Cronache dai Palazzi

L’Europa ha siglato l’accordo sul prossimo budget Ue e sul Next Generation Eu. “Ora possiamo iniziare con l’attuazione e ricostruire le nostre economie”, scrive in un tweet il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. A disposizione un pacchetto di “1.800 miliardi per alimentare la nostra ripresa e costruire un’Ue più resiliente, verde e digitale”, ha affermato inoltre la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Ungheria e Polonia hanno tolto il veto anche grazie all’opera di mediazione della Cancelliera tedesca Angela Merkel. “Abbiamo lavorato molto duramente per rispondere alle preoccupazioni di Ungheria e Polonia e allo stesso tempo per preservare il meccanismo dello stato di diritto”, ha dichiarato la Cancelliera.

Il Consiglio europeo che si è appena concluso ha così approvato il bilancio dell’Unione 2021-2027 direttamente collegato al Recovery Fund. Polonia e Ungheria avevano polemizzato riguardo al legame tra erogazione dei fondi e stato di diritto e, per ottenere il loro consenso, è stato deciso che il meccanismo entri in funzione non fin da subito ma almeno con uno scostamento iniziale di un anno e mezzo, aspettando in pratica le elezioni in Ungheria, pur non mettendo in discussione i principi del piano che comunque verrà messo in pratica in maniera retroattiva da gennaio 2021. Anche per il presidente francese Macron si tratta di uno “storico piano europeo di rilancio”.

Una dichiarazione interpretativa delle regole a proposito dello stato di diritto sarà allegata all’accordo sul pacchetto complessivo, mentre la Commissione Ue stilerà le linee guida per quanto riguarda l’applicazione del regolamento, che avverrà nel pieno rispetto delle singole identità nazionali. La prossima settimana sarà il Parlamento europeo a pronunciarsi sul pacchetto del bilancio e nel contempo i Parlamenti nazionali dovranno procedere con la ratificazione delle nuove risorse che riempiranno i propri budget. Il budget italiano è di circa 209 miliardi, ripartiti in 81,4 miliardi di sussidi e 127,4 miliardi di prestiti, e il premier Conte ha a sua volta assicurato un “confronto costante” con il Parlamento e le parti sociali.

“Il dopo pandemia può essere un ponte verso una società più giusta e inclusiva o verso una società con disparità, divari e squilibri irrisolti, molto dipenderà da quanto e come investiremo in ricerca e innovazione”, ha affermato il capo dello Stato, Sergio Mattarella, in occasione del Premio Nazionale per l’Innovazione. “È l’ora del coraggio del rischio e dell’esplorazione che sono fattori decisivi nella vita di una comunità”, ha sottolineato il presidente della Repubblica ricordando che servono “sacrifici, serietà e unità” nella lotta contro il virus. I singoli nazionalismi, poi, non devono agire da freno decelerando i fondi europei. Nonostante si siano manifestate delle posizioni in disaccordo tra gli Stati membri, occorre riconoscere che, in definitiva, “l’Unione europea è stata capace di un salto di qualità, per qualcuno inatteso ma che trae origine proprio dai suoi valori costitutivi e fondativi. Next Generation e Recovery Fund offrono grandi opportunità che non possiamo disperdere”, ha ammonito il capo dello Stato. In questa prospettiva di rinascita, in cui si cerca di costruire delle fondamenta nuove anche per il futuro dell’Unione europea “non possiamo accettare che riflussi nazionalistici fuori tempo ne rallentino o intralcino il cammino”.

“Non dobbiamo arrenderci ai danni della pandemia sul tessuto sociale”. Ci troviamo di fronte ad “un crocevia inedito”, come ha spiegato Sergio Mattarella: “Costruire una società più giusta e inclusiva o avere una società con disparità e squilibri più forti”.

Le parole del presidente Mattarella sono come sempre precise e puntuali, e riecheggiano come un monito in un contesto politico diviso, in cui maggioranza e opposizione si osteggiano sul reclutamento dei fondi europei, in primo luogo sul Mes, rallentando per l’appunto il cammino verso l’uscita dal tunnel. Il centrodestra ha votato unito contro il Mes, un risultato raggiunto e non scontato. “Ci siamo trovati compatti su una linea che non è sovranista e non è euroscettica: ma abbiamo detto no alla riforma di un trattato che ci rende meno liberi e che mette a rischio i risparmi degli italiani”, spiega Matteo Salvini intervistato dal Corriere. “Il senso del Mes era: ‘Se l’Italia vuole altre risorse, prima deve tassare i risparmi privati’. Sarebbe stata la patrimoniale”, ha ammonito il leader della Lega.

In verità anche la maggioranza è divisa: “Ci vuole una maggiore collegialità nelle decisioni o tutto diventa difficile”, afferma il segretario dem, Nicola Zingaretti. Le divergenze sono evidenti per quanto riguarda il Recovery plan sul quale si è pronunciato in malo modo anche Matteo Renzi intervenendo a Palazzo Madama dove ha raccolto gli applausi di molti, addirittura del Pd. Ha detto Renzi: “La task force non può sostituire il Parlamento: dov’è il sindacato? Ma non è solo un problema di metodo, anche di merito. Come si fa a dare 9 miliardi alla Sanità?”

