Sudafrica, contrasti razziali senza fine

In Sudafrica, nuovi movimenti di protesta agitano le università. Scoppiano sempre più spesso disordini tra studenti bianchi e studenti neri e l’atmosfera si fa tesa come non mai.

Un paio di settimane fa, tre università sudafricane sono state costrette a chiudere per via del moltiplicarsi delle violenze all’interno dei loro campus. Dopo aver ottenuto lo scorso Ottobre il congelamento delle tasse universitarie, gli studenti sudafricani manifestano oggi per un po’ tutto, da cose “giuste” come un più facile accesso alle residenze universitarie e la gratuità dell’istruzione superiore, fino ad arrivare a richiesta più “politiche”, come la distruzione di opere d’arte che evocano il passato razzista del Paese. Le manifestazioni più importanti si sono svolte all’Università di Pretoria, dove gli studenti neri hanno reclamato la soppressione dell’afrikaans come lingua ufficiale nell’insegnamento, visto che solo una piccola minoranza (13%) di studenti bianchi si batte per difendere quello che considerano loro patrimonio culturale. Si sono visti diversi confronti molto tesi tra studenti affiliati al Partito della sinistra radicale, i Combattenti per la Libertà economica, e i membri della lobby afrikaans Afriforum che difende la cultura afrikaner. Lo scorso 22 Febbraio alla Free State University una partita di rugby è degenerata in rissa quando alcuni studenti e degli operai hanno invaso il campo durante l’intervallo per protestare contro il ricorso ai subappalti in seno all’università. In pochi minuti, gli studenti bianchi e i loro genitori che assistevano alla partita hanno cominciato ad inseguirli, insultarli e malmenarli anche una volta che avevano raggiunto le loro stanze. Il 24, alcuni studenti hanno appiccato il fuoco ad alcune costruzioni dell’Università del North West in segno di protesta per la nomina del nuovo consiglio studentesco. Quello precedente era stato sciolto dalla direzione dell’università. Mentre l’ala di scienze dell’università e alcuni dormitori andavano in fumo, scontri violenti scoppiavano contro la polizia che tentava di disperdere i manifestanti a colpi di proiettili di gomma e lacrimogeni. Diversi studenti sono rimasti feriti, e il campus è oggi chiuso a tempo indeterminato.

Questa rinascita di tensioni razziali su di uno sfondo di rivendicazioni economiche riapre ferite sempre vive in Sudafrica. Sicuramente c’è stata una sorta di pacificazione nel Paese, ma questa non ha previsto l’inclusione economica. Gli studenti che manifestano spesso provengono da famiglie povere ed esprimono tutta la loro frustrazione in seno ad una università che riflette le diseguaglianze strutturali ereditate dall’apartheid. “Nel contesto sudafricano- spiega il professore David Hornby, rappresentante del corpo insegnante dell’Università di Witwatersrand- l’accesso all’istruzione è molto radicalizzato, visto che coloro che possono pagare alte tasse scolastiche sono anche coloro che sono stati  storicamente privilegiati”. Per quanto riguarda l’afrikaans, se è vero che è la lingua con la quale si insegna all’università di Pretoria, essendo oggi  una lingua in minoranza su scala nazionale, farne una lingua d’insegnamento ufficiale rende alcune università “esclusive”. In un ambito dove l’istruzione superiore dovrebbe essere invece un fattore di sviluppo sociale ed economico, questo non va bene, l’orientamento dovrebbe essere di apertura non solo per una questione “razziale”, ma anche in previsione della crescita economica del Paese. In Sudafrica ci sono 27 università per 54 milioni di abitanti, mentre in Canada, per esempio, se ne possono contare 88 per 35 milioni di abitanti. Il gruppo Afriforum presenta la sua difesa dell’afrikaans come la difesa di un’intera identità culturale, quando questa ha tutto il sapore della difesa di un privilegio da bianchi.

Ma se questi eventi riflettono la frustrazione reale di una popolazione a maggioranza nera e povera, impaziente di ottenere finalmente la sua parte di privilegi, questa non deve nascondere il desiderio di costruzione condivisa che la maggioranza dei sudafricani desidera. La frustrazione socioeconomica esiste, ma viene strumentalizzata da piccoli gruppi di militanti. Il ricorso alla violenza è unanimemente denunciato nell’intero Paese. Qualcuno parla apertamente di “manifestazioni orchestrate politicamente”. Il Partito dei Combattenti per la Libertà economica (EFF) del populista Julius Malema è posto sotto accusa: i suoi simpatizzanti universitari sono particolarmente vendicativi ed erano in prima linea durante le ultime manifestazioni. Gli analisti politici sono convinti che il Partito di sinistra radicale – che è diventato uno specialista nel rendere particolarmente agitate le sedute parlamentari dell’Assemblea Nazionale sudafricana –  stia cercando di crearsi una certa legittimità politica utilizzando questo spazio di contestazione. Vogliono costruirsi un’identità basata sul confronto fisico, che non lascia spazio al dialogo. Ma il problema di fondo rimane l’allarmante impotenza del Governo sudafricano impantanato nei suoi scandali di corruzione e in piena crisi di legittimità. Questo nuovo ciclo di violenze è una derivazione degli attacchi xenofobi che hanno scosso il Paese un anno fa e delle manifestazioni quasi quotidiane contro la cattiva qualità dei servizi pubblici nelle townships. E’ giunto il momento di fare una seria riflessione sulla mancanza d’inclusione economica in Sudafrica. Il Governo è incapace di impegnarsi per il benessere della maggioranza della popolazione che, esasperata, cerca di risolvere il problema a modo suo.

Il Governo ha per ora scelto di reagire riempiendo i campus di polizia. Nei giorni scorsi una ventina di studenti del campus di Bloemfontein è stata sottoposta a fermo e interrogata dopo l’ennesima partita di rugby degenerata in violenza (dov’è finito lo spirito di Invictus?). Sui social media, gli studenti hanno subito accusato le forze dell’ordine di aver puntato esclusivamente gli studenti neri. All’Università di Pretoria i corsi sono ripresi sotto la più stretta sorveglianza. Il Ministro dell’Educazione e il Ministro della polizia si sono recati insieme all’Università di Witwaterstrand per incitare gli studenti a non ricorrere agli atti di vandalismo. Hanno deciso che per “proteggere il patrimonio sudafricano” fosse necessario ricorrere alla sicurezza privata nel campus dove esiste una biblioteca ricca di documenti storici. Ma nessuno crede che tutta questa “sicurezza” permetta si placare gli spiriti. Non è questa sicuramente la soluzione.

©Futuro Europa®

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