Il libro di Bolton

Ho quasi finito di leggere il libro dell’ex-Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Trump, John Bolton, uscito nelle librerie martedì scorso e già disponibile in versione integrale (per ora solo in inglese) in Amazon-Kindle. Il libro è molto dettagliato e, piuttosto che presentare una narrazione cronologica dell’anno e mezzo in cui Bolton ha lavorato alla Casa Bianca, è diviso per argomenti: Iran, Nord Corea, Siria, Venezuela, Cina, NATO e così via, un metodo efficace perché permette di affrontare ogni tema compiutamente e senza interruzioni.

La lettura del libro mi ha provocato un misto di fascinazione e di orrore. Dalla posizione, non di osservatore, sia pure privilegiato e di prima fila, ma di co-protagonista, Bolton offre una descrizione sconvolgente della maniera in cui questioni vitali per gli interessi e la sicurezza, non solo degli Stati Uniti ma dell’Occidente e del mondo, sono trattati nell’era Trump. Il ritratto che l’Autore dà del Presidente è spietato: un misto di ignoranza, sconfinata presunzione, interesse solo per la propria immagine e nella stampa e per la rielezione, inconsistenza, perpetua contraddizione delle sue proprie decisioni, assenza di qualsiasi principio o regola morale, disprezzo delle opinioni altrui, rancorosità, impulsività, incapacità di portare avanti linee politiche sostenute e coerenti.

Gli esempi sono innumerevoli. Tanto per citarne tre dei principali: i rapporti con gli Europei, con la NATO e con gli alleati asiatici (con le ripetute minacce di ritirare le truppe e la protezione americana dall’Europa, di uscire dalla NATO, di abbandonare Giappone e Corea del Sud); l’utopica politica di incontri e lettere affettuose con il dittatorello nord-coreano Kim Jong-un, quasi un flirt senza nessun risultato concreto, i rapporti contraddittori e a fasi alterne con il leader cinese Xi, quelli velleitari con Putin. E la detestabile abitudine a definire linee e decisioni di grande portata potenziale, non con presentazioni articolate nelle sedi appropriate, ma con sventagliate di twitter.

La lettura del libro porta a una desolante conclusione. Quasi quattro anni ormai di politica estera americana (e per riflesso occidentale) senza un solo successo tangibile, ma con molti disastri:  la permanenza di Maduro in Venezuela, l’espandersi della presenza russa nel Medio Oriente, le dispute commerciali con i disprezzati europei e così via.

La sola cosa, se si vuole, positiva è che, al di là degli sbraitamenti bellicosi, l’istinto e forse la onnipresente opposizione dell’establishment, Trump ha  finora evitato interventi militari di grande portata e anche sanzioni economiche veramente efficaci. John Bolton, che è un falco nazionalista, lo accusa, per questo, di aver compromesso con la sua irresolutezza e i suoi  continui capovolgimenti di linea, vitali interessi di sicurezza degli Stati Uniti.

È presto per dire se Trump sarà rieletto in novembre. Se sì, il disastro si approfondirà. Ma è difficile anche immaginare cosa possa fare Joe Biden, o chiunque altro che succeda a Trump, al di là di ristabilire una certa razionalità nella condotta della politica e normalizzare i rapporti con i principali Alleati, per recuperare posizioni irreversibilmente compromesse.

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