Cronache dai Palazzi

Sono ben 158 i tavoli per la gestione di crisi aziendali aperti al ministero dello Sviluppo economico che stima circa 250 mila posti di lavoro a rischio. Lo scorso giugno sono state autorizzate circa 27,6 milioni di ore di cassa integrazione ordinaria (+42,6% rispetto al 2018). Nello stesso periodo è stato registrato inoltre un record per la cassa integrazione straordinaria applicata alle crisi più gravi con 18,8 milioni di ore, in pratica il 99,8% in più rispetto al giugno 2018.

“Dovete sbrigarvi a risolvere la crisi dell’Ilva. Trovate il modo di uscirne in fretta, tenendo insieme il problema dell’occupazione e quello della continuità industriale. Vale per l’acciaieria di Taranto, su cui bisogna che vi concentriate subito, ma anche per Alitalia, Whirpool e le tante altre crisi aziendali aperte. Non possiamo permetterci, sull’onda dell’abbandono di ArcelorMittal, che scatti un effetto sistemico sulle nostre imprese”. Le parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella, esprimono a pieno la crisi del momento ed esplicano delle chiare raccomandazioni indirizzate a Palazzo Chigi, a ridosso dell’incontro con il premier Conte salito al Quirinale per riferire al presidente della Repubblica tutti i dettagli del mancato accordo con i vertici del colosso indiano che ha tentato di ottenere dal governo modifiche contrattuali, differenti condizioni di mercato, uno scudo penale e anche 5.000 esuberi nel polo siderurgico di Taranto. Tutte richieste prontamente respinte dal presidente del Consiglio, in particolare quella relativa ai 5.000 esuberi consapevole della “bomba sociale” che potrebbe esplodere nel Mezzogiorno d’Italia. Di certo non spetta al Quirinale “fare la sintesi e indicare le soluzioni”, bensì “questo tocca alla politica”, ma il Colle registra un allarme per quanto riguarda la gestione delle varie crisi aziendali nel corso degli ultimi governi.

Per il Quirinale la questione principale resta l’occupazione e quindi la sorte dei 10 mila e più occupati. In un’Italia in cui la crescita economica e l’incremento del Pil si dimostrano purtroppo piuttosto lenti (se non fermi) occorre creare le condizioni per favorire gli investimenti, non solo da parte delle imprese straniere ma delle stesse aziende italiane. Per permettere tutto ciò è necessario però instaurare un certa di stabilità e definire delle norme efficaci.

Nel caso dell’Ilva, nello specifico, ha influito l’assenza di un provvedimento legislativo adeguato. Il Quirinale ha inoltre rimarcato una certa contradditorietà per quanto riguarda i vari decreti legge appositamente sfornati di recente, oltre che i diversi emendamenti sul tema che si sono succeduti nel corso degli ultimi mesi senza però risolvere doverosamente la questione. Per Alitalia sarebbero invece oltre 11.700 i posti a rischio, un’azienda anch’essa in attesa di un salvataggio dopo il disimpegno annunciato da Lufthansa. Per la Whirpool, dopo che la multinazionale Usa ha deciso di chiudere lo stabilimento in Campania, sono in bilico 420 posti di lavoro. Ed altri 800 lavoratori sono a rischio presso la Sider Alloys (la ex Alcoa) di Portovesme in Sardegna dove la proprietà svizzera ha chiesto sconti sull’energia di Stato.

