Cronache dai Palazzi

“Le previsioni della Commissione indicano un aumento del Pil quest’anno in Italia e nell’Ue del 4,2%. Credo che queste stime verranno riviste al rialzo anche in maniera significativa”. È stata questa la sintesi di Mario Draghi all’Accademia dei Lincei, dove ha ricevuto il premio “Antonio Feltrinelli” alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dei presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Elisabetta Casellati.

Il premier ha tenuto una lectio magistralis durante la quale ha evidenziato un certo ottimismo per la ripartenza del Paese, ammonendo però di non abbassare la guardia di fronte alla pandemia che a causa delle varianti – in particolare la variante Delta – non si può dichiarare alle spalle. Draghi ha inoltre ribadito la necessità di non bruciare l’occasione dei finanziamenti europei e della politica monetaria piuttosto espansiva forse non facilmente replicabile, che potrebbe essere un trampolino di lancio per raggiungere una crescita sostenuta anche con il sostegno di riforme  opportune e investimenti appropriati.

“L’economia e l’istruzione sono ripartite – ha affermato Draghi –. Dobbiamo però essere realistici. La pandemia non è finita”. E anche quando la situazione si potrà giudicare fuori pericolo “avremo a lungo a che fare con le sue conseguenze”. Il primo problema da affrontare riguarderà il forte debito pubblico, “argomento al centro della mia lezione”, ha detto il premier Draghi. In Italia il debito aumenterà dal 135% al 160% al quale si aggiungerà un incremento “consistente” del debito privato. Tutto ciò sembra essere il prezzo che l’Italia come altri Paesi piuttosto avanzati dovranno pagare per aver supportato imprese e lavoratori, cercando di evitare “un’ondata di fallimenti e una depressione profonda”.

L’ex presidente della Bce ritiene che per poter parlare di crescita occorra continuare a sostenere una politica espansiva di bilancio, nel frattempo è necessario però “raggiungere tassi più elevati e sostenibili che non prima della pandemia” sia per creare occupazione sia per riassorbire l’ingente debito pubblico. In sostanza, “è sufficiente incrementare il tasso di crescita strutturale di 1-1,2 punti per coprire il costo del debito degli ultimi due anni”. Per raggiungere l’obiettivo è comunque necessario rafforzare la produttività  e, in quest’ottica, assumono un’importanza rilevante le riforme per “ricreare un clima di fiducia tra Stato e imprenditori, perché i privati scelgano di investire in Italia”.

Per il ministro dell’Economia, Daniele Franco, le politiche monetarie e di bilancio dovrebbero “restare accomodanti per tutto il tempo necessario ad alleviare le conseguenze sociali della pandemia”, mirando a “riportare il Pil e l’occupazione a livelli pre-crisi e a tornare sulle traiettorie di crescita di prima della crisi”.

Occorre chiarire comunque che “non c’è una soluzione unica per tutti”, in quanto le prospettive economiche risultano migliori in alcuni Paesi avanzati mentre “alcuni Paesi emergenti e la maggior parte dei Paesi a basso reddito sono in ritardo”. In definitiva, spiega Franco, “possiamo concordare sull’idea che, man mano che la situazione epidemica migliora, il sostegno delle politiche di bilancio dovrebbe spostarsi dalla reazione immediata alla crisi al sostegno alla crescita. Ovviamente, ad un certo punto in futuro i livelli di disavanzo andranno ridotti, e anche i livelli di incidenza del debito sul prodotto dovranno tornare a scendere significativamente e gradualmente”. Per il ministro dell’Economia “una politica di bilancio prudente nel medio termine, insieme alla crescita, permetterà ai nostri Paesi di ridurre il debito in rapporto al Pil”. Occorre però “sostenere le economie fin quando non saremo in sicurezza”, in quanto l’obiettivo principale deve essere l’uscita da questa terribile recessione.

Per far sì che tutto ciò si realizzi “la politica economica dovrebbe diventare sempre più mirata a sostenere settori, categorie, famiglie o cittadini in difficoltà”. La “selettività” potrebbe rivelarsi un criterio essenziale “per poi concentrarci su quegli strumenti che ci permetteranno di crescere a un ritmo stabile dopo Covid. Dobbiamo raggiungere un tasso di crescita continuo e significativo, dopo aver eliminato gradualmente le politiche introdotte durante l’emergenza”, secondo Franco.

