Il valore delle Quattro Libertà, oggi

I contesti storici e le situazioni, sono irripetibili e mai uguali. Quanto accaduto ieri e che sembra identico oggi, non lo è; non può esserlo. Sono diversi i protagonisti, le situazioni ambientali, le necessità. Rispetto anche solo a venti anni fa, sono cambiati il rapporto spazio tempo, l’economia, la consapevolezza e la coscienza civica; in meglio o peggio non sta a noi giudicarlo. Ma alcuni principi non possono cambiare; e non solo per il fatto che sono contenuti nella Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948. Sono le Quattro Libertà per la prima volta citate da Franklin Delano Roosevelt nel Discorso sullo Stato dell’Unione del 1941. Era in corso la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si era schierata a fianco della Germania; passarono dieci mesi prima dell’attacco a Pearl Harbor. Roosevelt sembrava però presagire quanto sarebbe accaduto. Parlò infatti del pericolo che, per la prima volta, minacciava l’America dall’esterno e, dopo aver ricordato come non ci si potesse aspettare pace da regimi dittatoriali, enunciò le quattro libertà su cui fondare i diritti umani.

Le prime due erano già nel DNA degli Stati Uniti: la libertà di espressione, figlia di quella di pensiero, e la libertà di religione sono contenute nel primo emendamento alla Costituzione. La libertà dal bisogno e la libertà dalla paura si ponevano come necessità, già esistenti ma concettualmente definitesi in un momento in cui l’America risentiva ancora della crisi del 1929 e avvertiva il pericolo esterno. Quali sarebbero potute essere le conseguenze in caso di vittoria delle truppe dell’Asse? Cosa sarebbe accaduto se il Giappone avesse attaccato dopo tale vittoria? Quel discorso avvertì e preparò gli americani e, oggi, adattarlo ai nuovi scenari globali, potrebbe essere opportuno.

Oggi da più parti si sostiene che la libertà di pensiero e della sua espressione vengano negate; quasi un controsenso dopo la diffusione di internet e i dissensi espressi sulle piazze. Non è questa la sede per discutere delle forme, degli eccessi e dei limiti, ma anche nei regimi più oppressivi è difficile far tacere le voci del dissenso. Quella di religione è negata in alcune realtà, inutile negarlo. Ma sono principi indiscutibili e presenti nelle dichiarazioni dei diritti umani e nelle costituzioni dei Paesi democratici; vanno tutelati e fatti rispettare. Diverso discorso per la libertà dal bisogno e dalla paura; probabilmente vanno riconsiderate.

Nell’America, per non dire nell’Italia, del 1940, il bisogno era quello di mangiare e avere condizioni di vita, igiene, sanità ed istruzione che non erano alla portata di tutti, al di là dei proclami di regime. Oggi l’istruzione è garantita, e l’analfabetismo, almeno in buona parte del mondo, eliminato. Le condizioni sanitarie mondiali, Covid a parte, sono decisamente migliorabili, ma già sicuramente migliori di quelle anche solo degli anni ‘70. Nel 1940 tra i bisogni essenziali non vi era certo quello di avere la TV; oggi avere un buon collegamento a internet è indispensabile, perché vorrebbe dire non essere in grado di ricevere l’informazione che è base del nostro vivere. Il compito quindi non semplice di Stati e Governi, prima di garantire la libertà dal bisogno, è quello di ridefinirla. Quali sono i veri bisogni oggi? E sono davvero bisogni? Un lavoro non da poco per sociologi e psicologi; e non solo per loro.

Resta la libertà dalla paura, e su questa si potrebbe fare un lungo elenco di minacce che iniziano ancora con quelle indicate da Roosevelt, che già auspicava un mondo con meno terrori. Ma oggi la libertà dalla paura va ben oltre questo confine. La paura aveva assunto una diversa connotazione dopo l’undici settembre, e uno diverso ancora dopo l’emergenza Covid. La paura è per qualcuno quella di non poter uscire la sera, per altri perdere il lavoro. Ma ne esistono altre che possono sembrare assurde, e niente hanno a che vedere con il pensiero di Roosevelt. Ma esistono. Pensiamo alla paura di essere brutti o obesi in un’epoca in cui predomina il bello e magro; o la paura di non essere accettati in un determinato contesto sociale. Siamo sicuri non abbiano niente a che vedere con quel principio di Libertà dalla paura che è fondamento dei diritti umani? E tra quei diritti troviamo anche quello di perseguire la felicità, che qualcuno continua a scambiare con il diritto alla felicità. E non è solo una questione terminologica. Forse da questo, potremmo ripartire. La verità è che esistono troppe nuove paure che possiamo ricondurre ad una: la paura del diverso; o essere diversi noi. E da questa dobbiamo davvero liberarci. Il pericolo è che queste paure vengano utilizzate per giustificare un ritorno verso i regimi dittatoriali che Roosevelt combatteva.

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