Duilio Pizzocchi: dal Costipanzo Show a Zelig

Duilio Pizzocchi (Maurizio Pagliari) nasce a Bologna nel 1957 e fin da bambino mostra propensione alla battuta, allo scherzo ed a ogni forma di divertimento. Già a vent’anni comincia a frequentare le Radio e le TV dell’Emilia-Romagna partecipando a programmi umoristici; nascono qui le prime “macchiette”: Duilio Pizzocchi, imbianchino ferrarese che vive in un mondo di barzellette. Poi arriva “Cactus”, tipico frickettone molto in voga negli anni ’80, il classico tipo che vive alla giornata, sempre a caccia di prestiti, furtarelli e prodotti stupefacenti. Per parodiare le tante maghe e chiromanti presenti nelle TV private nasce “Donna Zobeide”, che, pur proponendo sistemi divinatori assurdi, trova credito tra i radio ascoltatori. Nei primi anni ’90 arriva anche “Ermete Bottazzi”, camionista ferocissimo e spietato, sempre lanciato, a tutta velocità, sulle strade d’Italia coi suoi “carichi improbabili”. Dello stesso periodo è anche “La Novella”, vecchietta acida e menagramo che, dopo un lungo periodo di gestazione radiofonica trova spazio anche sul palcoscenico. Altri personaggi, che raramente vengono proposti dal vivo, sono “Eddy Collante”, mafioso italo-americano, “Stefano Pedrazzi”, stilista gay, “Mefistocchi”, manifestazione demoniaca dello stesso “Duilio” e altri che proprio non mi ricordo… Con questo corredo “Duilio” agisce nelle TV locali e, più raramente, in quelle nazionali (Maurizio Costanzo Show – Zelig) portando in giro il suo spettacolo di cabaret nelle più disparate situazioni: Teatri, Conventions, Locali, Feste di Piazza, etc… Nel 1992 fonda, insieme a degli amici, il “Costipanzo Show”, varietà comico tuttora vitale in cui trova particolare sintonia col “Poeta Romagnolo Giuseppe Giacobazzi” con il quale propone spesso esibizioni in duo.

Duilio Pizzocchi, uno dei famosi comici bolognesi e italiani, come succede di decidere di intraprendere questa carriera?

Ah, a dire il vero non si decide, io ero già un somaro a scuola, da questo punto di vista, alle elementari mi divertivo già a inventare storie, raccontare barzellette, costruire scherzi, mi piaceva già allora fare ridere. Una predisposizione naturale insomma, che per fortuna è poi diventata una professione, tanto la mia indole non sarebbe certo cambiata. Come si dice a Bologna, “fare al cretén o fer al stopid”.

Mi ricordo, oramai tantissimi anni fa, uno spettacolo notturno su Rete7 con Gilberto Rivelli, dove facevi un esilarante personaggio, “l’imbianchino”.

Sì, non è stato il primo invero, ancora prima facevamo una specie di ‘Striscia la notizia” prima che questa esistesse, avevo inventato questo personaggio tedesco, Franz Kunz, che leggeva notizie in un tedesco maccheronico. Non credo si trovino notizie di questo attualmente. Poi su Radio 101 facevo uno spettacolo comico che si chiamava “Il pernacchione”. Aggiungevamo a questo, trasferte fuori città come a Tele Romagna. L’imbianchino è stato il personaggio di maggiore successo allora, questo ferrarese che entrava in scena con la scusa di dovere dare di bianco, o stuccare un muro, altrimenti rifare un pavimento, interrompendo il programma in corso. Era un personaggio di rottura ispirato alla storica trasmissione “Alto Gradimento”. Così vestito da imbianchino irrompevo e cominciavo a raccontare storie e gag.

Un personaggio che poi è sparito dagli spettacoli seguenti mi pare, è un modo anche per rinnovare il proprio repertorio?

Beh, poi mi sono immedesimato in vari personaggi, prendendo spunto da eventi e momenti della vita reale, come Donna Zobeide cui mi ispirai da tutte le cartomanti che allora infestavano le tv private. Eddy Collante, un mafioso italo-americano che proponeva dei lavori particolari, tipo ospitare una persona che nel corso della scena si capiva essere un rapito.

Possiamo dire che esiste una scuola bolognese della comicità, visto il numero dei comici prodotti, o comunque presenti nell’orbita bolognese?

Fino a un certo punto direi, noi del Costipanzo, con Giacobazzi e Balasso per dire, non avevamo contatti con il giro del Gran Pavese, ovvero Vito, Patrizio Roversi e Siusi Blady, i Gemelli Ruggeri, Malandrino e Veronica, non ci conoscevamo nemmeno. Facevamo cose diverse, sono stati due rami che si sono evoluti assieme, ma in modo autonomo. Poi è capitato, ma solo negli ultimissimi anni, di fare cose assieme.

Il Costipanzo Show è diventato qualcosa di iconico, a parte la programmazione annuale, mi ricordo la data del 26 dicembre, una sera in cui è difficile portare fuori chiunque, che era un appuntamento fisso al Teatro Celebrazioni sempre sold-out.

Era sempre tutto esaurito, avremmo potuto farne due, il 26 era una sorta di celebrazione. Conta che il prossimo anno lo spettacolo compie i 30 anni e lo portiamo ancora in giro, non più con la frequenza di una volta, ma una decina di date all’anno le mettiamo in scena.

Per questo trentennale avete in mente qualcosa di particolare?

Una réunion con tutti i volonterosi la faremo di sicuro.

Poi sei arrivato anche sul palco di Zelig, ai tempi in cui faceva 20.000.000 di spettatori, quello storico.