Nella sua lezione magistralis Mario Draghi ha inoltre scisso il debito “buono” dal debito “cattivo”, quest’ultimo in particolare si concretizza quando “le risorse vengono sprecate” e a proposito delle risorse in arrivo dall’Europa rappresentano un’occasione unica per l’Italia. “Il nostro Paese è il principale beneficiario” con oltre 190 miliardi di euro a disposizione tra prestiti e investimenti e circa 30 miliardi di fondo complementare. “In altri termini, in altri Paesi europei hanno tassato i loro cittadini per poter dare denaro a noi”, ha affermato Draghi, quindi l’Italia deve impegnarsi al meglio per quanto riguarda un oculato impiego delle risorse. Ovviamente le politiche monetarie non potranno essere espansive per sempre anche perché i tassi sono già a livelli minimi.

Le politiche di bilancio dipendono dalla capacità dei singoli Stati e dalla loro credibilità sui mercati, anche per evitare eventuali impennate dello spread. In definitiva “per l’Italia questo è un momento favorevole” da non bruciare.

“È importante evitare che la combinazione di debito elevato e profitti più deboli, soprattutto nei settori più duramente colpiti dalla crisi, porti a insolvenze di aziende redditizie nel medio termine”, ha affermato a sua volta la presidente della Bce, Christine Lagarde, in quanto “ciò potrebbe aumentare il costo sociale ed economico di questa crisi e “aumentare la rischiosità nei portafogli delle banche”, ha ammonito Lagarde ricordando che non è il tempo di abbassare la guardia: la ripresa inizia a manifestarsi ma occorre evitare il rischio di una valanga di fallimenti tra le imprese.

Per la presidente Lagarde i rischi maggiori dipendono dalle fragilità collegate al debito delle imprese non finanziarie: “Queste vulnerabilità devono essere attentamente monitorate dalle banche, da tutte le autorità di vigilanza, sia a livello micro che macro e soprattutto dai governi”. Per quanto riguarda le banche “la priorità è riflettere pienamente il rischio di credito nella classificazione dei prestiti e nell’accantonamento in modo tempestivo”. Mentre per le imprese non redditizie “i governi dovrebbero garantire l’applicazione di procedure di insolvenza efficienti”. Non a caso tra le riforme presenti nel Pnrr vi è anche quella che riguarda i meccanismi di insolvenza.

Nel breve e medio termine il ministro dell’Economia Franco ritiene comunque inopportuna “una stretta prematura della politica di bilancio in Europa, che rischierebbe di inficiare l’impulso alla crescita indotto da Next Generation EU”. L’emergenza provocata dalla pandemia è senza precedenti quindi “sospendere le regole è stato giusto. Quando finalmente supereremo la crisi saranno ripristinate – ha chiarito il ministro dell’Economia italiano – e discuteremo se le regole saranno le stesse di prima o andranno modificate”.

Nel nostro Paese per quanto riguarda le risorse economiche a disposizione nel breve periodo, dopo la sospensione del cashback per il secondo semestre del 2021 – come deciso dal presidente del Consiglio Mario Draghi – si stimano circa 3 miliardi a disposizione che le varie realtà suggeriscono di destinare all’una o all’altra causa. La Confindustria ha condiviso la decisione del premier e mira ad utilizzare le suddette risorse “per altre coperture”. Il Forum delle associazioni familiari, dopo aver ottenuto l’assegno unico per i figli, chiede  ulteriori fondi per potenziare il sussidio destinato ai genitori. “Tra i contributi alle partite Iva e il cashback avanzano ora 7 miliardi che noi proponiamo di investire sull’assegno unico universale che partirà dal 1° gennaio 2022”, ha affermato il presidente del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo. Le risorse in più potrebbero però essere impiegate anche per la riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro, per realizzare le quali l’esecutivo deve ancora reperire alcuni miliardi di euro.

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