In Aula Renzi evoca la crisi tirando in ballo le poltrone: “Presidente, se ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono tre, due da ministro e una da sottosegretario”, dice il leader di Italia Viva rivolgendosi al premier. Mentre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel tentativo di attutire i colpi provenienti da destra e da sinistra, e non sottovalutando nel contempo gli scossoni all’interno della sua maggioranza, ribadisce che “il governo ha bisogno anche della massima coesione delle forze di maggioranza per continuare a battersi in Ue”. Conte ha inoltre sottolineato che la cosiddetta “struttura di missione” del Recovery, tanto discussa, “avrà compiti di monitoraggio ma non sottrarrà potere e competenze ai ministeri”. In sostanza il premier assicura che “la politica non verrà commissariata” però “dobbiamo assicurare tempi certi e velocità”. È necessaria “una struttura che assicuri il monitoraggio dei cantieri e il rispetto dei tempi”. Al limite “dovrebbe solo essere prevista una clausola di salvaguardia nel caso in cui le amministrazioni centrali non possano intervenire per esercitare i poteri sostitutivi”. Tutto ciò per svincolare il governo dalle accuse di accentramento dei poteri a Palazzo Chigi. “Abbiamo sempre perso risorse – ha affermato il premier –, questa volta non deve succedere. Basta poco per disfare il lavoro pazientemente tessuto”.

Si discute infatti della governance dei 209 miliardi del Recovery Fund e la questione, forse la più spinosa, è riuscire a spendere una somma di denaro così consistente, strutturando bandi di gara, reclutando progetti, certificazioni e rendiconti. Il rischio più temuto è quello di non riuscire a spendere e quindi non riuscire ad investire i fondi europei messi a disposizione, perdendo così un’occasione importante per incrementare la crescita del nostro Paese e nel contempo modernizzarlo. Per ora il prospetto delle ripartizioni del piano di ripresa e resilienza, ossia il cosiddetto Next Generation Italia, prevede oltre 48 miliardi di euro per il piano di digitalizzazione e innovazione (tra cui circa 3 miliardi per la cultura e il turismo); oltre 74 miliardi per la rivoluzione verde e la transizione ecologica (efficienza energetica e riqualificazione degli edifici, tutela e valorizzazione del territorio); oltre 27 miliardi per una mobilità sostenibile; circa 19 miliardi al settore dell’istruzione e della ricerca; circa 17 miliardi per la parità di genere, la coesione sociale e territoriale e, infine, 9 miliardi alla Salute (assistenza di prossimità e telemedicina, innovazione e ricerca, digitalizzazione dell’assistenza sanitaria).

Per quanto riguarda la situazione pandemica, l’allentamento delle misure a proposito degli spostamenti tra Comuni durante le festività natalizie (in particolare il 25 e il 26 dicembre e il 1 gennaio) non sembra piacere né al ministro della Salute Roberto Speranza né al ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia. “Voglio essere chiaro: io avevo proposto di fare zona rossa tutta l’Italia in quei tre giorni di festa. Non cambio idea. La penso come la Merkel, che sembra prepararsi a nuove restrizioni”, ha ammonito il ministro Speranza, aggiungendo: “Il rischio di una terza ondata dopo il Natale preoccupa tutti i Paesi europei. Per me, il limite agli spostamenti tra i comuni è una misura che rischia di essere troppo blanda, certo non troppo rigida”. Per il ministro della Salute il periodo delle feste natalizie rappresentano “un periodo pericoloso, al chiuso ci sono molti contatti potenziali”, quindi “bisognerebbe stringere ancora, invece che allentare”. I ministri cosiddetti rigoristi vogliono mettere in guardia avvertendo che ci potrebbe essere una terza ondata a gennaio, che potrebbe rivelarsi pesante se durante il periodo natalizio non si rispetteranno le regole. Il ministro Boccia ha precisato che nel resto d’Europa stanno per entrare in vigore limitazioni “molto più rigide” di quelle italiane. Boccia cita il sindaco di Bari, che ha deciso di applicare restrizioni ulteriori, come caso “emblematico anche per chi sollecita allentamenti non giustificabili dai dati dell’epidemia”.

Il governo per ora resta in piedi ma la crisi sanitaria non è affatto risolta. Tra le varie questioni fanno quindi discutere i famigerati 9 miliardi dedicati alla Sanità, a fronte di un sistema sanitario da risanare a partire dall’assistenza domiciliare e dalla medicina territoriale per la cui ristrutturazione il ministero della Salute ha calcolato una spesa necessaria di circa 25 miliardi – anche per essere pronti a fronteggiare una eventuale prossima emergenza – ma ne sono stati stanziati meno della metà.

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