
Cronache dai Palazzi
Un vertice per esercitarsi su “sicurezza europea e a una visione comune per il futuro del Continente”, dal titolo “Una nuova Europa in un mondo nuovo: unità, cooperazione, azione comune”, e in un contesto di questo tipo un’occasione per uno scambio sugli ultimi sviluppi della guerra in Ucraina. Alla sesta edizione del vertice della Comunità politica europea (Cpe), per la prima volta nei Balcani occidentali, hanno partecipato 47 tra Capi di Stato e di governo europei ed extraeuropei, i vertici delle principali istituzioni europee, e anche la premier Giorgia Meloni. Tre tavole rotonde all’interno delle quali affrontare in primo luogo la difesa democratica e il sostegno all’Ucraina, in secondo luogo il tema della competitività economica e la sicurezza strategica, e infine le questioni migratorie.
“Costruire una nuova Europa in un nuovo mondo”, è il macro-obiettivo, specifica la premier Meloni, ma ciò vuol dire “prima ancora di parlare di ciò che dobbiamo fare, partire dalle nostre fondamenta e riflettere su chi siamo. Nessuno di noi è interessato a rafforzare qualunque forma di unione tra Stati europei, se non per difendere ciò che siamo e ciò che vogliamo continuare a essere nei prossimi decenni e nei prossimi secoli, in un mondo che cambia così rapidamente”, ha puntualizzato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo alla prima sessione del vertice della Comunità politica europea a Tirana. “Se a volte l’Europa si dimostra incapace di affrontare le grandi sfide, non è colpa di altri. È una nostra responsabilità. Ed è compito nostro scegliere se rassegnarci al declino oppure combatterlo”, ha aggiunto la premier. Per quanto riguarda la guerra in Ucraina serve “insistere per un cessate il fuoco incondizionato”, per “un accordo di pace serio che dia garanzie di sicurezza a Kiev. Non dobbiamo gettare la spugna”, ha sottolineato Meloni al vertice della Cpe. Ancora: “Si è visto in queste ore rispetto a una certa propaganda chi sia effettivamente disponibile a fare dei passi importanti a favore della pace e chi sia invece chiaramente meno disponibile”. Per ora, comunque, si è raggiunta un’intesa solo per quanto riguarda i prigionieri.
Il vertice della Comunità politica europea (Cpe) è stata inoltre l’occasione per fare il punto sull’attuazione del Protocollo Italia-Albania, per la definizione e l’attuazione di soluzioni da parte dei rispettivi governi a proposito di flussi migratori. Nel 2024, l’interscambio tra i due Stati ha raggiunto i 3,3 miliardi di euro, con esportazioni italiane pari a 1,8 miliardi di euro (+4,6% rispetto al 2023) e importazioni pari a 1,4 miliardi di euro (-9,5%). Attualmente operano in Albania 2.875 imprese italiane. La gestione dei flussi migratori rimane un tema cruciale da affrontare continuamente. La premier è convinta che la “velocità” dei lavori “dimostra il funzionamento” dei rimpatri dei migranti in Albania: “Stiamo andando avanti come promesso”, ha sottolineato Meloni.
Da Coimbra, in Portogallo, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha esortato i 27 a “progredire senza indugi e con efficacia”, alla luce di una maggiore competitività fondamentale per il “rilancio strategico” della Ue, ed infine per superare “ingiustificate ritrosie a procedere sul cammino dell’integrazione”.
Sarebbe “miope” guardare all’Unione come una “costruzione nata ‘sottovuoto’”. Del resto la capacità di adattamento ai cambiamenti che l’Unione ha sempre dimostrato è una caratteristica dell’Europa che denota la sua forza costitutiva: il Vecchio Continente si è sempre adattato ad “un’ambiente politico ed economico in continua evoluzione, con l’obiettivo di preservare uno spazio e un ruolo tra le forze in competizione nella economia globale”.
È così anche nel momento presente in cui la “grave” crisi che l’Europa si trova ad attraversare su vari fronti – militare, economico e quindi anche politico – deve tramutarsi nel “motore” di una nuova rinascita. È stato questo il fulcro dell’intervento del Capo dello Stato a Coimbra, il concetto essenziale attorno al quale Mattarella ha dispiegato il suo intervento alla XVIII edizione del Cotec, il Simposio dall’emblematico e programmatico titolo “Un appello all’azione”. Risulta “infatti urgente, direi prioritario, che l’Europa agisca”, ha ammonito il presidente.
Un appello congiunto, si potrebbe dire, in quanto il presidente Mattarella ha agito di concerto con il già presidente Mario Draghi, anch’egli presente a Coimbra sul medesimo volo di Stato. Gli interventi dei due presidenti hanno viaggiato sulla stessa lunghezza d’onda, nel tentativo di far rinascere l’Europa liberandola dal torpore che la assedia. Il Capo dello Stato ha citato inoltre il mercato unico europeo di Enrico Letta condividendo gli “spunti di grande rilevanza e interesse” sui quali Mario Draghi, come indicato dalla Commissione Ue e dalla presidente Ursula von der Leyen, “sta già contribuendo a orientare le politiche della Commissione”.
