Judy (Film, 2019)

Premio Oscar meritato come migliore interprete ad una grandissima Renée Zellweger, che sostiene il peso di una sconvolgente biografia per immagini, a tratti intensa e commovente, drammatica e realistica. Soggetto tratto da un’opera teatrale di Peter Quilter (End of the Rainbow), ispirato alla vita artistica di Judy Garland, attrice prodigio de Il mago di Oz, personaggio complesso e indecifrabile, difficile da rendere sulla scena.

Rupert Goold decide di parlare della vita di Judy partendo dalla parabola decadente, con l’attrice separata dal terzo marito e in procinto di sposarne un quarto, i due figli più piccoli in affidamento al terzo compagno e la figlia Liza vicina al debutto come cantante. Judy viene scritturata a Londra, dove è ancora amata come una star, per una serie di concerti che interpreta da grande artista quando non è in preda a crisi di astinenza da farmaci, eccessi di droga e alcool. Purtroppo la sua vita sta andando a rotoli, sono pochi gli sprazzi di amore e compassione che la confortano, tra questi l’incontro con due compagni omosessuali che la invitano a casa e cenano insieme a lei con delle povere uova strapazzate, ricordando vecchie persecuzioni per il loro orientamento sessuale. Judy è stata una paladina dei diritti umani e per loro rappresenta un punto di riferimento così importante che assistono ogni sera al suo concerto.

Il regista alterna flashback del passato che dimostrano come la Judy quarantasettenne, problematica e tossica, sia frutto di un’adolescenza tormentata, in pratica non vissuta. Lo scenario de Il mago di Oz la fa da padrone in questi salti indietro nel tempo che ci confermano come il vero amore della vita di Judy sia stato il pubblico, il rapporto stretto che la legava ai fan dalle tavole di un palcoscenico. Film interamente girato a Londra, molto teatrale, ma anche musicale, con l’attrice protagonista che canta (molto bene) alcune canzoni del repertorio della Garland. Finale intenso e commovente, con il pubblico che sostiene gli sforzi per cantare di un’interprete stremata, che tenta di dedicare a chi le vuol bene un’esibizione terminale. Sono i suoi ultimi giorni di vita, prima della fatale overdose. Un film bellissimo e commovente che abbiamo visto grazie al Cinema Metropolitan di Piombino, riaperto dopo la pandemia, con uno stupendo ciclo d’autore.

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Regia: Rupert Goold. Paese di Produzione: Regno Unito. Durata: 118’. Genere: Biografico, Drammatico. Soggetto: Peter Quilter (dramma teatrale End of the Rainbow). Sceneggiatura: Tom Edge. Fotografia: Ole Bratt Birkeland. Montaggio: Melanie Oliver. Effetti Speciali: Chris Reynolds, Paul Round. Scenografia: Kave Quinn. Costumi: Jany Temime. Trucco: Robb Crafer, Jeremy Woodhead. Musiche: Gabriel Yared. Produttore: David Livingstone. Case di Produzione: BBC Films, Calamity Films, Pathé UK, 20th Century Fox. Distribuzione Italia: Notorious Pictures. Interpreti: Renée Zellweger (Judy Garland), Darci Shaw (Jedy giovane), Finn Wittrock (Mickey Deans), Rufus Sewell (Sid Luft), Michael Gambon (Bernard Delfont), Jessie Buckley (Rosalyn Wilder), Bella Ramsey (Lorna Luft), Andy Nyman (Dan).

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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