Mark e Bill, filantrocapitalisti

Il mondo cambia. Ed anche la filantropia è in profonda trasformazione. L’evoluzione delle associazioni umanitarie convenzionali ha portato alla nascita di due nuove entità che stanno ridisegnando le regole del gioco: da una parte i filantrocapitalisti, dall’altra una galassia di gruppi di base incentrati sul web, come Kiva.org, Globalgiving, Facebookcauses e Donorschooce. I primi ritengono, come sostiene il libro Philanthrocapitalism, che sia necessario “un nuovo approccio alla soluzione dei problemi, basato su partnership innovative tra mondo degli affari, organizzazioni non-profit e governi”. I secondi, come spiega Silvia Pochettino, direttore di Vps, la comunità virtuale della federazione di ong Focsiv, “usano la rete come strumento per mettere in contatto diretto i donatori con i beneficiari su progetti di microcredito attraverso microdonazioni, integrando le competenze del profit con quelle del non-profit. Un approccio orizzontale, contro quello verticale dei filantrocapitalisti”.

Ad aprire la strada del filantrocapitalismo è stato Bill Gates, per anni primo in classifica tra i più ricchi al mondo ed impegnato a migliorare la salute dei bambini africani attraverso una campagna di vaccinazioni, iniziata nel 2009, dal costo, annunciato, di 10 miliardi di dollari. Anche Mark Zuckerberg ha deciso di donare in beneficenza almeno metà del proprio patrimonio. Il cofondatore di Facebook è stato convinto da Bill Gates e Warren Buffet, i due miliardari statunitensi che dal 2009 si danno da fare per convincere i loro colleghi multimiliardari a donare metà dei loro patrimoni per attività benefiche. Il progetto si chiama “Giving Pledge”, letteralmente la Promessa di Donare, e insieme a Zuckerberg altri sedici personaggi di spicco dell’imprenditoria e della finanza su scala mondiale hanno deciso di partecipare all’iniziativa messa in piedi dal fondatore di Microsoft.

Solo un anno fa, il co-fondatore di Facebook e la moglie Priscilla Chan hanno annunciato tramite Facebook la donazione di 25 milioni di dollari per aderire alla lotta contro il virus Ebola. Il contributo benefico è stato destinato alla fondazione del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie Usa (Cdc). “L’epidemia ha raggiunto una gravità critica” ha scritto sulla sua pagina personale il fondatore del social network e ha aggiunto “Con 8.400 persone infettate finora il contagio si sta diffondendo molto rapidamente e potrebbe arrivare a colpire un milione di persone se non si dispongono le cure adeguate”. Zuckerberg ha poi affermato: “Dobbiamo tenere il virus sotto controllo nel breve termine, in modo che non si diffonda ulteriormente e finisca per diventare una epidemia su larga scala che va avanti per decenni, come per l’Hiv o la polio”. Delle sue numerose donazioni, un’altra che ha fatto scalpore – anche perché è stata annunciata in televisione nel corso del seguitissimo talk show di Oprah Winfrey – è stato il contributo di 100 milioni di dollari per le disastrate scuole pubbliche di Newark, la più grande città del New Jersey.

Il Giving Pledge stabilisce alcune regole cui i partecipanti devono sottostare, ma non impone particolari limiti né all’entità economica delle singole iniziative benefiche, né tanto meno alle loro caratteristiche. Per chi decide di aderire c’è un solo punto fermo: donare in vita almeno metà dei propri averi in beneficenza. Non si tratta di una condizione da poco e Gates, la moglie Melinda, e Buffet hanno faticato molto prima di convincere i miliardari. Tra i nuovi partecipanti al progetto ci sono anche Steve Case, il cofondatore di AOL, l’investitore Carl Icahn e il finanziere Michael Milken, quello delle obbligazioni ad alto rischio, che si è detto interessato dalla possibilità di fare del bene mentre è ancora in vita, invece di affidare la gestione della beneficienza ad un fondo dopo la sua morte.

L’iniziativa raccoglie ora circa cinquanta partecipanti e Zuckerberg è tra i più giovani del gruppo di benefattori. Secondo Forbes, la sua fortuna ammonta a circa 6,9 miliardi di dollari, ma si tratta semplicemente di una stima basata sul probabile valore delle azioni di Facebook, società che al momento non è ancora quotata in borsa. Anche Dustin Moskovitz, uno dei compagni di stanza con cui Zuckerberg ha creato Facebook, ha deciso di partecipare al Giving Pledge.

La globalizzazione ha investito anche la filantropia: Jack Ma, il fondatore del colosso del commercio online cinese AliBaba, ha presentato durante la giornata inaugurale dell’ultima conferenza sul clima, un programma di finanziamento di progetti di sviluppo delle energie pulite. Con lui, hanno unito le forze facoltosi investitori come Jeff Bezos, Zuckerberg e lo stesso Gates. Il gruppo si chiama Breakthrough Energy Coalition, e si pone l’obiettivo primario “di accelerare il più possibile i progressi nell’energia pulita facendo nel contempo profitto”. Qualche malizioso potrebbe pensare anche ad un risvolto mediatico della questione. Giovani milionari si affacciano alla filantropia tanto cara ad un miliardario del settore, come Bill Gates. Una bella gara, purché sia di solidarietà.

Ma gli interventi ‘dall’alto’ non piacciono a chi opera ‘dal basso’. “Questi sacerdoti del dio denaro sono i fautori dei disastri che hanno portato il pianeta sull’orlo del precipizio, giocando in modo spregiudicato con le regole del mercato (George Soros è un esempio) “ha commentato Giulio Albanese, missionario comboniano e direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie: “Ed ora cercano di lavarsi la coscienza facendo beneficenza”.

©Futuro Europa®

Print Friendly, PDF & Email
Condividi

Sii il primo a commentare su "Mark e Bill, filantrocapitalisti"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato


*