La migliore offerta (Film, 2013)

Un film dal respiro europeo, girato in inglese (tra Trieste, Milano, Fidenza, Praga, Vienna, Bolzano, Ora e Merano), di genere indefinibile, come tutte le opere importanti, perché sarebbe riduttivo definire thriller un ricercato lavoro psicologico sui personaggi, a tratti drammatico, spesso sentimentale.

Tornatore si aggiudica molti premi, ricorre alla suadente colonna sonora di Morricone, utilizza la fotografia evocativa di Zamarion, per comporre prima di tutto un film sull’arte, facendo sfoggio di una specifica cultura che va dagli automi di Jacques de Vaucanson fino ai ritratti femminili di Agnolo Bronzino e Guido Reni. Tornatore gira poche pellicole – in media una ogni tre anni, dodici in carriera – e spesso lascia il suo pubblico in attesa anche per lunghi periodi (dopo il flop di Malèna passano ben sei anni prima de La sconosciuta), ma quando esce un nuovo film è sempre un’idea forte, potente, originale. Per tacere di veri e propri capolavori come Nuovo Cinema Paradiso, La leggenda del pianista sull’oceano e Baarìa che sono tra le migliori pellicole italiane degli ultimi anni.

La migliore offerta indaga la scoperta dell’amore da parte di un anziano e cinico battitore d’aste, diffidente e restio al contatto con gli altri, che incontra sulla sua strada una misteriosa ragazza malata di agorafobia. L’uomo dovrebbe occuparsi del patrimonio immobiliare ereditato dalla donna, dopo la scomparsa dei genitori, ma cade nelle rete di una gigantesca truffa ordita dal suo migliore amico e da una serie di persone di cui aveva cominciato a fidarsi. Meglio non aggiungere particolari sulla trama che si dipana come una singolare storia d’amore per terminare come un thriller rocambolesco e spiazzante, ricco di colpi di scena. Grande cinema, in ogni caso, impaginato con movimenti di macchina suadenti, piani sequenze, soggettive, fotografia plumbea e notturna, montaggio serrato, musica intensa. Attori eccellenti, soprattutto l’australiano Geoffrey Rush – premio Oscar 1997 per Shine – nei panni di un tormentato protagonista, ma anche la bellissima modella olandese Sylvia Hoeks è perfetta per interpretare una finta malata di agorafobia.

La storia è scritta benissimo, porta lo spettatore ad affezionarsi ai personaggi, a fremere per i loro problemi e per una presunta malattia, rendendo credibile l’amore tra un vecchio e una giovane donna. ”In ogni falso si nasconde sempre un elemento di verità”, è il motto dell’esperto banditore d’asta, che fino alla fine vuol continuare a credere che qualcosa del suo unico amore sia stato vero, che almeno il racconto di Praga e di un ristorante dove la donna diceva di essere stata felice non sia stata una delle tante menzogne di un sentimento interessato. Finale aperto, a Praga, in attesa di un amore impossibile. Bellissimo.

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Regia: Giuseppe Tornatore. Soggetto e Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore. Fotografia: Fabio Zamarion. Montaggio: Massimo Quaglia. Effetti Speciali: Mario Zanot. Musiche: Ennio Morricone. Scenografia: Maurizio Sabatini. Costumi: Maurizio Millenotti. Produttore: Isabella Cocuzza, Arturo Paglia, Marco Patrizi. Casa di Produzione: Paco Cinematografica, Warner Bros Entertainment Italia. Genere: thriller, drammatico, sentimentale. Durata: 125’. Interpreti: Geoffrey Rush, Jim Sturgess, SylviaHoeks, Donald Sutherland, Philip Jackson, Dermot CRowley, Kiruna Stamell, Liya Kebede.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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