Scuola, l’abbandono

Negli ultimi anni, i ragazzi che hanno abbandonato la scuola secondaria superiore, nel nostro Paese, sono stati quasi 2 milioni e 900mila. Un’emorragia drammatica che indebolisce il sistema Italia da decenni, messa in luce grazie ad un rapporto pubblicato di recente da Tuttoscuola. Nel 2013, gli Early school leavers, termine inglese per chi si ferma alla terza media e non si “forma” più, sono stati 110mila. Di questi, il 17% dei giovani ha tra i 18 e i 24 anni, il 19,4% è del Sud, il 16,4 viene dalla Calabria e il 22,2% dalla Campania.

Il disagio scolastico che porta all’abbandono dalle aule è un vicolo cieco da cui però si può uscire: il progetto “Fuoriclasse” (promosso da “Save the Children” a Napoli, Scalea e Crotone dal 2012) ha dimezzato assenze e ritardi di 750 studenti under 13. Un piccolo miracolo, certificato dalla Fondazione Giovanni Agnelli, che ne ha valutato l’impatto positivo comparando alcuni parametri tra giovani delle scuole coinvolte e non. Solo un anno dopo, per la prima volta la dispersione scolastica negli istituti statali d’istruzione secondaria superiore scende sotto le 170mila unità di studenti “dispersi” (esattamente 167.083, l’equivalente dell’intera popolazione scolastica in Piemonte, Lombardia e Veneto al primo anno delle superiori): una dispersione pari al 27,9%. L’anno precedente, sempre secondo la comparazione quinquennale, erano stati oltre 12 mila di più, per una percentuale complessiva pari al 29,7%.

Dati comunque “allarmanti” – secondo la presidente della Camera Laura Boldrini, intervenuta insieme al ministro dell’istruzione Stefania Giannini alla presentazione dell’indagine – e che “non lasciano più tempo per fare diagnosi”. Servono infatti “strategie mirate ad un intervento che sappia restituire all’istruzione un ruolo di spinta per l’avvenire del nostro Paese. Non vi sarà crescita in Italia né ripresa, se non verranno risolti i nodi storici del nostro sistema di istruzione”.

Il report permette di individuare quali sono gli indirizzi in cui si registra il maggior tasso di dispersione. Come è facile intuire, l’incidenza degli abbandoni è diversa tanto tra le tipologie di scuole quanto tra i territori regionali. Alla fine degli anni ‘90 e all’inizio del secolo, prima che i licei classici e scientifici avessero un sensibile aumento di iscritti, il numero degli studenti dispersi ed il tasso di abbandono scolastico erano contenuti.  Per gli istituti magistrali (gli attuali liceo Socio-psico-pedagogico e delle scienze umane), il tasso di dispersione negli anni è sempre stato costante, attestandosi mediamente su una percentuale del 24%. Più preoccupante è la situazione degli istituti professionali. Questi ultimi detengono, infatti, il non invidiabile primato del più alto tasso di dispersione, anche se, in modo molto contenuto, vi è stato il concorso della mancata prosecuzione del percorso scolastico di una certa quota di studenti, dopo il conseguimento della qualifica professionale al terzo anno.

Sorprendenti i dati per ciò che riguarda la distribuzione geografica della dispersione scolastica. Rispetto alla media nazionale del 27,9% registrata al termine di questo ultimo quinquennio, vi sono notevoli scostamenti tra le regioni o le aree territoriali. Può stupire, ad esempio, il fatto che dopo le Isole (tasso medio di dispersione 35,4%) sia il Nord Ovest con un tasso del 29,1% ad avere la situazione più precaria. Tra le regioni, l’Umbria presenta la situazione migliore a livello nazionale, con un tasso di dispersione del 18,2%, seguita da Marche e Molise con il 21,1%. La situazione peggiore è quella della Sardegna (36,2%), seguita dalla Sicilia (35,2%).

Il report permette infine di osservare quali sono le Regioni che hanno maggiormente beneficiato dei finanziamenti per i progetti contro la dispersione scolastica, previsti dal Decreto legge 104/2013 “La scuola riparte”. La regione che ha ricevuto di più è stata la Lombardia, con oltre 2 milioni di euro, quella che ha ricevuto di meno è stata il Molise, con circa 22mila euro. Nessuna novità in tutto ciò. Sin dai tempi della Magna Grecia, il Sud promuove la cultura, non l’accesso o l’uso concreto della stessa. Se la cultura fosse davvero per tutti, i “notabili” che fine farebbero? Quel che davvero deve spaventare è la “borbonizzazione” dell’Italia: un fenomeno che si sente, ogni giorno e ovunque nel nostro Paese.

La domanda è: quanto ci costa perdere ogni anno decine di migliaia di ragazzi? Tra l’1,4% e il 6,8% del Pil, a seconda della crescita del Paese. Conti alla mano, il Terzo Settore – da solo – investe ogni anno 60 milioni di euro per contrastare la dispersione scolastica. Uno sforzo comparabile a quello del Ministero dell’Istruzione, che investe circa 55 milioni di euro ogni anno in progetti attivati nelle scuole, principalmente con finalità di recupero.

Una riflessione è dunque d’obbligo: la battaglia contro l’abbandono scolastico ha bisogno di più eserciti. Accanto alle famiglie ed agli insegnanti, il Terzo Settore sta allargando sempre più il proprio peso, ma spesso a tutto ciò non corrisponde un coordinamento delle forze dei soggetti in gioco. In concreto, la chiave resta nella comunicazione: scuole, genitori ed associazioni devono trovare il modo di interloquire. Se si continua sulla strada del conflitto – che spesso regna nelle relazioni tra i soggetti interni e quelli esterni alla scuola – gli interventi stessi perderanno di senso. È necessario un atto di responsabilità da parte di tutti, così come di equilibrio. Il privato sociale è oggi importantissimo per le scuole e, se è vero che docenti e terzo settore rispondono a logiche diverse ed indipendenti tra loro, è vero anche che il dialogo resta l’unica via per costruire azioni utili agli studenti.

Anche per Raffaele Cantone, presidente dell’Anticorruzione, quello dell’evasione scolastica rimane un problema chiave del nostro Paese. Poi c’è il problema degli stranieri. Nelle scuole di Napoli, scrive Il Mattino, i figli degli immigrati sono 3.500: quanti a Udine e meno che a Piacenza, mentre a Roma sono 39 mila, a Milano 35 mila, a Torino 23 mila. A Napoli, tra l’altro, non si svuotano solo le scuole. Si svuota la città. Vanno via le giovani coppie in cerca di fitti meno cari, vanno via i disoccupati in cerca di lavoro, vanno via gli studenti in cerca di scuole e università migliori, e ora vanno via anche i professori in cerca di stabilità: secondo la Cgil sono 3000 in Campania, almeno 1.600 nel capoluogo.

Sarebbe illusorio pensare di combattere i problemi connessi all’abbandono scolastico senza affrontare i nodi irrisolti nel nostro Paese, primi fra tutti le differenze di genere sul mercato del lavoro e le disparità territoriali.

©Futuro Europa®

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