Giornalisti: Ambiente, serve Informazione

In Italia di alluvioni si muore. Colpa, ormai è chiaro per tutti, non solo del clima ma anche del cemento. L’informazione, tecnicamente un ‘servizio’ per la collettività, ha una grande responsabilità nell’evitare morti e disastri. In due momenti: l’emergenza, e la prevenzione. Quando c’è in gioco la vita umana, l’informazione non può essere demandata ai social, o a stili giornalistici che ai social si ispirano: serve professionalità, quella che i giornalisti possono garantire. Oppure, nel Terzo Millennio, si continuerà a morire per un acquazzone.

E’ questo il messaggio della Carta di Olbia, un documento di autoregolamentazione presentato dall’Unione Cattolica Stampa Italiana a due anni dalla tragica alluvione della Sardegna. Una iniziativa ben accolta dal Capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio, che ha sostenuto che: “gli organi di informazione sono un pilastro fondamentale nel sistema di protezione civile, sia durante l’emergenza sia in fase di prevenzione: è il flusso costante, tempestivo e preciso delle informazioni certificate che consente ai cittadini di fruire del  diritto ad essere informati, soprattutto in situazioni di criticità. E’ grazie a informazioni corrette che ogni cittadino ha la possibilità di aumentare la propria consapevolezza dei rischi, è grazie a informazioni tempestive che può mettere in atto, durante gli eventi calamitosi, i comportamenti di autoprotezione che possono fare la differenza”.

L’emergenza: l’informazione metereologica era autorevole quando era comunicata dalla Rai attraverso le pacate parole del Colonnello Bernacca, o del Colonnello Baroni o di tanti altri esperti colleghi. Oggi invece le alluvioni di acqua e fango sono precedute da alluvioni di parole incorniciate da toni drammatici, col risultato che le allerte meteo vengono spesso vanificate dall’effetto ‘al lupo al lupo’. I giornalisti registrano e trasferiscono al pubblico gli allarmi della Protezione Civile con uno stile oratorio televisivo strozzato e sincopato, tra cornici e banner rosso squillante, con un effetto ben diverso da quello ben più credibile dei Colonnelli dell’Aeronautica. E’ il ‘Meteo-spettacolo’, cresciuto esponenzialmente con la concorrenza delle reti. Gli speaker non ‘mediano’ più i messaggi, che riguardano, però, la previsione più complessa al mondo per la probabilistica ovvero il Meteo, e danno per certi disastri che in realtà potrebbero non verificarsi, e a volte non si verificano. In  questo modo tutta la catena informativa cede e le popolazioni a rischio-alluvione, pur bombardate da allarmi, sono stordite da quello che in Comunicazione si chiama ‘effetto rumore’; e non sempre prendono precauzioni. Responsabilità anche, insomma, della “odierna realtà dei sistemi di comunicazione”, dice la Carta di Olbia, “caratterizzata da rumore dispersivo e da mezzi personali di connessione che spingono all’individualismo”. Tutti sanno, ma raramente attraverso fonti professionali; perciò spesso non credono, e di conseguenza non prendono precauzioni a volte fino a perdere la vita.

La prevenzione. Piove di più? No, solo diversamente, con scrosci più violenti ma passeggeri, dicono i dati dell’ISPRA, del Ministero dell’Ambiente. C’è più cemento, questo sì, ad accelerare lo scorrere delle acque piovane, cemento spesso costruito abusivamente oppure ‘autorizzato’ in spregio a qualsiasi rilevamento tecnico ragionevole e attendibile. L’effetto ‘cemento-pazzo’ giustifica i disastri, non le morti per allerte non credute da parte dei cittadini, ma come causa di perdita di vite umane deve essere anch’esso oggetto di una informazione che deve essere corretta. Come ha spiegato il Presidente dell’UCSI, Andrea Melodia, nel citare il passaggio centrale della Carta di Olbia dopo aver ricordato lo stimolo alla cura dell’Ambiente giunto anche all’Informazione dall’enciclica Laudato si’: “Noi giornalisti proviamo a fare un esame di coscienza. Sappiamo svolgere il nostro ruolo di ‘cani da guardia’ nella società civile? Ci limitiamo a rincorrere la cronaca, o facciamo un giornalismo di inchiesta, di investigazione, sui fenomeni che riguardano la vita di tutti? Di fronte ai fiumi che non si puliscono, ai ponti mal costruiti, alle costruzioni erette dove non dovrebbero esserci, raccontiamo o stiamo zitti?”

La prevenzione, quella contro i canali tombati, gli argini cementificati, i quartieri costruiti nelle aree di esondazione, i rilevamenti geologici non affidati ai Geologi, l’uso dei materiali scadenti per rientrare nelle gare d’appalto al ribasso, è il secondo, importantissimo terreno di lavoro di una Informazione ambientale che sia ‘servizio’ e non solo ‘spettacolo’:  “Se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale e municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali”, dice la Carta di Olbia. “E come può esercitarsi questo potere dei cittadini in assenza di una informazione corretta? Come si può realizzare un dibattito ampio e approfondito sulle analisi di impatto ambientale dei nuovi progetti, non alterate da tentativi di corruzione o di pressioni indebite, in assenza di meccanismi trasparenti di informazione pubblica professionalmente certificata? Per realizzare politiche condivise, occorre che tutti siano adeguatamente informati nella prospettiva del bene comune.”

“In realtà, la professione giornalistica potrà avere un futuro solo attraverso la riscoperta della sua utilità sociale”, dice il documento dell’UCSI. E ancora: “Il futuro della informazione professionale sta nella sua utilità sociale e, in ultima analisi, nell’esercizio concreto e responsabile di una mediaetica, e non nella ulteriore esaltazione di modelli consumistici già ampiamente diffusi nelle pratiche della comunicazione”. Insomma, le panzane in stile-marketing lasciamole al teatrino dei social e al mercatino della telefonia. E, visto che i cittadini per esser tali hanno bisogno di un servizio di informazione degno di questo nome, noi giornalisti pensiamo a lavorare bene.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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