Expo 2015, solo una fiera enogastronomica?

Il presidente della fondazione Pubblicità Progresso e consigliere dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, Alberto Contri, ritiene di “avere più di un titolo per parlare” e dire “con amarezza” che, a suo giudizio, “il tema per cui Letizia Moratti si era impegnata e che aveva consentito l’assegnazione di Expo all’Italia è stato totalmente disatteso. (…) L’Expo è solo una fiera campionaria dell’alimentazione”.

Come tutti sappiamo, l’Italia si è buttata a capofitto in questo progetto, Expo 2015 dovrebbe essere la vetrina del definitivo rilancio internazionale del nostro Paese, dopo qualche decennio di oblio, mostrando al mondo i suoi prodotti di eccellenza soprattutto in ambito eno-gastronomico. Per inseguire questo obbiettivo, l’Italia ha investito circa 3,5 miliardi di euro per la realizzazione dei padiglioni e dell’area espositiva, a cui bisogna aggiungere circa 12,5 miliardi di euro per le opere infrastrutturali connesse all’Esposizione.

Ma dell’ambizioso tema  iniziale, ovvero “nutrire il pianeta”, che cosa è rimasto? Troppo poco, ha sottolineato Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale di Milano. “Il solo a non tradire il tema è il Padiglione Zero, che racconta la storia del cibo come storia degli uomini, del rispetto della natura, del lavoro e dei diritti. Ho creduto al tema e l’obiettivo era che Milano diventasse capitale mondiale del cibo e dell’acqua”.  Quel che è successo, invece, è stato un grande evento che ha attirato risorse in un unico punto del Paese. Alcuni ritengono che, al di là dell’indubbio successo di pubblico, la gente visiti Expo con lo spirito con cui andava alla fiera campionaria.

Il Comune di Milano non ha né avrà le cifre precise dei visitatori dell’Expo. Secondo alcuni, la stima degli ingressi sarebbe molto più bassa di quanto dichiarato dall’organizzazione. Il Fatto Quotidiano ne ha parlato con una delle persone più informate sull’argomento, ovvero sempre Basilio Rizzo, che da anni è impegnato nella denuncia di corruzione e malaffare: “La ragione per cui non comunicano i dati dei visitatori è offensiva. È come se ci fosse il ministero della cultura popolare che stabilisce che cosa i cittadini possano sapere e che cosa non possano sapere”, dice a Luigi Franco.

Non si capisce il motivo della poca chiarezza sui dati degli ingressi all’Expo, in tanti chiedono al commissario unico Giuseppe Sala di comunicare tutti i dati senza omissioni: “Chiedere trasparenza non è un capriccio, perché consentirebbe a noi amministratori di conoscere qual è la reale situazione, che incide sui bilanci pubblici. E di correre in tempo ai ripari, se necessario” dice Rizzo. “I numeri dei visitatori comunicati da Expo non tornano. La mancanza di trasparenza dimostrata sinora è un fatto grave”.

“Atm ha scritto in un comunicato che in media di sabato scendono alla fermata di Rho Expo del metrò intorno ai 30mila passeggeri – dice Rizzo – Il sabato è il giorno di maggiore affluenza e la maggior parte dei visitatori arriva in metrò. In treno invece arriva poca gente e i parcheggi sono desolatamente vuoti, tanto che si sono dovuti inventare l’ingresso serale gratuito per chi arriva in auto. Partendo da queste considerazioni non si arriva certo ai dati comunicati ufficialmente da Expo, a meno che tutti gli altri visitatori vengano paracadutati sul sito”.

In realtà il successo o il fallimento di Expo non dipende dal numero dei visitatori, ma dai contenuti, che per il momento sono mancati: la centralità del tema della nutrizione non c’è ed Expo è diventata una fiera campionaria. Non si è verificato il flusso turistico atteso che avrebbe dovuto sistemare i conti e far decollare l’economia di Torino e del Piemonte, anzi il numero di turisti è diminuito rispetto a quello riscontrato prima delle Olimpiadi e nel resto dell’Italia l’incremento  di presenze è stato più consistente che in Piemonte e a Torino. I costi complessivi, cresciuti enormemente per corruzione e mancanza di programmazione, note piaghe italiane, sono costituiti da una spesa iniziale di 3,2 miliardi prevista per gli impianti strettamente dell’Expo, quali i padiglioni, l’anfiteatro ecc., mentre le opere infrastrutturali connesse valgono oltre il triplo, ovvero circa 12,5 miliardi di euro.

E per il dopo Expo cosa è stato deciso? Per il momento, è previsto che vengano riconvertite e riutilizzate solo alcune strutture principali, come i centri congresso, gli anfiteatri e parte del padiglione del Paese organizzatore. Ma quasi tutti gli altri padiglioni e le strutture realizzate per le Esposizioni universali saranno smantellate alla fine dell’evento. Tuttavia è lecito sperare che, concluso il grande evento, l’area in questione possa servire ad un’autentica espansione della città, dato che l’intera zona è andata acquistando nuova popolazione nonostante la crisi economica.

©Futuro Europa®

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