Cronache dai Palazzi

Rassicurare genitori e insegnanti e riaprire le scuole in sicurezza il 14 settembre. Sono questi gli obiettivi principali del Comitato Tecnico Scientifico di concerto con il Ministero dell’Istruzione, nonostante le divergenze ancora esistenti tra Regioni e governo soprattutto per quanto riguarda l’uso delle mascherine in classe, la necessità di nuovi spazi, l’assunzione di personale docente e non docente, il trasporto pubblico da organizzare al meglio garantendo ad esempio un maggior numero di corse e allungando gli orari di punta. “Se non si interviene chiarendo i limiti delle capienze, sul trasporto locale si rischia il caos”, ha affermato il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. Circa il 30 per cento degli studenti, in particolare delle scuole superiori, utilizzerà il trasporto pubblico locale.

Alcune Regioni vorrebbero far viaggiare i bus a capienza normale ma il Ministero della Salute ha chiarito che non sarà possibile. “Abbiamo sollecitato l’esecutivo ad una comune assunzione di responsabilità per una decisione condivisa che consenta la completa funzionalità dei mezzi pubblici”, ha chiarito Bonaccini.

In sostanza se i bus potranno garantire un buon ricambio di aria, filtri dell’aria certificati, e dispositivi di distanziamento tra le teste dei passeggeri, la capienza potrà passare dall’attuale 50 per cento al 70-75 per cento. Gli Enti locali hanno inoltre chiesto 200 milioni di fondi aggiuntivi per affittare nuovi mezzi e per pagare eventualmente il personale straordinario.

Per quanto riguarda invece l’assunzione di nuovi docenti il Mef ha autorizzato circa 85 mila assunzioni ma i sindacati sono scettici per mancanza di personale disponibile, in quanto in balìa dell’emergenza sanitaria magari non tutti coloro che saranno chiamati ad insegnare saranno disponibili a trasferirsi in un’altra regione. Palazzo Chigi ha comunque garantito che saranno circa 70 mila tra insegnanti e operatori assunti a tempo determinato per fronteggiare l’emergenza Coronavirus.

“O le mascherine o un metro di distanza”, ha affermato il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, anche se la misura risulta difficilmente applicabile per l’intera giornata di lezione, soprattutto per quanto riguarda i bambini della Scuola primaria. Le Regioni sarebbero in pratica d’accordo per l’uso delle mascherine all’interno degli spazi comuni e durante gli spostamenti ma non quando si è seduti al banco. Ed ancora, disinfettante obbligatorio per tutti e test sierologici facoltativi per gli insegnanti. Si prevedono inoltre campagne per la vaccinazione influenzale anche per i ragazzi e coloro che hanno raffreddore e tosse dovranno rimanere a casa. Nel frattempo i presidi hanno ricevuto un vademecum di 25 pagine per sapere come gestire l’emergenza contagi, e magari come poter prevenire eventuali condizioni di rischio. Ogni istituto dovrà istituire un referente Covid che dovrà gestire i casi di contagio all’interno delle singole classi monitorando le assenze. Il pediatra e il medico di famiglia saranno invece importanti punti di riferimento. L’obiettivo principale è intercettare e contenere i casi prima che si creino dei focolai.

Dubbi anche a proposito delle mascherine di tessuto. Sul tema è a lavoro un gruppo di tecnici ministeriali e scienziati il cui obiettivo è produrre un documento già nei prossimi giorni per decidere se bambini e ragazzi dovranno indossare la mascherina chirurgica o se magari potranno indossare anche la mascherina di stoffa del loro supereroe preferito o della propria squadra del cuore. Il governo ha comunque comunicato che saranno 10 milioni le mascherine chirurgiche messe a disposizione delle scuole italiane, ogni giorno, per docenti e studenti.

