La retta finale

Le ultime iniziative di Renzi, il tono sempre più duro della sua polemica, fanno pensare che il Premier crede ai sondaggi e comincia a sentirsi scottare la terra sotto i piedi. È vero che le corse si vincono nella retta finale e al 4 dicembre mancano due settimane, è vero che i sondaggi spesso sbagliano, ma le probabilità restano (purtroppo) contro il “Sì”.

Mi domando se Renzi e i suoi Ministri non debbano farsi (o stiano già facendo) un esame di coscienza. Hanno scritto e fatto votare la riforma in un clima diverso, è vero, e all’inizio pareva che la gente in maggioranza fosse d’accordo con qualcosa che  infine smuoveva le acque della palude. Ma se avessero fatto il loro lavoro con un po’ più di riflessione, avrebbero potuto, essendo comunque scontato il voto contrario dell’opposizione di destra, tenere insieme tutto lo schieramento della sinistra, almeno quella interna al PD e la bilancia oggi penderebbe a favore del Governo. Con alcune modifiche al disegno originale avrebbero convinto e ottenuto un fronte unito della sinistra e tolto argomenti all’opposizione.

Come? Per esempio mantenendo un Senato, ridotto in numero, ma direttamente elettivo e separando nettamente le competenze delle due Camere. Al Senato avrebbero  dovuto essere riconosciute la partecipazione alle cariche istituzionali di garanzia e alle leggi costituzionali, una “competenza di controllo” sulle materie riguardanti l’organizzazione dello Stato e i rapporti tra i vari livelli di autonomia, eventualmente sui trattati internazionali che incidano sulle Regioni. Punto. Navetta, quindi, ridotta al minimo, come in Francia, Spagna, Inghilterra. In materia di rapporti Stato-Regioni andavano nettamente divise le competenze ed evitata la clausola di “prevalenza dell’interesse nazionale” che sa di centralismo. Tanti  altri aspetti della riforma sono condivisibili, ma rischiano di essere oscurati dall’accusa (un po’ risibile se si pensa da che fonti  viene) di “attacco alla democrazia”.

Io credo che Renzi si sia reso conto degli errori commessi. Come ripararli? Siamo nella retta finale e ripararli è impossibile (la possibilità di correggere le riforme “dopo” un “Sì” mi pare poco realistico; come, d’altra parte, mi sembra assai illusoria la possibilità di realizzare, tutti  insieme amorosamente, dopo il “No”). A proposito, una chiosa: si sente ripetere a pappagallo che la Costituzione va riformata “con un largo consenso “ e si ricorda come esempio e modello la collaborazione che ci fu tra i Costituenti nel dopoguerra. Sarebbe facile e ingeneroso notare che la qualità dei Costituenti di allora era ben diversa da ora. E d’altra parte, Renzi aveva cercato  l’accordo con FI, facendosi da un lato demonizzare da quella parte del PD che ora chiede “l’ampio consenso” e incorrendo alla fine nella tipica alzata d’ingegno berlusconiana di far saltare il tavolo per un capriccio irresponsabile. Certo, più ampio è il consenso parlamentare, meglio è! Ma che lo invochi quella destra che nella prima decade del secolo approvò a maggioranza una riforma, poi bocciata nel Referendum  (quella sì, abbastanza autoritaria in materia di poteri del Presidente del Consiglio) e che poi ha avuto piena e ampia possibilità di partecipare nella preparazione della nuova, è abbastanza indegno.

Ma tutto questo apparterrà rapidamente al passato. Ora credo che il Premier debba ragionare (o stia già ragionando) su cosa fare in caso di vittoria del “No”. La sua minaccia di andarsene a casa, lui lo ha capito, è vista da molti come una succosa promessa. Ma ha un “Piano B”? Ha il diritto di lasciare il Paese senza guida con un colpo di testa d’orgoglio malriposto?

La soluzione corretta è che rimetta il suo mandato nella mani del Capo dello Stato e che sia questi a decidere, dopo rapide consultazioni, se accettare le dimissioni o rinviare il Governo alle Camere per una nuova fiducia. Anche se questo accade, il Governo ne uscirà inevitabilmente più debole e prima o poi  si arriverà a elezioni, anticipate di almeno un anno, una volta  rivista la legge elettorale. Io continuo a essere convinto per il “Sì” e lo voterò, ma vorrei chiedere a Renzi: valeva la pena tanta ostinazione?

©Futuro Europa®

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