter dialogare. Le loro forme di ritrovo sono abbastanza occasionali, si organizzano sulla Rete e vi si possono aggregare portatori di idee diverse. Per accedere basta essere in possesso di uno smartphone e decidere di seguire il monologo farneticante del primo folle che scrive “Io conosco la verità che vi vogliono nascondere”.

Risultati? Ad oggi persone fermate con armi e il manifestato proposito di versare benzina sulle forze dell’ordine e dargli fuoco. Il sistema ideale per alcuni di loro. Chiediamo a noi stessi, e se lo chieda chi ha il dovere di tutelarci, cosa potrebbe accadere se questi messaggi giungessero a chi deciderà di prenderli sul serio? Mi sembra che siano abbastanza frequenti le notizie di squilibrati che, in attesa di TSO, uccidono un congiunto o rivolgono la loro follia verso una categoria scelta tra le tante che, ogni giorno, ricevono attacchi in rete o nella realtà.

Adesso stiamo parlando del caso specifico no green pass, ma da questo ad altre situazioni il passo potrebbe essere breve. Abbiamo visto macelli attaccati da vegani e animalisti; negli Stati Uniti vi sono stati attacchi a cliniche che praticavano aborti. Possiamo dire che, negli episodi più violenti, si può ravvisare nella maggior parte dei casi, la follia di un singolo; ma che cosa potrebbe accadere se si radunasse in piazza una folla non coordinata e che non risponde ad alcuna logica? Che cosa potrebbe accadere se qualcuno, magari il soggetto che “poi” verrà scoperto già con gravi problemi psichici, decidesse davvero di dar fuoco a qualcuno? Ricordiamo cosa accadde in Piazza San Carlo a Torino a causa del panico scatenato da alcuni ragazzini che, per commettere un furto, spruzzarono spray urticante. I messaggi online dei “contestatori” sono chiari e non possono essere sottovalutati.

La Rete è un oceano immenso di opportunità, ma anche di occasioni che ben possono generare pericolo e non solo. Tutte queste possibilità sono in mano di chiunque, senza controllo alcuno, con poche possibilità di intervenire con anticipo e di fermare chi ben potrebbe dire che “era solo una provocazione”.

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