Se l’immigrazione diventa un business

Al malaffare non c’è limite. L’ultimo appena scoperchiato dalla magistratura ha di fatto acceso i riflettori su un business che, benché abbia scatenato stupore e indignazione, poco ha di novità. Sì, perché la speculazione su immigrati e meno fortunati avviene da sempre nel nostro Paese. L’unica novità portata alla luce dall’indagine “mafia capitale” sono le modalità e il campo di azione dello sfruttamento degli immigrati.

Infatti l’attenzione degli affaristi si è concentrata sui centri di accoglienza romani che, a detta dei soggetti interessati, è un business che “rende più della droga”. Ma senza voler entrare nei dettagli di una indagine ancora nelle fasi preliminari e senza accusare nessuno prima di una sentenza definitiva, è necessario comunque riflettere su come a volte la moralità generale venga calpestata da persone senza pudore. Sì, perché sono diverse e molto radicate le abitudini di lucrare sulle disgrazie altrui. Capita di scovare nelle cronache locali di appartamenti affittati ad immigrati a prezzi altissimi con affollamenti disumani delle stanze.

Troppe volte si rimane scandalizzati dalle notizie che hanno ripercussioni mediatiche di portata nazionale lasciando nel silenzio più assordante quotidiani casi di business sulle disgrazie umanitarie. Quello che ”mafia capitale” ha mostrato all’Italia e al mondo, oltre che mostrare la difficoltà delle istituzione di poter porre un freno a quello che ormai, per l’opinione pubblica, è un sostanziale velo corruttivo che ricopre interamente il nostro paese. Definire l’organizzazione dei centri di accoglienza, dei campi profughi e dei campi rom un business più redditizio di quello della droga, calpestando profondamente la dignità umana, con anche il sospetto di una intrinseca collusione pubblica, non fa altro che alimentare dubbi sulle reali volontà di ridimensionare e regolamentare il fenomeno migratorio.

Nell’Italia che negli ultimi mesi è stata presentata al mondo sembra apparire più il marcio che le opportunità di impresa nel nostro Paese, diffondendo enormi dubbi sulla serietà dell’economia italiana. Dopo tutto questo forse è necessario che il governo lanci forti segnali nella lotta alla corruzione perché il rischio è quello di far paragonare il nostro paese a quelli considerati “terzo mondo”.

©Futuro Europa®

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