Una settimana di fuoco

C’è molto da scrivere, sulla settimana appena finita: una settimana piena di eventi destinati a lasciare il segno e, per alcuni versi, una settimana di fuoco. Limitiamoci ai fatti più rilevanti.

È passata alla Camera la nuova Legge elettorale. Ora approda al Senato, dove è prevedibile una battaglia all’ultimo sangue. È una legge mirata agli interessi di alcune parti? Sì, come ogni legge elettorale. È una buona legge? Difficile da dire, a me pare abbastanza equilibrata, anche se avrei preferito un sistema interamente uninominale, come in Francia, dove da cinquant’anni funziona bene.  Assicurerà la governabilità? Non mi pare, ammenoché una delle coalizioni non arrivi al fatidico 40% (improbabile). Costituisce un “regalo” a Berlusconi e al centro-destra con il riconoscimento delle coalizioni? Senza dubbio, ma si vede che anche Renzi ha capito che il PD ha bisogno di aggregare, non di dividere. Ci sono carenze e difetti? Sicuro! Ma stracciarsi le vesti , come fanno certe prefiche della sinistra berso-dalemiana (ora si aggiunge Romano Prodi: amico Professore, ma perché non te ne stai tranquillo, dopo aver sbagliato sempre tutto! Stai ancora vendicandoti per la “bocciatura” per il Quirinale?). Parlare di “fascismo” poi è francamente ridicolo. Non so quale esponente grullino abbia gridato che “solo il Duce osò tanto”. Ma lo ha mai letto un libro di storia? Lo sa che il Duce (pace alla grande anima sua!) non fece nessuna legge elettorale: abolì semplicemente le elezioni e tutti i partiti al di fuori del PNF? Comunque, i grillini possono anche essere comprensibili, sapendo che la nuova legge tende ad escluderli. Ma la sinistra berso-dalemiana? Tuonano contro la possibilità di una “grande coalizione” post-elettorale. Ma scusino, con la proporzionale pura non sarebbe egualmente indispensabile, se non si vuol lasciare il Paese allo sbando? Teatro, teatro, parole a vanvera e nient’altro!

In Catalogna, l’ineffabile Puigdemont  sotto il suo caschetto di capelli neri, ha dichiarato l’indipendenza con riserva e chiesto un dialogo. Forse non poteva fare altro, ma giustamente Rajoy gli ha intimato di chiarire: ha dichiarato l’indipendenza o no? Perché se si, dialogare non ha senso. Ho seguito alla TV spagnola il dibattito nel Parlamento di Madrid (tra parentesi, molto più composto e dignitoso, molto meno sguaiato, dei dibattiti in Italia). Un fronte ampiamente maggioritario ha appoggiato il Governo dai Popolari a Ciudadanos, includendo i socialisti, che hanno rinunciato molto patriotticamente a cavalcare la crisi (mi sono venuti i brividi pensando a come si comporterebbero in una situazione analoga i vari Speranza, Bersani, D’Alema). La mia impressione è che la palla sia passata nel campo “unitario”. Vedremo!

In una settimana, Trump ha fatto più danni di altri presidenti in anni. Ha riaperto le emissioni di ossido di carbonico; ha ritirato gli USA dall’UNESCO (subito imitato dal plaudente Netanyahu) dando un colpo, che spero non preluda ad altri peggiori, al sistema multilaterale che costituisce, piaccia o no alla destra estrema sciovinista, un approdo di civiltà nel campo internazionale, se non vogliamo ritornare a uno stato selvaggio; ha preannunciato il non rinnovo del Trattato di Libero Commercio con il Messico e altri; ha avviato una nuova crociata contro l’Iran; ciliegina sulla torta, per superare l’ostilità del Congresso a cancellare la riforma Obama sulla salute, ha cercato di abolirla con un ordine esecutivo. Infine, minaccia non precisate “tempeste” contro la Corea del Nord (che, però, se le merita). Sul Washington Post, un commentatore di peso, John Robinson, ha scritto un articolo tanto chiaro quanto allarmante, dichiarando senza mezzi termini che Trump si sta dimostrando del tutto inadatto a governare e pericoloso per il Paese. Questa sarebbe l’opinione prevalente anche fra molti esponenti repubblicani, e i principali collaboratori del Presidente spenderebbero tempo ed energie enormi nello sforzo quotidiano, spesso inutile, di “contenerlo”. Ma lo stesso Robinson conclude malinconicamente che, per il momento, c’é poco da fare. L’impeachment è una possibilità remotissima, che diverrebbe plausibile solo se l’inchiesta in corso da parte dello “Special prosecutor” Muller concludesse nel senso di un diretto coinvolgimento di Trump nel Russia-gate e di una successiva “ostruzione di giustizia”. Secondo Robinson, la sola possibilità è di votare per i candidati democratici nelle elezioni di medio-termine nel 2018. Ma questo lascerebbe comunque un buon anno a Trump per governare con una maggioranza (anche se recalcitrante) nel Congresso e non gli impedirebbe altri guasti nei tre anni e più che gli restano. Terrificante.

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