La guerra dei dazi di Trump

La controversia commerciale tra USA e UE non pare avviarsi a conclusione positiva e nemmeno fare passi avanti. La politica portata avanti dall’amministrazione Trump non pare fare differenze tra l’approccio verso la Cina piuttosto che gli alleati europei, sempre che per il tycoon questa definizione abbia senso. Iniziata con l’insensata guerra scatenata contro la Cina, i cui risultati sono stati evidenziati dai dati OCSE relativi al 2019 e la contrazione delle global value chain, le catene globali di distribuzione. Il primo risultato è stato l’azzeramento degli investimenti cinesi negli USA, passati in 3 anni da 16 miliardi di dollari a 1.

Ad inizio ottobre il WTO (World Trade Organization) ha tagliato le stime di crescita degli scambi mondiali all’1,2% per il 2019, meno della metà delle già deboli previsioni fatte ad aprile (2,6%). Il livello dei dazi medi che i due giganti si applicano a vicenda è salito ormai al 21%: all’inizio del 2018 era al 3,1% per gli Usa e all’8% per la Cina (secondo i dati del Peterson Institute for International Economics). I flussi in arrivo nell’Unione Europea sono addirittura precipitati del 62%, con investimenti in calo in 19 dei 28 Stati membri. Il calo, per gli Stati Uniti, è stato di oltre il 25%. Se la Germania è andata in controtendenza, vedendo gli investimenti aumentare a 22 miliardi nel primo semestre 2019. Sempre l’OCSE ha misurato i flussi verso l’Italia, il nostro paese ha visto gli investimenti in ingresso scendere da quasi 21 miliardi di dollari del secondo semestre 2018 a meno di 7 nel primo semestre 2019. Nel secondo trimestre, l’Ocse ha addirittura registrato disinvestimenti per 900 milioni di dollari (una fotografia che arriva con molte crisi aperte, a cominciare da quella della Whirpool). Il quadro internazionale, unito a un governo Conte bloccato dalle divisioni interne in entrambe le sue declinazioni di compagine, non è riuscito a mettere in atto nessuno strumento utile a migliorare la situazione economica e il 2019 si è chiuso con un calo del pil a -0,2% facendo entrate il paese in recessione tecnica.

L’on.le Paolo De Castro, non solo uno dei migliori ministri delle passate legislature, ma da anni figura di spicco nel Parlamento Europeo, ora Coordinatore del gruppo agricoltura S&D, si è fatto partecipe presso il Commissario al Commercio UE Phil Hogan per ottenere una sospensione totale delle tariffe Usa imposte ingiustamente, prima su formaggi, salumi, agrumi e alcuni liquori, e che ora minacciano di colpire anche vino, olio e pasta, il cuore del Made in Italy.Purtroppo la riottosità dell’amministrazione USA è stata ribadita da mr. Hogan: “La Commissione europea è cosciente degli effetti dannosi che nuove misure statunitensi potrebbero avere sui prodotti agricoli europei, nel contesto delle controversie tra le due sponde dell’Atlantico sull’industria aeronautica. Tuttavia, data la mancanza di progressi nei negoziati dobbiamo essere pronti a qualsiasi scenario, finanche la difesa delle nostre produzioni tramite tariffe Ue sui prodotti statunitensi, allo stesso modo in cui gli Usa hanno imposto dazi addizionali sui prodotti dell’Unione dallo scorso ottobre. Tengo a rassicurarti che la nostra priorità rimane quella di raggiungere una soluzione negoziale equilibrata sulle controversie legate all’aeronautica civile (tra l’europea Airbus e l’americana Boeing). Abbiamo condiviso con gli Usa proposte concrete, e dimostrato la piena disponibilità a trovare un accordo sulle future discipline di sussidio per l’intero settore. Nonostante i nostri migliori sforzi sembra che non saremo in grado di risolvere queste divergenze prima del riconoscimento da parte dell’arbitrato Omc sulle contromisure a cui avrà diritto la Ue nella controversia sulla Boeing, dal momento che gli Stati Uniti non si sono impegnati in negoziati“.

Per De Castro, nonostante le difficoltà a cui è confrontato il negoziatore europeo, “Una escalation nelle ritorsioni sarebbe nefasta e controproducente per tutti: non solo quei produttori che più dipendono dall’export su quei mercati, ma anche per gli effetti a cascata sull’intera filiera produttiva, e in particolare agroalimentare, europea. Confido in uno sviluppo positivo della situazione alla luce del rilancio dei colloqui tra Bruxelles e Washington, che Hogan annuncia per i prossimi giorni. Ne seguiamo da vicino l’evoluzione, ancora convinti che la via diplomatica sia l’unica perseguibile per non sacrificare gli interessi di nessuna delle parti coinvolte e, soprattutto, dei nostri produttori“.

Stante le difficoltà che sta incontrando il Presidente Trump all’interno con una gestione disastrosa della pandemia che ha provocato 25 milioni di disoccupati, solo in parte ora riassorbiti, un secondo semestre 2020 che vedrà l’ombra lunga della crisi economica post-covid e le imminenti elezioni che lo vedono al momento sotto di 10 punti rispetto a Biden, pare abbastanza improbabile un ammorbidimento delle posizioni che hanno caratterizzato la politica aggressiva della presidenza Trump.

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