Da Palazzo Chigi il premier Conte ha invitato tutti i Ministeri a collaborare perché la riapertura delle scuole non è solo responsabilità del ministro dell’Istruzione. In definitiva “riaprire le scuole è un’assoluta necessità anche se potrebbe portare ad un lieve incremento dell’indice di trasmissione del contagio – ha affermato il coordinatore del Cts Agostino Miozzo -: ce lo aspettiamo, come sta avvenendo all’estero”. Per quanto riguarda i test sierologici per gli insegnanti non saranno obbligatori ma “io li avrei resi obbligatori”, ha dichiarato Miozzo in audizione alla Camera, “per la tranquillità loro e di chi sta loro intorno: per un senso di responsabilità”. Si tratta comunque di  “una procedura invasiva che deve avere un percorso normativo”, ha sottolineato il coordinatore del Cts rimandando la questione al Parlamento. Per quanto riguarda la misurazione della febbre a scuola, invece, potrebbe rivelarsi complicato sia per i tempi necessari allo svolgimento dell’operazione all’ingresso ogni mattina, sia perché dovrebbe essere assunto personale aggiuntivo e acquistati molti apparecchi per tutte le scuole. La misurazione della temperatura rimane quindi affidata ai genitori prima di uscire di casa. Infine tra gli insegnanti non sono pochi i cosiddetti “lavoratori fragili”, tra cui i soggetti con patologie, gli immunodepressi o semplicemente coloro che hanno oltre 55 anni. Nel 2019 tra i 730 milioni di insegnanti di ruolo coloro con più di 54 anni erano oltre 300 mila. In questo modo, nonostante il personale aggiuntivo previsto, molte cattedre potrebbero rimanere senza insegnante e si prevede quindi un surplus di supplenti, circa 250 mila. Molti docenti del Sud per paura di nuovi lockdown potrebbero ad esempio rifiutare il trasferimento al Nord. In pratica, secondo i sindacati sarebbero andate a buon fine non più del 30 per cento delle assegnazioni di nuove cattedre. Per ora mancano comunque le indicazioni su cosa fare e anche la chiarezza riguardo alle patologie in funzione delle quali alcuni lavoratori potrebbero essere definiti “fragili”. In un comunicato il Miur spiega che “sono in corso specifici approfondimenti” ma nel contempo auspica di “evitare allarmismi”. Con le Regioni “abbiamo condiviso un documento importante, quello dell’Istituto superiore di sanità in cui c’è una parte dedicata ai lavoratori fragili. È chiaro che se ci fossero lavoratori a rischio, nostro compito sarebbe di garantirli il più possibile”, ha sottolineato la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina difendendo docenti e personale Ata.

Su un altro fronte il leader pentastellato Luigi Di Maio ha affermato: “Siamo pronti a votare una nuova legge elettorale già prima della fine dell’estate”, in fondo la riforma è parte di un “patto” di governo e in vista del referendum di settembre assume un ulteriore significato. “Anche il Pd ha votato la riduzione di 345 parlamentari”, ha sottolineato Di Maio aggiungendo che non si tratta di una riforma del M5S “ma di tutti. Se ne parla da 30 anni ed è ora di cambiare passo”. Il taglio dei parlamentari non rappresenterebbe esclusivamente una forma di risparmio, “il risparmio di mezzo miliardo a legislatura è solo una delle motivazioni”, ha affermato Di Maio, bensì “renderà il sistema più snello ed efficiente, ridurrà gli squilibri e le sperequazioni attuali”.

Secondo altre forze politiche senza una legge elettorale adeguata il taglio dei parlamentari potrebbe provocare distorsioni costituzionali, ma è anche vero che non ci sono i tempi per trovare un accordo soddisfacente prima del referendum in programma per il 20-21 settembre. Una nuova legge elettorale, che sia di stampo maggioritario o che sia una legge proporzionale, andrebbe studiata accuratamente. Nel 2014 la Corte costituzionale, esprimendosi a riguardo, ha affermato che non è legittima una legge proporzionale che “priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti”.

È infine ormai arrivato il momento di mettere nero su bianco il Recovery Plan italiano. A tale proposito la prossima settimana si riunirà il Ciae, il Comitato interministeriale per gli affari europei, al quale è affidato il compito di gestire i progetti da presentare alla Commissione europea entro il 15 ottobre. Ci sono circa 209 miliardi da investire, per la maggior parte nel giro di tre anni. Per ora il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, ha raccolto circa 534 proposte da parte di enti e dicasteri tra i quali è comunque in corso una sorta di competizione per assicurarsi fette consistenti della torta a disposizione. In definitiva è necessario un impianto strutturale e di sistema che rispetti i principi Ue fondamentali, come la sostenibilità e l’innovazione digitale. La transizione ecologica e la digitalizzazione sono in effetti due pilastri della politica europea. A parte la questione trasferimenti o prestiti, il concetto fondamentale rimane infine quello espresso dal Recovery and resilence facility: aiuti in cambio di riforme.

Per l’Unione europea sarà fondamentale finanziare la crescita anche dopo l’emergenza e, in quest’ottica, a Bruxelles è stato riavviato il negoziato sul budget dell’UE 2021-2027 da 1074,3 miliardi. Questi gli obiettivi principali per i prossimi anni: rendere sempre più rapida ed efficiente la pubblica amministrazione attraverso piani di sburocratizzazione e di digitalizzazione; il buon funzionamento della giustizia non solo penale ma anche civile e amministrativa che molto spesso rallenta gli investimenti e riduce i volumi di produttività; un fisco equo e efficiente che comprenda anche la lotta all’evasione; ed infine l’incentivazione dell’uso della moneta elettronica. In sostanza tutte quelle misure che, inserite in un piano di azione dettagliato, favoriscono la ripresa e la crescita senza trascurare la ricerca e l’istruzione, rafforzando le politiche di cooperazione e valorizzando il capitale umano. Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, le priorità della nazione sembrano essere chiare, il vero nodo rimane come raggiungerle, dimostrandosi coerenti con gli obiettivi Ue e consapevoli delle debolezze storiche del nostro sistema Paese.

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