Roma Capitale, disastro Municipalizzate

Lo scenario delle municipalizzate romane, ossia le aziende del Comune, è disastroso. Ci sono ventisei società, a cui si aggiungono una miriade di controllate: oltre 50 quelle di Acea (energia e acqua), Ama (rifiuti) e Atac (trasporti). I tre gruppi, i tre “big” tra le municipalizzate, contano 31.338 dipendenti, ossia l’85% del personale di tutte le partecipate comunali (37mila dipendenti circa). In sostanza si tratta di circa 10mila dipendenti in più rispetto a quelli totali degli stabilimenti Fiat in Italia. Dal conto, è bene sottolinearlo, sono esclusi i 25mila dipendenti dell’amministrazione comunale.

L’azienda dei trasporti romana, l’ATAC, è l’emblema per eccellenza della dissipazione di risorse pubbliche. Negli ultimi 10 anni le perdite cumulate sono state di ben 1,6 miliardi. Con i suoi 12 mila dipendenti, i cui stipendi costano ogni anno oltre mezzo miliardo di euro, è difficile rimettere in carreggiata quel mostro di inefficienza che è da sempre l’Atac. Solo il costo dei suoi dipendenti vale quasi due volte l’incasso dei biglietti, dato che Roma è la città italiana in cui vi è il più alto tasso di evasione tariffaria. Stando così le cose, l’azienda non può che andare in perdita, con tutto che il Campidoglio versa ogni anno alle casse dell’Atac quasi 500 milioni e, per l’intero servizio dei trasporti, il Comune di Roma sborsa 700 milioni. Sono soldi che servono più che altro a garantire un servizio di qualità scadente e per giunta cronicamente in perdita.

Altra centrale di sprechi romana è l’AMA, l’azienda dei rifiuti: uno dei maggiori carrozzoni pubblici che, con i suoi 8 mila dipendenti, costa alle casse dello Stato oltre 400 milioni di euro. Si tratta di cifre impressionanti che la dicono lunga sull’inefficienza delle aziende pubbliche romane. A pagare il conto sono ovviamente i romani, che nel 2013 hanno versato alle casse del comune 2,9 miliardi tra Imu, addizionale Irpef, tassa sui rifiuti e imposte varie. Di norma le tasse servono a pagare i servizi, ma nel caso di Roma sono destinate più che altro a pagare gli stipendi all’esercito dei dipendenti dell’ingordo apparato comunale.

L’Ama, tra l’altro, ha debiti con le banche di 677 milioni ed è stata salvata già una volta dal Comune, il quale ha dovuto ricapitalizzare la società che aveva patrimoniio negativo. La stessa cosa è avvenuta anche per l’Atac e ha comportato costi devastanti: il salvataggio di Ama e Atac insieme è costato oltre 1,4 miliardi di euro in termini di ricapitalizzazioni. Come spiega Repubblica in un Un drammatico viaggio sull’impero delle municipalizzate, “le imprese partecipate italiane erano 6.470 nel 2009, 7.340 nel 2011 e alle ultime rilevazioni di Confindustria risultano 7.700. Nel 2011 viaggiavano con una perdita di circa 800 milioni di euro”.

Ricordiamo che precedentemente, nel 2008, lo Stato si era accollato, mettendolo praticamente in una sorta di bad company – o di bad municipality (possiamo chiamarla anche così) – tutto lo stock del debito maturato fino a quella data e, quindi, ripulendo il bilancio di quell’enorme zavorra che condizionava l’avvio della gestione Alemanno.

Gli stipendi dei dirigenti delle municipalizzate romane, tra l’altro, sono cifre di gran lunga superiori a quelle che percepisce il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e 7/8 volte più alti dei collaboratori di quest’ultimo. È quanto emerge da uno studio della Uil Roma e Lazio condotto in collaborazione con l’Eures, chiamato “Uil, operazione trasparenza”. Ammonta a più di 37 milioni di euro il totale delle retribuzioni dei dirigenti delle municipalizzate, con un compenso medio di circa 125mila euro. Il più pagato di tutti è l’amministratore delegato del gruppo Acea, Paolo Gallo, che si porta a casa ben 790mila euro lordi annui, addirittura 36mila in più rispetto al 2013. Sempre nella stessa azienda, non se la passano male nemmeno il presidente Giancarlo Cremonesi e il presidente del collegio dei sindaci, Enrico Laghi: 408mila euro per il primo, 286mila per il secondo. Mentre è pari a 2 milioni di euro il costo dei 6 direttori dell’azienda.

Ha dichiarato Linda Lanzillotta, senatrice di Scelta Civica, nella seduta antimeridiana del Senato il 20 febbraio di quest’anno: “La situazione di Roma, moltiplicata almeno per dieci, rappresenta un po’ il punto esponenziale di una situazione di crisi che riguarda l’intero sistema dell’amministrazione municipale. Sulla crisi della finanza locale (che è strutturale e sulla quale penso bisognerà fare una riflessione in quanto questa potrà essere superata solo con un ripensamento dell’assetto organizzativo degli enti locali), sulla situazione di crisi della città di Roma si innestano gli effetti di una mala gestio che ha caratterizzato il Comune negli ultimi anni e che ha riguardato soprattutto il sistema delle cosiddette municipalizzate, che sono la fonte principale del dissesto finanziario del Comune. Dobbiamo infatti chiamare le cose con il loro nome: il Comune di Roma è virtualmente un Comune in dissesto, per la semplice ragione che non ha pareggio di bilancio”.

Sulla situazione critica della Capitale si è espresso lo stesso consigliere comunale Riccardo Magi (eletto nella Lista civica Marino e quindi componente di maggioranza in Campidoglio): “Come tutti i romani sanno, non si tratta solo di mancanza di risorse ma di come le risorse di tutti vengono utilizzate. I servizi pubblici locali non sono degni di una capitale europea, non solo e non tanto a causa della scarsità delle risorse pubbliche ma perchè non si intende affrontare il nodo dei modelli di erogazione dei servizi eliminando al contempo il peso delle enormi sacche di inefficienza e delle clientele che vivono e si ingrassano nel sistema dell’amministrazione e delle aziende comunali. In buona parte i romani hanno già pagato gli autobus che non ci sono, gli asili che non ci sono, le metropolitane che non ci sono, i servizi sociali che non ci sono. Negli ultimi anni Roma non ha intrapreso un serio e credibile percorso di risanamento e sono stati necessari numerosi interventi legislativi nazionali per consentire alla Capitale di evitare almeno formalmente il dissesto finanziario”.

Il Comune di Roma gestisce direttamente anche 44 farmacie comunali. Almeno una volta al mese c’è una protesta dei dipendenti che hanno paura di essere privatizzati. Eppure, anche in questo caso il servizio è perennemente in rosso. Hanno accumulato, infatti, più di 10 milioni di debiti.

Alla luce di tutto ciò, Marino e Roma sono giunti a un bivio: morire con i debiti delle municipalizzate oppure aprire ai privati. A questo punto, è urgente intanto razionalizzare funzioni e spese ma soprattutto i servizi che le Municipalizzate di Roma Capitale dovrebbero fornire ai cittadini.

©Futuro Europa®

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1 Commento per "Roma Capitale, disastro Municipalizzate"

  1. Rosaria Riccioli | 28 Agosto 2014 a 14:07:26 | Rispondi

    Per non parlare della Fiera di Roma
    Biglietti venduti solo cash !!!!non accettano carte di credito ! All’interno un disastro bagni da terzo mondo, scale mobili rotte!

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