De Nardis (Nomisma): Fiscal Compact, regole da ripensare

A Bologna il Palazzo Davia-Bargellini è un sontuoso palazzo storico del 1638 in stile barocco nel centro città dove ha sede un altro pezzo di storia italiana, Nomisma. In greco antico la parola Nomisma indica il “valore reale delle cose”, un Think Tank che è un’eccellenza nel panorama dei centri studi italiani ed internazionali. Qui si sono alternati i più noti esperti e studiosi italiani con la produzione di analisi particolarmente valide e centrate, ed è qui che, passando tra le due imponenti statue all’entrata e salendo per gli antichi scaloni, ci attende per una intervista il capo-economista di Nomisma Sergio De Nardis. Personalità di spicco ed autorevole, unisce al carisma di economista di vaglia, doti di disponibilità e cordialità che trasformano una disquisizione su temi economici in una conversazione tanto illuminante, quanto piacevole.

Qual è il suo pensiero riguardo il Fiscal Compact, in particolare relativamente alle percentuali del 3% nel rapporto deficit-Pil ed il 60% in quello debito-Pil? Ritiene sia un obiettivo raggiungibile nell’arco dei 20 anni previsti?

Il Fiscal Compact è un regola relativamente recente, in quanto parte dal Patto di Stabilità e Crescita (ndr 1997), in inglese SGP o Stability and Growth Pact, ed è qui che troviamo i target riportati. Questi esistono da sempre, da dopo Maastricht diciamo, il Fiscal Compact è stato introdotto nel 2011-2012 e rende molto più cogenti i parametri da rispettare rendendo molto più stretto il percorso da effettuare e prevedendo anche sanzioni. L’obiettivo è comune e chi parte da più lontano come noi fa più fatica, la regola è di abbattere un ventesimo all’anno fino ad avvicinarsi al 60% riducendo l’eccesso.

Si parla di una cifra da tagliare, nell’ambito della riduzione al 60%, di 45-50 miliardi di euro annui, è reale?

Dipende da come va il Pil, proprio il ministro Padoan ha ricordato che se l’Italia riesce ad azzerare il proprio deficit strutturale, quest’anno è del -2,6%, ma strutturale vuol dire che lo correggi per il ciclo economico, per la recessione, quindi stiamo correggendo, penso, intorno al -1%. Se noi azzeriamo questo, e riusciamo a tenere lo 0%, basta che il Pil nominale, cioè non il Pil reale, ma il Pil prezzi per quantità, cresca di un 3% annuo. Questo 3% non è quello reale, ma la crescita prevista che è di 1-1,2%, forse ottimisticamente anche 1,5-1,6%, più l’inflazione. Mettendo assieme questi due parametri possiamo soddisfare i requisiti del Fiscal Compact senza ulteriori misure. I problemi sono che prima dobbiamo raggiungere la parità di bilancio e non ci siamo ancora, se poi in uno scenario di crescita bassa, ci allontaniamo dall’inflazione del 2% avvicinandoci allo 0%, tutto il percorso diventa più difficile soprattutto per quei paesi come noi e la Spagna. Insomma ci sono vari punti interrogativi.

Le sanzioni previste in caso di non ottemperanza delle regole, hanno motivo di essere alla luce della situazione economica attuale?

Sicuramente le sanzioni hanno motivo di essere in uno scenario normale, di ripresa o anche di debolezza normale. Un conto è applicarle in una situazione come questa dove il paese che non può rispettare i requisiti richiesti, magari non lo sta facendo proprio perché non ci riesce. Se poi lo multi, lo danneggi ancora di più in una situazione di difficoltà. Noi ci troviamo adesso, in Europa, in una situazione mai conosciuta finora, peggiore anche di quella degli anni ’30 della grande depressione. In verità in America fu molto più brutta che in Italia in quanto qui c’era della spesa pubblica per armamenti che fece da ammortizzatore. Una situazione del genere in Italia non l’abbiamo mai avuta, ma adesso abbiamo una ricchezza che allora non c’era, ora c’è la casa, il welfare, gli ammortizzatori sociali.