Una maggioranza sempre più litigiosa non favorisce risoluzioni celeri e tempestive, oltreché condivise, in vari settori. Le divisioni si materializzano, tra le altre cose, attorno alla legge di Bilancio che è tra le più difficili degli ultimi anni, in un momento storico di forte crisi all’interno dei vari partiti, compresi quelli che occupano Palazzo Chigi. Il Movimento Cinque Stelle (10 ministri) sembra essere preda di un forte revisione interna; buona parte del Partito democratico (9 ministri che sono diventati 7 dopo la scissione di Renzi) sembra orientata a rompere: “Siamo qui a farci rosolare ogni giorno da Di Maio e Renzi che sia sulla manovra o sull’Ilva. La manovra comincia ad essere colma”, ha affermato il segretario dem Nicola Zingaretti. Renzi con Italia viva, infine, con i suoi due ministeri (Teresa Bellanova all’Agricoltura e Elena Bonetti a capo del Dipartimento per le politiche della Famiglia) resta in attesa del verdetto finale.

“Nessuno vuole la fine del governo. Però è certo che, con queste continue fibrillazioni di Renzi e Di Maio, fermi non possiamo rimanere”, ha dichiarato a sua volta Graziano Delrio. Il verdetto finale potrebbe decretare le urne, qualora la situazione diventasse insostenibile, con la piena approvazione del Colle non intenzionato, come sembra, a favorire di nuovo la formazione di alleanze alternative, né di tipo tecnico né di matrice istituzionale. Qualora dovesse verificarsi un incidente di percorso si potrebbe andare dritti al voto.

La guerriglia prolungata a Palazzo Chigi potrebbe quindi sfociare in una crisi magari non voluta da alcuno, tuttavia triste conseguenza di un lento logoramento. In questo frangente occorrerebbe comunque preservare la tenuta e quindi anche la credibilità del governo alla luce della prossima finanziaria e delle previsioni economiche d’autunno diffuse da Bruxelles. Una caduta di qui all’inizio del 2020 si rivelerebbe in effetti alquanto oltraggiosa.

Nel frattempo la Commissione europea ha inoltrato le previsioni d’autunno rimembrando l’aumento del maxi debito pubblico italiano, la riduzione della già bassa crescita e lanciando un allarme per la disoccupazione nel nostro Paese. Il commissario Ue Pierre Moscovici ha comunque spiegato che “non ci sarà né un respingimento della manovra, né l’apertura di una procedura” in quanto il confronto con l’attuale maggioranza M5S-Pd è “più serio” rispetto agli scontri con il precedente governo gialloverde. Per la Commissione europea “l’Italia combatte per uscire dalla depressione e dalla bassa crescita”, in un “clima cambiato” rispetto ai tempi in cui la priorità era la stabilità di bilancio.

Per l’Ue il primo problema per l’Italia rimane il rapporto tra debito e prodotto interno lordo, stimato al 136.2% del Pil nel 2019, con un ulteriore aumento al 136,8% l’anno prossimo. La crescita di nuovo in discesa (0,1% del Pil quest’anno e a 0,4% nel 2020) risulta la più bassa d’Europa. Il deficit risulta infine contenuto al 2,2% del Pil quest’anno e a 2,3% nel 2020. Secondo Bruxelles  in Italia  il mercato del lavoro risente di un certo “deterioramento” con la disoccupazione al 10% nel triennio in quanto “il calo della produttività è probabile che spinga i datori di lavoro a tagliare posti o ricorrere a contratti temporanei”. Le entrate previste in seguito alla lotta all’evasione sarebbero soggette “a qualche incertezza”, ma il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è convinto che “siano maggiori” e che l’anno in corso potrebbe terminare con una crescita pari ad un +0,2% contro lo 0,1% previsto per l’Italia dall’Unione europea.

L’Europa è comunque un continente in balìa di un malessere economico generale, e le previsioni affermano che la ripresa stenterà ad affermarsi non solo l’anno prossimo ma anche nel 2021. Rispetto ai competitors internazionali, l’Europa sembra essere un vecchio continente in cui l’industria segue ancora in gran parte i modelli del secolo scorso, le reti digitali di ultima generazione e l’intelligenza artificiale non rappresentano ancora la normalità – le persone lavorano su tecnologie vecchie – e in cui la spesa per ricerca e sviluppo è ancora a livelli bassi rispetto a Cina, Stati Uniti e Giappone.

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