L’affaire Boschi

“Il ministro delle riforme Maria Elena Boschi dissimula il conflitto di interessi, legato al decreto salva-banche, con la sua formale assenza al Consiglio dei Ministri che ha varato il provvedimento. E se non ci fosse stata la tragedia del pensionato suicida, tutto sarebbe rimasto legato alla sfera economica e non si sarebbe mai parlato di opportunità politica”. Lo scrive Roberto Saviano sul suo profilo Facebook, rilanciando un lungo articolo scritto per Post.it in cui parla di “problema enorme”.

Molti si sono preoccupati di dare ampia pubblicità agli impegni della Boschi nella giornata in cui il Consiglio dei Ministri ha varato il decreto che ha salvato dal fallimento anche la Banca della quale il padre è stato vicepresidente. Salvata la forma con l’assenza dalla votazione Maria Elena Boschi ritiene di aver risolto la questione sul piano politico. Ma non è così. Ed il tono di sfida con il quale il ministro ha dichiarato: “vedremo chi ha i numeri in aula, io non mi dimetto” non aiuta a chiarire la sua posizione, casomai l’aggrava senza dissipare i dubbi dei cittadini .

Perché la Banca sia fallita – dopo essere stata oggetto nei mesi scorsi di sospette speculazioni – è compito degli organi competenti accertarlo. Ma il conflitto di interessi del Ministro Boschi è un problema politico  dal quale un esponente di primissimo piano del governo del cambiamento non può sfuggire. In epoca passata abbiamo assistito a crociate sui media per molto meno, contro esponenti di terza fila del sottobosco politico di centrodestra: oggi invece pare che di certe cose non si debba o addirittura non si possa parlare.

C’è anche il ministro Boschi tra i correntisti beffati nel salvataggio delle quattro banche messo in campo dal governo Renzi. Come riporta il Giornale, nella sua ultima dichiarazione dei redditi (maggio 2014) emerge che la Boschi fosse proprietaria di 1500 azioni della Popolare dell’Etruria, per un valore complessivo di 1100. Non una grande cifra, ma un gruzzoletto di risparmi messo nella banca molto familiare al ministro, con il padre vicepresidente e il fratello dipendente fino a poco tempo fa.

Pier Luigi BoschiPier Luigi Boschi, padre del ministro per le riforme, è stato vicepresidente di Banca Etruria dal maggio 2014, tre mesi dopo l’ingresso a Palazzo Chigi della figlia. Una tempistica che ha scatenato le opposizioni per il possibile conflitto di interessi, dopo la travagliata vicenda dell’istituto, appena salvato da quello stesso governo di cui è membro Maria Elena.

Le cose non devono però essere andate per il meglio, se due ispezioni di Bankitalia nell’istituto  aretino, nel 2012 e nel 2013, portarono a una maxi-multa per 18 tra sindaci e amministratori . E tra questi Pier Luigi Boschi, multato per 144 mila euro a causa delle sue “violazioni di disposizioni sulla governance, carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nella gestione nel controllo del credito e omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza”. Il settore crediti era curato da Emanuele Boschi, figlio di Pier Luigi e fratello di Maria Elena, un po’ sbadato: non si sarà infatti accorto dei fidi spericolati che si auto-assegnavano fior di amministratori. Ragion per cui le Procure di Arezzo e Firenze indagano per false comunicazioni sociali a danno dei soci o dei creditori, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto.

La lista delle “poltrone” occupate da papà Boschi contempla quattordici voci diverse: tre presidenze di Cda (società agricole e coop), due vicepresidenze e poi incarichi da consigliere in altre sette società, dal Consorzio Vino Chianti alla Società Immobiliare Casa Bianca fino a Progetto Toscana Srl. La domanda la pone l‘economista Riccardo Puglisi, responsabile economico di Italia Unica: “Dalla Banca d’Italia sarebbe opportuno conoscere l’ammontare di fidi che l’Etruria ha concesso a queste società in cui Pier Luigi Boschi ha cariche amministrative”. Anche perché, secondo gli ispettori di Bankitalia, 13 amministratori e 5 sindaci hanno interessi in n. 198 posizioni di fido, per un importo totale accordato, al 30 settembre 2014, di circa 185 milioni di euro. Tradotto significa che in media ogni amministratore ha interessi in più di dieci finanziamenti concessi dalla banca. Papà Boschi, con i suoi quattordici Cda, rientra in questa media? E’ probabile che Maria Elena Boschi non risponda ai tanti interrogativi dell’opinione pubblica come se il silenzio fosse la soluzione del problema. Ma questo è un comportamento autoritario di chi si sente sicuro nel proprio ruolo poiché (per ora) le alternative non lo preoccupano. Molti però ricordano la lezione di sensibilità politica che il ministro Boschi diede a Ballarò all’allora ministro della giustizia Cancellieri, sollecitandone le dimissioni. Insomma, se di sensibilità politica si vuole parlare, “avere i numeri” in Aula non è sufficiente.

©Futuro Europa®

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