Sul fatto di avere normato il pareggio di bilancio in Costituzione, ci sono state molte discussioni; negli Stati Uniti dove già era inserita, ha creato non pochi problemi. Quale è il suo parere in merito?

L’abbiamo fatto perché ci trovavamo in una situazione particolare e ci fu chiesto dall’Europa di mettere per legge costituzionale dei vincoli che rispecchiassero quelli stabiliti a livello europeo. Secondo me non è giusto, anzi è sbagliato mettere una legge sul saldo di bilancio annuale, anche se la legge dice “…tenuto conto del ciclo economico, ci possono essere circostanze straordinarie, purché sia approvata dal Parlamento…”  e via dicendo.    

Forse era meglio un vincolo sul debito, oppure ancora meglio un Fiscal Council, cioè un’agenzia esterna al governo che faccia le pulci ai conti e cane da guardia al governo. Un’agenzia che sostituisca, in pratica, l’Europa in questo, che è un soggetto presente e  intrusivo, che interviene a cose fatte. In pratica interverrebbe in via preventiva e non a consuntivo come fa la UE ora.

Nel Meccanismo Europeo di Stabilità è previsto l’acquisto di titoli in caso di richiesta d’aiuto, su questo la Germania ha avanzato molti dubbi.

In caso di richiesta da parte di un paese membro, questi si può rivolgere al Fondo Salvastati che dispone di risorse teoricamente illimitate e può acquistare titoli a prezzo calmierato. Se detto paese si dovesse finanziare sul mercato sarebbe penalizzato da tassi molto alti, in questo modo la BCE spegnerebbe le spinte speculative sul nascere. Le obiezioni tedesche vertono sul timore che tale aiuto alleggerirebbe la pressione sui paesi poco virtuosi, il che potrebbe invogliare a seguire pratiche scorrette. Ma d’altronde senza questo paracadute salterebbe l’euro.

Cosa pensa riguardo le critiche al Fondo Salvastati che viene alimentato dai paesi membri contraendo nuovi debiti?

In realtà il Fondo gode di un rating molto alto, per cui può approvvigionarsi a tassi molto convenienti sui mercati. In caso di necessità quindi potrebbe fare prestiti agli Stati membri ad interesse molto più basso rispetto a quello che i singoli stati potrebbero spuntare. Gli acquisti di titoli pubblici sono una cosa che deve essere fatta. Se avessimo avuto Draghi un anno prima, al posto di Trichet, con le sue dichiarazioni salvifiche, ci saremmo risparmiati una seconda recessione. Se la BCE avesse esibito subito il suo “Big Bazooka”, con le dichiarazioni di potenziali acquisti illimitati, ci saremmo risparmiati la seconda parte della crisi (estate 2011-estate 2012). Non ci sono altre soluzioni, altrimenti salta tutto, vedo con preoccupazione la decisione della Corte Costituzionale Tedesca di Karlsruhe che ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia Europea per porre limitazioni all’acquisto illimitato. Questa è una potenziale bomba ad orologeria, in caso di accoglimento la Corte Costituzionale Tedesca farebbe forse saltare tutto?

Riguardo alla diatriba e le diverse visioni rispetto alla gestione delle riserve auree con il diverso approccio da parte dei diversi stati, dal Canada che le ha vendute tutte all’Italia che è il terzo possessore mondiale?

Queste riserve auree non sono più nella nostra disponibilità in quanto appannaggio della Banca d’Italia, ma l’eventuale vendita la vedo proprio come ultima ratio. Sinceramente non ho particolari opinioni sulla cosa, ritengo che più che altro le politiche in merito rispecchino le tradizioni storiche dei paesi. Non lo vedo come un elemento centrale. La vendita comunque sarebbe un segno di tale disperazione che non è francamente ipotizzabile, ed è comunque un elemento di stabilità e sicurezza psicologia, cosa che sui mercati ha sempre effetto.

©Futuro Europa®

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