Cronache dai Palazzi

La sfida dell’immigrazione deve partire da una riscoperta del fronte mediterraneo da parte dell’Europa e anche della Nato.

Non a caso, nel summit della Nato a Bruxelles il premier Giuseppe Conte, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero, e il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, hanno messo in evidenza la necessità di “una Nato più flessibile”, ha dichiarato Trenta, “che oltre a Est sappia guardare anche al Mediterraneo”. L’obiettivo è andare oltre l’emergenza cercando di fronteggiare i flussi migratori in maniera sistematica, anche se nell’ottica continentale molto spesso non sono ritenuti un’emergenza da condividere.

Nel Vertice Nato fra i 29 Paesi membri dell’Alleanza Atlantica nata nel 1949, dopo il secondo conflitto mondiale, il premier Giuseppe Conte – che ha avuto incontri bilaterali con Merkel e con il presidente polacco Andrej Duda – ha auspicato inoltre l’unità della Nato ottenendo nel contempo un riassetto delle posizioni per fronteggiare le incursioni terroristiche attraverso le vie del Mediterraneo. “È interesse dell’Italia rafforzare il fronte del Sud e in questa prospettiva l’hub di Napoli è un passaggio molto importante”.

Per quanto riguarda l’incremento delle spese militari richiesto da Trump all’Europa, Roma ha messo in evidenza il cospicuo contributo delle missioni militari all’estero. I costi della Difesa hanno rappresentato il fulcro dell’evento, e per il presidente americano gli alleati non rispettano l’impegno di riservare il 2 per cento del Pil nazionale alle spese militari. Altri temi al centro del dibattito sono stati la mobilità militare, la cybersicurezza, le minacce ibride, la lotta al terrorismo, la sicurezza e il ruolo delle donne. Affrontare temi legati alla cooperazione tra Unione europea e Alleanza Atlantica è la missione del vertice Nato. Dal 1949 ad oggi i vertici sono stati 27.

Sul fronte della giustizia, davanti alle commissioni riunite di Camera e Senato, il ministro Alfonso Bonafede dice no alla riforma sulle intercettazioni: “Dal nostro punto di vista sarebbe gravissima, sia per la lotta alla corruzione che per la salvaguardia di tutti i diritti di chi è coinvolto in un’indagine, imputati e Stato”.

Il Guardasigilli ha inoltre elencato le “priorità” del suo dicastero ribadendo che il primo punto è la riforma della “legittima difesa”, in quanto è necessario “eliminare le zone d’ombra che rendono difficile e complicato dimostrare che si è agito per legittima difesa”. Il ministro ha poi assicurato che la riforma della prescrizione sarà anch’essa “una priorità irrinunciabile per incrementare il grado di fiducia con cui i cittadine si rivolgono all’istituzione giudiziaria”. Tra le proposte di Bonafede c’è anche quella di sospendere la prescrizione “dopo che sia stata emessa una sentenza di primo grado”. Non bisogna poi trascurare la lotta alla corruzione che rappresenta “l’architrave dell’azione di governo”. È previsto un aumento delle pene per corrotti e corruttori e il ricorso all’agente sotto copertura. “Il dilagare dei fenomeni corruttivi – ha ribadito il Guardasigilli – rappresenta storicamente uno dei limiti maggiori che grava sulla qualità complessiva del sistema Paese italiano”. L’Anm (Associazione nazionale magistrati) “parla di segnali positivi che fanno ben sperare”. Infine, tra le riforme più importanti c’è la riforma delle carceri, riguardo alla quale Bonafede intende conciliare il principio della certezza della pena con le finalità rieducative che la Costituzione assegna alla pena.

Un traguardo raggiunto è invece l’abolizione dei vitalizi per la Camera dei Deputati. “È una vittoria di tutta l’Italia, perché non è solo un’ingiustizia abolita, ma anche una conquista di civiltà”, ha esultato Di Maio. Anche il premier Giuseppe Conte ha espresso una “grande soddisfazione per l’abolizione dei vitalizi. È un bel segnale per il Paese che si aspettava da tanto tempo”. La nuova riforma entrerà in vigore il 1° gennaio 2019. Nella situazione attuale il Parlamento eroga ogni mese 1.405 vitalizi, dei quali 1.240 a ex parlamentari che sono tali già da prima del 2012, e i restanti 165 a deputati diventati “ex” dopo il 2012. L’abolizione dei vitalizi comporterà un risparmio di ben 40 milioni di euro all’anno e di 200 milioni di euro per l’intera legislatura. Nel complesso è comunque stato approvato un emendamento, firmato da Ettore Rosato, che introduce un aumento fino a un massimo del 50% per chi è senza reddito o è affetto da malattie gravi. A questo punto l’abolizione dei vitalizi dovrebbe essere adottata anche da Palazzo Madama. “Se il Senato non delibera allo stesso modo si crea una palese disparità di trattamento”, ha dichiarato il presidente emerito della Corte costituzionale Franco Mirabelli. Palazzo Madama avrebbe preferito un percorso condiviso con Montecitorio ma sembra non sia stato possibile. Nelle prossime settimane  i vertici del Senato inizieranno comunque a lavorare per organizzare audizioni con esperti del settore, “per evitare che il lavoro venga vanificato al primo ricorso”, come affermano fonti di Palazzo Madama.

“Abbiamo messo fine ad una disparità di trattamento che esisteva nel Paese tra i cittadini e i propri rappresentanti”, ha dichiarato il presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, in un’intervista sul Corriere della Sera. “Nessuna misura spot: è un atto approvato dall’Ufficio di presidenza della Camera, che fa bene alle istituzioni e alla politica perché le riavvicina ai cittadini”. Non si tratta solo di un taglio dei costi, bensì “il senso più profondo di questa delibera è culturale e di riequilibrio sociale”, ha sottolineato Fico, il quale auspica “una Camera sempre più trasparente, aperta ai cittadini e alle loro proposte, capace di leggere in anticipo i processi economici e sociali”. In quest’ottica occorre “lavorare per migliorare l’organizzazione dei lavori parlamentari e per innalzare la qualità delle leggi”.

Infine il decreto dignità che, dopo la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato e la firma del presidente della Repubblica, attende di essere pubblicato in Gazzetta ufficiale. Tra le novità più importanti vi è quella che riguarda i contratti stagionali, per i quali non sarà necessario indicare la causale – cioè il motivo per cui non si usa un contratto a tempo indeterminato – come previsto per i normali contratti a termine. Tutto ciò a sostegno degli imprenditori che nei giorni scorsi avevano espresso le loro perplessità considerando la causale una complicazione che, in molti casi, potrebbe generare un aumento dei ricorsi.

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