Il vizio della speranza (Film, 2018)

Il vizio della speranza conferma il talento visionario di Edoardo De Angelis, già mostrato nello stupendo Indivisibili. Premio del Pubblico al Festival di Roma; Miglior Regista e Migliore attrice Protagonista (Turco) al festival di Tokyo. De Angelis è autore completo, scrive e sceneggia (assieme a Contarello) una storia di degrado e disperazione che è nelle sue corde, impaginandola a ritmi cadenzati, con il supporto della straordinaria colonna sonora di Enzo Avitabile e di una fotografia gelida e plumbea di Ferran Paredes Rubio.

Maria (Turco) vive un’esistenza grigia e priva di sogni a Castel Volturno, al servizio di una signora ingioiellata che sfrutta la prostituzione e vende i bambini, con una madre eroinomane priva di scrupoli e un contorno di persone ai limiti del disumano. Maria proviene da un’infanzia tragica culminata in una barbara violenza carnale, salvata da Carlo Pengue (Rossi) e recuperata in mezzo al fiume, rovinata per sempre, incapace a procreare. Un giorno avviene il miracolo, la ragazza resta incinta, da qui la nuova speranza, la possibilità di cambiare vita, di poter avere una creatura da crescere e da accudire su cui fondare un futuro finalmente costruito sui sogni.

Una frase di Scerbanenco sta alla base del film, come lo è una sorta di religiosità immanente, una continua ricerca dell’immagine metaforica che ci conduce verso il senso della Natività, della rinascita, del riuscire a scoprire quel che siamo basandoci sulle nostre forze. Maria è un’eroina dei tempi moderni, cerca la libertà insieme alle sole persone umane che ha conosciuto nell’inferno di Castel Volturno: una ragazzina africana storpia e un uomo relegato ai margini.

Il regista scrive molto bene i personaggi, abbozzando i caratteri per tratti generici ma riportando piccoli episodi che diventano fondamentali nelle loro esistenze. Carlo Pengue – interpretato da uno straordinario Massimiliano Rossi – è un ex giostraio che si è auto confinato ai margini del mondo scegliendo la solitudine, parla poco ma esprime tutta la sofferenza di un passato che pesa sulle sue spalle. Unico personaggio del film chiamato per nome e cognome – tutti gli altri sono: Maria, zi’ Marì, Alba, il dottore – il suo ruolo finale sarà determinante, come a dover rappresentare la metafora di un intervento divino. Pina Turco è attrice naturale (non proviene da scuole) straordinaria, presta corpo e anima alla protagonista immedesimandosi in maniera totale nel suo dramma interiore e rendendola vera con momenti di credibile drammaticità.

Il vizio della speranza è figlio del neorealismo e del miglior cinema di Pier Paolo Pasolini, girato a contatto con gli umili e con gli individui al margine. Una pellicola che fa bene al cinema italiano, vista in provincia di Grosseto grazie al piccolo Cineclub di Follonica, benemerito nella ricerca di una qualità dispersa in rivoli di genialità che ancora esiste tra i nostri migliori autori. Da vedere, anche due volte, perché è un film profondo e personale dove il regista ha messo tutto sé stesso, la musica che più ama e molti ricordi della sua vita.

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Regia: Edoardo De Angelis. Soggetto: Edoardo De Angelis. Sceneggiatura. Edoardo De Angelis, Umberto Contarello. Fotografia: Ferran Paredes Rubio. Montaggio: Chiara Griziotti. Musiche: Enzo Avitabile. Scenografia: Carmine Guarino. Produttore: Attilio De Razza, Pierpaolo Vega, Edoardo De Angelis. Produttore Esecutivo: Linda Vianello. Case di Produzione: Tramp Ltd, O’ Groove, Medusa Film (collaborazione e distribuzione). Interpreti: Pina Turco, Massimiliano Rossi, Marina Confalone, Cristina Donadio, Marcello Romolo.

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[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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