OdG, in Italia e nel mondo

Il rapporto del premier Matteo Renzi con la stampa è (stranamente, per un personaggio che usa la società liquida ed i mezzi mediatici con largo uso) decisamente controverso. Poco incline nella sua presunzione ad accettare critiche da qualunque parte vengano, ha portato alla sublimazione gli attacchi contro “un certo tipo di stampa” che avevano caratterizzato il ventennio berlusconiano. La famosa, o famigerata a seconda dei punti di vista, Leopolda, è diventata aula di tribunale, dove la condanna era una certezza, per la stampa con una votazione per decidere quale fosse la prima pagina ‘peggiore’ dei quotidiani italiani, per la cronaca i primi peggiori tre sono stati nell’ordine: Libero, Il Giornale ed Il Fatto Quotidiano. Delirio di onnipotenza e troppi festeggiamenti hanno forse accentuato la spinta anti-media del Presidente del Consiglio, che si è lanciato anche in proclami autoritaristici chiedendo a gran voce l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti.

Si badi bene, non di tutti gli Ordini ed Albi, materia già affrontata da altri governi in passato senza successo, e su cui sarebbe bene discutere in tempi moderni e di liberalizzazione, ma dello specifico e solo Ordine dei Giornalisti. L’uscita del Premier ha scatenato la piccata reazione del Presidente dell’OdG Enzo Iacopino, che aveva giustamente chiesto al Governo di non dare finanziamenti pubblici ai grandi gruppi editoriali che non pagano degnamente i propri giornalisti, con retribuzioni di 4-5.000 euro annui.

Ma qual è la situazione degli Ordini dei Giornalisti, ove esistono, nel resto del mondo?  Se negli Stati Uniti, portati spesso ad esempio della professione, esistono le shield laws a protezione delle fonti, in Germania e Spagna non abbiamo uno status giuridico definito, ma vigono precisi richiami ad autonomia, deontologia e vincoli riguardo l’accesso alla professione. Il Regno Unito si caratterizza per la più grande libertà, non esiste nessun tipo di norma o codice, se da un lato la professione viene vista particolarmente come ‘guardiano’ della politica, dall’altro è il paese dove si sono avuti i maggiori problemi riguardo la creazione di scandali ad arte.

Di regola nei paesi anglosassoni ci si basa su precisi accordi contrattuali tra le aziende e i loro giornalisti che prevedono il licenziamento del dipendente se il giornalista si rende colpevole di commistione tra pubblicità e informazione, molto forti i richiami a piena autonomia e indipendenza sul lavoro. Nei paesi nordici hanno introdotto la figura dell’Ombudsman come giudice-garante dei lettori. In Spagna è necessario avere la laurea in giornalismo, in Brasile al contrario è stata dichiarata incostituzionale la richiesta di un titolo di studio, è il Fenaj, il sindacato di categoria, a rilasciare una propria tessera. In Irlanda è stata imposta l’autoregolamentazione della professione per evitare un intervento legislativo. In Francia è considerato giornalista chi percepisce oltre il 50% del proprio reddito dall’attività stampa e la tessera viene rilasciata da un organismo statale. Particolarmente interessante è l’esempio australiano, dove è giornalista chi lo fa, facoltativa è l’iscrizione al Media, Entertainment & Arts Alliance, un sindacato che difende i diritti della categoria. Simile l’esperienza tedesca, dove L’Associazione tedesca dei giornalisti (Deutscher Journalisten-Verband, o DJV) conta oltre 50.000 iscritti, la disciplina è assicurata da un organo di controllo e auto-tutela e l’accesso alla professione è attuato dallo svolgere, in pratica anche qui è giornalista chi scrive per una testata, la stampa gode di alta considerazione e viene percepita come ‘cane da guardia’ della politica. Incredibilmente conflittuale il rapporto tra giornalisti ed editori in Svizzera, ognuno dei due player rilascia una propria tessera.

Come si vede un vero e proprio Ordine inteso come Albo il cui accesso è sottoposto ad una regolamentazione, che nel caso nazionale rasenta l’assurdo basandosi solo sul compenso dato al giornalista, come in Italia non ha molti estimatori. In generale vige la regola che è considerato giornalista chi fa attività stampa presso una testata, con variegati distinguo da paese a paese, il che non vuol dire liberismo selvaggio. I richiami alla deontologia, alla correttezza, all’indipendenza, alla non commistione con interessi terzi è forte e radicata ovunque e a tale scopo sono stati creati vari sistemi di controllo e tutela.

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