Buon compleanno

Due giugno 1946, referendum istituzionale per la scelta tra monarchia e repubblica. Compleanno e festa nazionale di una Repubblica che con i suoi 73 anni può essere considerata ancora giovane, nata dalla scelta elettorale democratica cui parteciparono anche le donne. Una novità epocale che giungeva al termine non solo del secondo conflitto mondiale da cui l’Italia doveva ancora sollevarsi, ma anche nel pieno di una vera e propria guerra civile i cui effetti, forse, si risentono ancora oggi.

Ma il due giugno 1946 gli italiani si recarono alle urne, dopo un ventennio di dittatura in cui le voci fuori dal coro non erano tollerate.  Il referendum era stato previsto in un Decreto Luogotenenziale già nel giugno 1944, quando il Governo Bonomi recepì l’accordo con le forze che formavano il CNL  e sottopose alla firma di Umberto di Savoia, non ancora Re, bensì luogotenente del Regno, il risultato di quella che è definita la Svolta di Salerno: voto popolare sulla scelta della forma di governo e assemblea costituente.

Si compiva forse la realizzazione del sogno di Mazzini, che voleva un’Italia unita e democratica; un progetto per l’epoca ambizioso che si scontrò contro Cavour e il Regno di Sardegna. Non andò meglio al progetto federalista di Carlo Cattaneo, e nel 1946 si affrontarono le elezioni ancora con lo Statuto Albertino che stava per compiere un secolo di vita.

Quasi venticinque milioni di italiani esercitarono il loro diritto al voto. Quasi l’ottanta per cento. Viene tristezza pensare a simili percentuali, che oggi sembrano quasi impossibili da raggiungere. Gli elettori di quel giorno si erano guadagnati quel diritto sopravvivendo al fascismo e alla guerra, ed erano consapevoli che, anni prima, era loro impedito di esprimere un’opinione o, al massimo, accettare l’unica lista a disposizione. La stessa cosa che accade oggi in Cina o Corea del Nord e avveniva nell’Unione Sovietica Staliniana. In una barzelletta popolare dell’epoca le elezioni in Russia erano paragonate al momento in cui, nel Paradiso Terrestre, Dio creò Eva e disse ad Adamo “Scegli una compagna.”

Nella nascente nuova Italia, vi era almeno un menù che offriva più alternative e gli elettori, oltre alla scelta tra Monarchia e Repubblica, avrebbero anche votato per l’Assemblea Costituente. I principali partiti erano la Democrazia Cristiana, nata anche della revoca del Non Expedit di Pio IX da parte di Benedetto XV; il fronte delle sinistre rappresentato dal Partito Comunista e dai socialisti. Fu la prima ad ottenere la maggioranza dei rappresentanti nel nuovo organismo, forse un po’ a sorpresa rispetto alle aspettative dei comunisti.

Vittorio Emanuele Terzo, nel frattempo, aveva abdicato e lasciato il trono al figlio Umberto, il Re di Maggio, tanto durò il suo regno. Una scelta con forti fini di propaganda e volta ad incidere sull’esito del voto. La sua figura era sicuramente compromessa a più livelli: non solo per avere permesso la nascita e la presa del potere del fascismo, con ciò che ne era conseguito, ma anche per il suo comportamento dopo l’armistizio e la fuga da Roma. Se per molti aspetti, a cominciare dalla salvaguardia delle persone era opportuna, probabilmente da molti italiani non gli era stata perdonata.

Vinse la Repubblica. Circa due milioni di voti fecero la differenza. Al nord la maggioranza andò alla Repubblica; anche in Piemonte, regione che si presumeva a maggioranza monarchica. De Gasperi Capo provvisorio dello Stato e definitiva uscita di scena dei Savoia, con l’esilio del Re in Portogallo. Umberto mai abdicò e, in tal senso, si può dire che continuò a dare un’immagine non positiva di Casa Savoia, iniziata con la scelta decisamente inopportuna di suo nonno Vittorio Emanuele Secondo di non voler essere il Primo re di Italia, volendo significare un ruolo preminente del Regno di Sardegna nelle vicende risorgimentali.

La campagna elettorale fu quasi a senso unico, con la stampa del nord apertamente repubblicana mentre i giornali al sud erano poco diffusi. Forse anche questo incise.

Vi furono brogli? Oggi si può dire di no. Anche chi, come Indro Montanelli dichiarò di avere scelto la Monarchia, riconosce la legittimità della vittoria repubblicana. Il successivo 18 giugno la Corte di Cassazione, e non all’unanimità, respingendo i ricorsi dei monarchici riconobbe la vittoria mettendo quindi il sigillo definitivo alla nascita della Repubblica. Ma la festa nazionale, e il compleanno dell’Italia, giustamente vengono festeggiati il giorno in cui gli Italiani poterono finalmente esprimere il loro voto. Reazioni in tutto il mondo ma, tra le tante, spicca quella del Times di Chicago che volle porre in evidenza come il popolo italiano avesse trovato un nuovo modo per mandare via un Re. Osservazione che deve far riflettere su come una democrazia, se ben utilizzata, può portare gli stessi risultati, e senza violenza, di rivoluzioni e violenze. Come concludere? Semplicemente buon compleanno Italia. Nonostante quella che nacque poco ha a che vedere con quella di allora. Ma, come detto all’inizio, è una Repubblica Giovane che può ancora crescere. Se gli elettori di oggi si comporteranno come quelli di allora.

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