L’obiettivo è un’Europa “più competitiva, più resiliente, più presente nello scacchiere internazionale”. La competitività, in particolare, “in cima all’agenda dei governi europei e in quella delle istituzioni comunitarie”, significa “progredire senza indugi e con efficacia” ciò che rappresenta una “condizione indispensabile all’approfondimento ulteriore del progetto d’integrazione continentale, al rilancio strategico dell’Unione Europea e alla preservazione di un’economia prospera per i suoi Stati Membri e per i suoi cittadini”.
Nello specifico, a proposito di competitività, anche alla luce dei dazi, si tratta di “una sfida epocale, tanto più urgente se raffrontata a recenti evoluzioni negli equilibri mondiali. Stare fermi non è più una opzione”, puntualizza il Capo dello Stato.
“Nessun dorma” dunque. La celebre romanza della Turandot del musicista italiano Giacomo Puccini, “potrebbe applicarsi alla nostra Unione”, ha ammonito il Capo dello Stato. Occorre evitare “i rischi dell’immobilismo” per quanto riguarda il mercato interno, e non solo sul fronte economico. Il Vecchio Continente rischia di arretrare in termine di benessere diffuso, di allontanarsi “irreversibilmente” dalla frontiera tecnologica. Potremmo diventare “vulnerabili” sul fronte geopolitico e quindi strategico. L’Europa deve, in definitiva, combattere contro il rischio di non essere capace di far fronte alle attuali perturbazioni dell’ordine internazionale. Sono necessarie misure “efficaci e ambiziose”, a partire da una linea comunitaria “che ponga al centro la sicurezza degli approvvigionamenti” per quanto riguarda le materie prime, in modo da eliminare le “dipendenze strategiche cui siamo esposti”, ad esempio a proposito delle riserve di gas.
Altra questione cruciale una Difesa comune, un’urgenza di cui i Ventisette discutono praticamente nel momento presente e sulla quale gli Stati membri si interrogano da tempo, fin dall’inizio della costituzione dell’Europa unita. “Gli Stati membri ne discutono da oltre settant’anni. Da quando a Parigi, nel maggio del 1952 venne firmato il Trattato che istituiva la Comunità Europea di Difesa. Questa esigenza veniva rilanciata, in forme diverse e meno ambiziose, tra il 1998 e il 2000”, spiega il presidente Mattarella puntualizzando: “Non è difficile immaginare quale sarebbe oggi la condizione dell’Unione, di fronte al mutato contesto geopolitico, se avessimo scelto a suo tempo di compiere quel salto di qualità politico nel processo di integrazione. Oggi siamo in ritardo, in rincorsa rispetto agli eventi e dobbiamo, di conseguenza, avvertirne l’urgenza”.
La Commissione Ue, a sua volta, è “consapevole della posta in gioco” e ha compiuto un “primo fondamentale passo” non ancora sufficiente. In pratica “l’Europa non può rischiare di restare al palo”, rischiando di rendersi vulnerabile sul fronte strategico. La sfida risulta comunque “impegnativa” ma non insormontabile in virtù anche di una indubbia “eccezionalità europea” e della sua “convinta tradizione democratica”. Per il Capo dello Stato, nonostante “la gravità della situazione, abbiamo il dovere di restare ottimisti”.
Nuove e importanti sfide ci attendono e l’Europa non si può far trovare impreparata: intelligenza artificiale generativa, computer quantistici, sperimentazioni per la produzione di energia pulita, biotecnologie, aerospazio. “Ebbene, per ciascuna di esse, la mole degli investimenti e la robustezza dei meccanismi necessari a impiantare e tutelare, anche in Europa, solide industrie nascenti sono tali da esigere cooperazioni su scala continentale”.
Il momento storico in cui viviamo è per l’appunto sfidante ma “abbiamo il dovere di restituire fiducia ai mercati ed ai nostri partner”, puntualizza il Capo dello Stato, “perché soltanto dalla collaborazione e dagli scambi può nascere benessere diffuso, sviluppo sostenibile e in ultima analisi pace e sicurezza”.
Competitività e sicurezza sono in definitiva i binari fondamentali sui quali viaggia oggi l’Europa e l’intero sistema globale mondiale. Il termine sicurezza, nello specifico, non indica esclusivamente l’apparato bellico e militare ma comprende anche la sicurezza economica, la sicurezza energetica e la sicurezza cibernetica, dimensioni tra l’altro strettamente connesse tra di loro. Occorre “lavorare insieme per un’Europa più competitiva, tecnologicamente avanzata e quindi più sicura”, in grado di “ridurre le sue dipendenze strategiche” e soprattutto “senza pregiudicare la tela di fondo di un ordine internazionale fondato sul libero commercio”.
Le fondamenta sulle quali si erge l’Unione europea sono salde e ben radicate, tra cui “un’economia di mercato aperta alla concorrenza e agli scambi internazionali; un sistema di banche centrali indipendente; un quadro giuridico stabile e affidabile; una concezione di Stato di diritto saldamente ancorata a una convinta tradizione democratica; politiche di redistribuzione attive ispirate al principio di solidarietà”. Da qui occorre partire, e ripartire, ogni volta che la Storia presenta nuove sfide da affrontare.
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