Sì, poi traslocò agli Arcimboldi, Giacobazzi continuò, io meno, Balasso ebbe tanto successo. Il buffo è che conobbi Paolo Cevoli, con cui ho fatto tantissime serate in coppia, ma non è mai venuto al Costipanzo Show per un motivo o per l’altro. Questo malgrado il centinaio e passa di personaggi passati con noi, da Nilla Pizzi a Novello Novelli, Henghel Gualdi, Fantoni, Cacioppo.

Ho notato negli anni e nei tanti comici conosciuti di persona, che fuori dal palco e dalla scena, sono uguali di persona come se il personaggio interpretato corrispondesse alla persona reale, sei d’accordo?

Io credo che, a parte alcuni casi, che il cabaret sia differente dal teatro comico. Quando la commedia comica è scritta bene, con modi e tempi giusti, la possono interpretare indifferente Gigi e Andrea piuttosto che Ficarra e Picone. Il cabaret è invece così com’è, gli attori sono come nella vita reale, vale per me, per Cacioppo, Balasso, Giacobazzi, andiamo sul palco a raccontare le nostre cose, pur usando dei personaggi come interpreti. Anche se porto sul palco Cactus o Il Frikkettone o il camionista, sono sempre io che racconto le mie esperienze personali. Un testo di Cevoli interpretato da me non funzionerebbe bene alla stessa maniera, nella commedia conta molto il copione, nel cabaret devi essere te stesso.

Con Giuseppe Giacobazzi avete fatto un duo particolarmente riuscito.

Con Giuseppe ci conosciamo da oltre 40 anni, lui lavorava in una radio di Lugo, io a Radio Bologna 101, ci conoscemmo in un locale di Bologna che frequentavamo entrambi. Quando iniziai ad andare nei programmi televisivi lo portai con me e poi finimmo a lavorare assieme al Costipanzo. Lui aveva le sue poesie in una carpettina e ogni settimana ne aggiungeva. Tutti i giorni continuiamo a fare radio assieme su Radio Italia Anni ’60 dove mettiamo in onda “Il manicomico”, ma basta dare il la alla battuta e questa arriva, non abbiamo certo bisogno di metterci più tanto d’accordo, ci intendiamo a occhi chiusi, come si dice.

Giuseppe mi raccontò vari aneddoti dei vostri tempi storici in locali e luoghi da battaglia, ne hai qualcuno da aggiungere?

Anche di più recenti, andiamo a Tamara in provincia di Ferrara, lì troviamo un microfono con trasmettitore che non funzionava, allora dico: “Ma forse le pile sono scariche”. “Ma va là PIzzocchi, le pile le abbiamo messe nuove questa mattina”, mi rispondono. “Vabbè”, dico, “guardiamoci”. Insomma, le pile erano così nuove da essere ancora dentro il cellophan. Un’altra volta siamo a Lido Adriano, arriviamo e vediamo questo palco perfetto, tutto nuovo, iniziamo a cercare dove attaccare la corrente e non troviamo la presa elettrica. Chiamiamo l’addetto dell’organizzazione e glielo facciamo presente, questo risponde: “Ma scherza? Abbiamo 8.000 watt”. Al che rispondo: “Avrete anche 8.000 watt, ma manca dove attaccarsi”. Allibito questo vede che davvero manca la presa e ci chiede se abbiamo una prolunga, ma ci voleva da 80 metri… non ricordo nemmeno come abbiamo risolto poi… (risate)

Accennavamo ai tuoi personaggi classici, quindi le ispirazioni ti vengono dalla vita quotidiana?

Certamente, la nonna perché mia madre aveva un negozio di casalinghi a Borgo Panigale, lì venivano queste vecchine che non compravano quasi nulla, ma mentre io facevo i compiti le sentivo raccontare tutte le storie e i pettegolezzi da quartiere. Il camionista Ermete Bottazzi è nato dal fatto che mio padre faceva il camionista, ecco il personaggio burbero e un poco distruttore. Il Frikkettone viene da un’osteria in fondo alla Birra dove andavo con Giacobazzi e piena di questi personaggi dalla voce roca e dai modi improbabili. Così la chiromante, come raccontavo prima, viene da quelle che passavano in televisione, poi ci ho messo parrucca bionda e ammenicoli vari, ma l’idea è venuta da lì.

Bene, sperando che tutto riprenda come si deve, progetti futuri? Un nuovo spettacolo?

Intanto ho già fatto due serate al Teatro Dehon presentando un nuovo personaggio ispirato al covid. Sono uscito sul palco con la mascherina, ho fermato l’applauso iniziale tirando fuori il termometro, il saturimetro, il disinfettante, e ho cominciato a raccontare tutte le storie legate a questo anno mezzo. Dall’uomo solo in auto con cappello e mascherina a quelli che non riconosci perché sono mascherati. Ho tirato fuori il fatto che andando avanti con l’età l’unica cosa che continua a crescere sono il naso e le orecchie, quindi gli umarells come me girano con il naso fuori dalla mascherina. Un altro personaggio che ho in lavorazione è il punk sessantenne che non si rassegna al passare del tempo e continua a vivere con la cresta.

Ottimo, lo aspettiamo allora, altre novità prima di chiudere ci sono?

Ho scritto un librino, “A sipario chiuso, risate fuori scena”, oltre una ventina di racconti per più di un centinaio di pagine. Stava andando molto bene, li vendevo a fine spettacolo, ora spero di ricominciare, ma intanto ho scoperto che ne sono andate via molte copie tramite Amazon, persino in luoghi dove non pensavo mi conoscessero.

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